Il gioioso annuncio dell’Amore di Dio

Il gioioso annuncio dell’Amore di Dio

Don Carlo Santoro Presenta la “sua” Novena di Natale

La Novena da lei curata per il Natale, in piena sintonia con l’Anno della Fede in corso, pone l’accento sul farci stru­mento di annuncio dell’amore di Dio. Quale secondo lei la via privile­giata per questo annuncio?

È fondamentale per una persona sentirsi amata, tante lacerazioni in­teriori oggi nascono per mancanza di amore, l’uomo è fatto per essere in relazione. Dio nel corso della Sto­ria della Salvezza ha cercato, con la sua Parola, di farci arrivare questa dichiarazione d’amore, fino a farcela vedere in Gesù, Parola fatta carne. Chi l’accoglie sperimenta una riu­nificazione interiore che immediata­mente diventa contagiosa, ci si sente amati e perciò si comincia ad amare. Avviene così che “evangelizzati” da questo annuncio di salvezza e di gioia si diventa “evangelizzanti”, cioè ca­paci di rivestire della novità e della freschezza del Vangelo tutta la vita, il lavoro, la famiglia, l’amicizia e tutto questo non passa inosservato.

Natale, tempo di speranza. In un momento di crisi drammatica come quello che stiamo vivendo, la parola speranza è ancora attuale? Possiamo ancora sperare e in cosa? 

La speranza non è un’emozione primaria come la gioia o il dolore, ma ha bisogno di una composizione di esperienze per poter nascere. Dopo aver accolto Dio che mi ha conquistato al suo amo­re ho visto che in me qualcosa è cambiato, il mio deserto è torna­to a germogliare, ciò che sembrava sterile è diventato fecondo e io, che mi credevo morto, mi sono riscoper­to vivo e capace di dare la vita. Da questa costatazione nasce la virtù del­la Speranza che è certezza! Se questo è accaduto in me può e deve portare gli stessi frutti anche attorno a me, nella famiglia, nella società, nel mondo.

È possibile che nasca una nuova eco­nomia perché il Seme della Parola è sceso anche in persone che vivono per questo. Può fiorire un nuovo modo di essere società perché già tanti hanno cominciato ad esistere “per gli altri” e non per servirsi degli altri. Può sboc­ciare qualcosa di nuovo in ogni am­bito della vita dell’uomo perché Dio, entrando da Signore nell’intimo dei singoli e dei gruppi, tira fuori il me­glio, e il meglio deve ancora venire. Questo possiamo sperare! Dalla fede nell’amore nasce la speranza, come dice l’autore della Lettera agli Ebrei: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (11,1).

Essere comunità per dare Dio al mondo. È l’invito che più volte risuona nella sua Novena. C’è un ricordo significativo nella sua esperienza di parroco? 

Ci sono tanti piccoli episodi che mi hanno convinto che una comunità vitalizzata dal Vangelo è una marcia in più nell’annuncio di Dio al mondo. Da un po’ di anni, con la comunità, ogni lunedì leggiamo, commentiamo e preghiamo insieme sui testi biblici della domenica successiva. Termina­to l’incontro della Parola comincia la vita, ci sforziamo di mettere in pratica quello che abbiamo impara­to e, quando mi arrivano in tempo i frutti che il “seme della Parola” ha prodotto nella vita di qualcuno, rac­conto qualche esperienza nell’omelia domenicale.

Mi sembra che, così fa­cendo, anche la predicazione non sia soltanto “mia”: mi faccio amplifica­tore dello studio, della preghiera ma anche della vita della comunità rac­contando gli effetti che quella Parola ha già prodotto in qualcuno. Ricordo che una volta, terminatala Messa, sono stato raggiunto in Sacrestia da una famiglia che mi ha detto: “Pa­dre, veniamo da Torino, siamo qui di passaggio per turismo, siamo capita­ti in questa parrocchia per caso ma siamo proprio contenti, si sente un clima diverso qui, le parole che lei diceva sembravano cadere non nel vuoto ma in un grembo accogliente che le amplificava. Si sentiva parlare Gesù”.

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