‘celebrerà la prima Settimana Santa in paradiso’

‘celebrerà la prima Settimana Santa in paradiso’

articolo ripreso da portalecce

“Celebrerà la sua prima Settimana Santa in paradiso”. Così l’arcivescovo Michele Seccia uscendo dalla casa di don Antonio Pellegrino dov’è accorso stamattina non appena don Emanuel Riezzo, parroco di San Michele Arcangelo in Trepuzzi gli ha comunicato del ritorno al Padre dell’anziano sacerdote.

 

In realtà, da quando, da qualche giorno, don Antonio, aveva dato i primi “segnali di resa” a Sorella Morte, l’arcivescovo si era recato ogni giorno a Trepuzzi e nella preghiera lo ha accompagnato con la preghiera fino alle porte del cielo.

Ma chi era don Antonio Pellegrino? Don Emanuel Riezzo, l’attuale parroco di San Michele Arcangelo e suo secondo successore alla guida della parrocchia che don Antonio aveva fondato e fatto crescere, aveva coniato un simpatico appellativo: era “il nonno della comunità di Sant’Angelo”.

Era nato a Trepuzzi il 16 luglio 1927, festa della Madonna del Carmine (il suo secondo nome era, infatti, Carmelo), quasi un secolo fa, da Oronzo e Vincenza Caretto e, ancora fanciullo era entrato nel seminario vescovile di Lecce dove ha compiuto gli studi ginnasiali prima di trasferirsi nel seminario regionale di Molfetta per il liceo e gli studi teologici.

Ha ricevuto la prima tonsura il 7 settembre 1947, l’ostiariato e il lettorato il 20 dicembre 1947, l’esorcistato e l’accolitato l’11 luglio 1948, il suddiaconato il 10 luglio 1949 e il diaconato l’8 aprile 1950.

Don Antonio viene ordinato sacerdote nella chiesa del Monastero delle Benedettine di Lecce il 6 agosto 1950 dall’arcivescovo di Brindisi, mons. Nicola De Filippis in quanto pochi giorni prima, il 2 agosto, era morto il vescovo di Lecce, Alberto Costa.

“La vocazione religiosa del piccolo è già predestinata – scriveva Simone Pezzuto su Portalecce in occasione dei settant’anni di sacerdozio nel 2020 (LEGGI): la madre, fin dalla giovane età, nutriva un forte desiderio di farsi religiosa nella Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori. Con l’accompagnamento spirituale del fondatore, il canonico Filippo Smaldone, ora elevato all’onore degli altari, scoprì che il progetto di Dio per lei non era la vita conventuale ma quella matrimoniale. Lo Smaldone però si rivolse a lei dicendo ‘Non tu, ma il frutto del tuo matrimonio offrirai al Signore’.  I progetti del Signore non sempre seguono le aspettative umane, e nei primi mesi del 1929 egli chiamerà a sé la giovane mamma di don Antonio. Egli in una intervista biografica fatta dal diacono Antonio Tamiano, per anni suo collaboratore a San Michele Arcangelo, disse in proposito: ‘Avevo solo 21 mesi e la mia mamma 25 anni quando il Signore la portò al cielo. Ne ho sofferto l’assenza terrena nello spasimo del cuore, ma in contraccambio ho avuto la gioia e le grazie di sentire la sua forza sempre presente ed operante nella mia vita sacerdotale”.

 “Gli anni del seminario, sia in quello di Lecce che in quello di Molfetta – proseguiva Pezzuto – sono di particolare edificazione umana e sacerdotale per don Antonio: dei compagni e degli educatori, egli tuttora conserva nella sua mente fisionomia, voce, ammonimenti, consigli, incoraggiamenti, aiuti, esemplarità e dottrina, in particolar modo in lui resta vivo l’esempio ed il ricordo del suo rettore, don Corrado Ursi, che diventerà successivamente vescovo e poi arcivescovo di Napoli”.

Del suo ministero sacerdotale, i registri di Curia non dicono granché di una figura sacerdotale generosa, povera, santa… Si limitano ad elencare gli incarichi. La penna – con la calligrafia inconfondibile di don Oronzo De Simone, per molti anni Cancelliere di Curia – si ferma al 19 settembre 1963 quando don Antonio diviene primo parroco di San Michele Arcangelo. Qui vi rimane, prima di passare il testimone a don Errico Chirizzi, fino al 26 agosto 2003. Una vita praticamente.

Prima ancora era stato viceparroco alla matrice di Trepuzzi, rettore e vicario economo della rettoria di San Michele Arcangelo. Poche altre annotazioni fino al 2003 quando l’arcivescovo Cosmo F. Ruppi lo nominò canonico onorario del Capitolo cattedrale, carica che ha mantenuto fino ad oggi, giorno della sua morte.

 

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