Cappellano a Borgo San Nicola. Anche Fra Angelo De Padova al corso di formazione nazionale

Cappellano a Borgo San Nicola. Anche Fra Angelo De Padova al corso di formazione nazionale

articolo ripreso da portalecce

Dal 5 al 7 giugno scorsi, si è svolto a Roma, presso la Scuola superiore dell’esecuzione penale “Piersanti Mattarella” un corso di formazione per i nuovi cappellani delle carceri d’Italia.

 

 

 

Presenti quindici sacerdoti e religiosi, dell’arcidiocesi di Lecce, vi ha partecipato Fra Angelo De Padova ofm, dallo scorso ottobre, cappellano presso la Casa circondariale Borgo San Nicola in Lecce.

Il corso, promosso dall’ispettore generale dei cappellani, don Raffaele Grimaldi, aveva l’obiettivo di offrire ai nuovi, la possibilità di avere un’idea più generale di cosa comporti essere parte di questa grande famiglia che raggruppa circa 200 cappellani e come poter servire meglio quanti sono reclusi.

Il programma ha visto presente don Marco Pagnello, direttore della Caritas Italiana che ha sviluppato il tema: “Caritas e carcere: camminare insieme per costruire la speranza”, sottolineando fortemente come il cappellano è colui cui è affidata non solo la cura spirituale dei fratelli e delle sorelle ospiti nelle case di reclusione, ma anche colui che come una mamma, guarda anche alle necessità materiali. 

Il secondo momento è stato animato dal dirigente Antimo Cicala: “L’approccio e l’importante contributo della comunità esterna e religiosa alle attività dal carcere: il rapporto con gli operatori della sicurezza”. Ha sottolienato come il primo approccio con il detenuto è: “cosa hai bisogno”, la prima necessità materiale è il ponte verso la religiosità; il carcere può diventare una opportunità per conoscere i veri valori ed incontrare Dio. Il cappellano lavora perché questi luoghi diventino una bella opportunità di conversione.

Ci si è confrontati anche con Stefano Anastasia, garante regionale del Lazio e Stefano Martone, dirigente penitenziario di Poggioreale, che hanno spiegato come il cappellano è visto dall’amministrazione penitenziaria, sottolineando come la presenza della Chiesa nelle carceri sia segno di speranza perché restituisce dignità ai detenuti, è vicina attraverso l’ascolto. I cappellani devono essere persone credibili ed appassionate di ciò che fanno.

Gianfranco De Gesu, direttore generale dei Detenuti e trattamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e Massimo Parisi, direttore generale del personale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, hanno presentato ai cappellani il mondo della polizia penitenziaria.

La riflessione teologico-morale, tenuta da don Antono Mastantuomo, ha invitato i cappellani ad essere testimoni di misericordia, ad essere coloro che scommettono ancora sui detenuti, che guardano al loro presente e non al loro errore passato. Il detenuto resta sempre una persona ed il cappellano è colui che lo aiuta a ridisegnarlo nella dignità persa; è colui che porta la comunità cristiana dentro il carcere.

Le messe, presiedute da mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei e da mons. Ambarus Benoni, vescovo ausiliare di Roma per la pastorale carceraria e sanitaria, sono state svolte presso la cappella del carcere minorile “Casal del marmo” con la presenza di alcuni ospiti.

Nell’ultima giornata, presso il Ministero della giustizia, si è svolto l’incontro con il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo e, nella Sala “Livatino”, con Carlo Nordio, Ministro della giustizia: “La vostra missione è fondamentale – ha detto Nordio -, in quell’opera di rieducazione che svolgete e che può aiutare il detenuto a reinserirsi nella società in modo dignitoso”. Con la Santa Messa presso l’Ispettorato generale si è concluso il corso di formazione.

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