L’omelia del 2 dicembre 2017. ‘La Chiesa di Lecce sia un cenacolo con le porte spalancate’

L’omelia del 2 dicembre 2017. ‘La Chiesa di Lecce sia un cenacolo con le porte spalancate’

articolo ripreso da portalecce

In questo giorno di memoria nel quale la Chiesa di Lecce ricorda l’anniversario dell’inizio del ministero episcopale dell’arcivescovo Michele Seccia, Portalecce ripropone l’omelia che il nuovo pastore pronunciò in cattedrale quel 2 dicembre 2017.

 

 

 

Carissimi tutti nel Signore Gesù, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

Eccomi a voi, fratello in cristo e padre nella fede, mandato dal Santo Padre Francesco come pastore e vescovo di questa nobile e antica Chiesa particolare, ricca di santi e di testimoni del vangelo.

A Papa Francesco rivolgo il primo pensiero colmo di gratitudine per la fiducia riposta nella mia persona e vi invito a pregare affinché il ministero che mi è stato affidato sia esercitato nella fedeltà a Dio e a voi, all’uomo e alle singole persone.

Un fraterno saluto a lei, eminenza reverendissima, carissimo don Salvatore De Giorgi, già parroco di Lecce e chiamato all’episcopato da oltre quarant’anni, oggi testimone di fedeltà al Santo Padre per il pluriennale servizio episcopale in tante Chiese italiane. Grazie di essere presente quale segno della ricchezza della Chiesa di Lecce e sua della fedeltà alla Chiesa universale.

Un saluto a voi carissimi confratelli, Padre Cristoforo e don Gianni, che mi onorate per la vostra presenza non solo per manifestare l’amicizia, ma la collegialità episcopale: è bello trovarsi insieme perché ogni qualvolta ci ritroviamo insieme noi celebriamo l’unica fede, l’unica responsabilità, l’unica comunione che ci è stata affidata per grazia di Dio, nostro malgrado, mentre il Signore si è degnato di guardare alla nostra miseria, alla nostra identità, alla nostra storia. Noi siamo qui solo per servire, don Gianni nel servizio alla diletta Chiesa di San Severo che anch’io ho servito, e tu Cristoforo, con la bella e ricca esperienza in Albania proprio nel momento in cui la Chiesa albanese si riappropriava della sua storia e riprendeva la sua vita fede dopo tanti martiri. Ho condiviso con voi il mio primo pellegrinaggio a Sant’Antonio nel quale è stato bello vedere tanti giovani che potevano manifestare liberamente la propria fede.

Benedico e ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di scoprire una dimensione nuova della mia vita grazie all’esplicita risposta datami nel 1994 dal mio arcivescovo mons. Carmelo Cassati, quando gli chiesi cosa pensasse   in merito all’invio dei primi sacerdoti fidei donum in Brasile: “Non mi dispiacerebbe che il vicario generale faccia un’esperienza missionaria!”. Senza esitare il 4 luglio 1994 partii con don Rino Caporusso e rientrai in diocesi il 5 ottobre.  Dopo 17 anni di ministero sacerdotale, che mi aveva già appagato di gioia e soddisfazioni pastorali, mi sentivo veramente arricchito da un’esperienza di fede e di tensione missionaria che avevano lasciato un segno indelebile nella visione del ministero presbiterale. A distanza di alcuni anni tutto mi divenne più chiaro nel disegno della Provvidenza. Eletto vescovo di San Severo scoprii che l’esperienza fidei donum era lì iniziata da poco in Benin dal mio predecessore (mons. Cesare Bonicelli, trasferito a Parma) inviando don Amedeo Cristino. Dopo pochi mesi dall’inizio del ministero episcopale, nel marzo 1998, sono andato per la prima volta a Wansokou (diocesi di Natitingou) e vi sono ritornato altre sei volte. In ogni viaggio ho sempre portato con me due sacerdoti ed uno o due laici: la missione è un’esperienza che arricchisce umanamente, spiritualmente e pastoralmente.

E il sentirmi parlare ripetutamente della missione non vi procuri fastidio poiché è in essa che si scopre l’identità della Chiesa: annunciare Cristo! E non solo pregando per i missionari, ma rendendoci missionari! E sapendo che in questa celebrazione ci sono tanti seminaristi ed aspiranti al sacerdozio, vi dico che se nel vostro cuore desiderate fare un’esperienza missionaria, non tiratevi mai indietro, non abbiate paura di uscire dal guscio delle vostre belle parrocchie, non seguite solo e semplicemente l’aspirazione di diventare presbiteri alla ricerca di una comunità che vi accolga.

È importante conoscere realtà nelle quali per celebrare una messa è necessario percorrere addirittura cento chilometri, incontrando persone che ne hanno fatto altrettanti per partecipare all’Eucaristia e per condividere la gioia dell’incontro con Cristo, Salvatore dell’Uomo: ciò rivela la vera identità e dona gioia e pienezza al nostro ministero sacerdotale.

Cari fratelli e sorelle, siamo consapevoli che quanto è scritto nel vangelo non è una semplice storia avvenuta venti secoli fa? Quello era il tempo della pienezza, oggi è il tempo della fame e della sete di Dio che ha bisogno di annunciatori della Parola.

Un fraterno saluto a voi sacerdoti diocesani e di vita consacrata di questa amata Chiesa di Lecce: da questa celebrazione costituite il mio presbiterio per condividere il ministero pastorale, la responsabilità di annunciare la Parola e di celebrare il mistero eucaristico per l’edificazione del Popolo santo di Dio.

Grazie di cuore a voi presbiteri venuti a Lecce da altre diocesi, dalla mia diocesi di origine, da San Severo e da TeramoAtri per condividere un momento importante per la mia vita episcopale mentre assumo la responsabilità di questa porzione eletta della Chiesa.

A voi tutti onorevoli autorità, a voi fratelli che avete l’onore e l’onere di guidare questa grande comunità con l’obiettivo di conseguire il bene comune nel rispetto della dignità di ogni cittadino e di ogni persona, particolarmente dei più deboli, gli indifesi, i poveri, i migranti alla ricerca di una vita migliore lontana dalle ombre della guerra, della fame, della persecuzione e di ogni forma di discriminazione, purtroppo, ancora presenti nella nostra società.

A voi fratelli di altre confessioni religiose, della Chiesa orientale, porgo il mio saluto fraterno ed affettuoso, segno della mia apertura al dialogo e alla collaborazione affinché si realizzi la preghiera dell’unico Cristo nostro Salvatore perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,21).

A voi tutti, fratelli e sorelle di questa amata Chiesa di Lecce che questa sera è diventata la mia famiglia, il popolo al quale il Pastore dei Pastori, Cristo Gesù, ha voluto donare un nuovo pastore. Voi tutti pregate per me perché diventi sempre più, giorno dopo giorno, degno di vivere questo compito e lo eserciti fedelmente all’impegno preso sin dall’inizio del mio ministero episcopale e che voi stessi avete ricordato, collaboratore della vostra gioia.

Gioia di credere in Dio Padre Onnipotente. 

Gioia di aver ottenuto, senza merito alcuno, la redenzione in Cristo Gesù.

Gioia per il dono inestimabile dello Spirito Santo, come ci ricorda l’Apostolo nella Lettera ai Galati.

Una gioia che nasce dalla fede, si condivide nell’amore-carità, si consolida nella speranza di perseguire insieme il fine fondamentale dell’esistenza mettendoci tutti al servizio gli uni degli altri, qualunque sia il ruolo, la funzione, il compito e la vocazione che contraddistingue la nostra vita ed il nostro servizio.

Oggi inizia l’Anno Liturgico, giorno a me tanto caro perché scelto per la mia ordinazione presbiterale. Il 26 novembre ho celebrato i miei quaranta anni di sacerdozio, ma liturgicamente oggi, è il quarantesimo anniversario della mia prima messa. Il tempo dell’Avvento dà un tono e un significato particolare a questa celebrazione che segna la ragione più bella e significativa del ministero come di un cammino da percorrere insieme. Un cammino responsabile per il bene comune di questa Chiesa particolare affidatami dal Santo Padre e di questa santa città.

Il tempo dell’Avvento è un tempo di attesa, di preparazione, di speranza, di gioia nell’assumere la guida pastorale e poter essere ancora collaboratore della vostra gioia ho bisogno di essere sostenuto dalle vostre preghiere.

Ho avvertito la spontaneità della vostra accoglienza sin dal primo momento e mi sono sentito in famiglia perché la nostra unica e grande famiglia è la Chiesa di Cristo che si raduna per ascoltare la voce di Dio e celebrare l’Eucaristia. Abbiamo appena ascoltato una Parola molto bella che desidero ripetere e con la quale concludere questo mio breve intervento. Il Signore ci ha detto “vegliate”, “fate attenzione”, “siate pronti” (cfr Mc 13,33-37) e l’Apostolo ci ha esortato a prepararci all’incontro, ad andare incontro al Signore (1Cor 1,3-9) ma il Profeta ci ha ribadito di fare nostra questa preghiera: Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani  (Is 64,7).

E io sono parte di quest’opera e devo lasciarmi ancora modellare da Te, Signore!

All’inizio del mio ministero pastorale posso solo chiedere al Signore di rendermi capace di partecipare alla realizzazione di questo fine ultimo della vita.

E a ciascuno di voi, carissimi fratelli e sorelle, dico di pregare per me ma ricordate che anche voi siete chiamati a rendere sempre più bella la Chiesa di Lecce perché questa è la vocazione radicata nel vostro battesimo e nel sacerdozio comune dei fedeli.

Ci guidino su questa strada Sant’Oronzo e, particolarmente, Maria che a me piace invocare come Madre del cenacolo non solo per il dono dello Spirito ma perché in esso si realizzano il perdono, la misericordia e la convocazione intorno alla Madre. Non pensiamo al cenacolo solo come al luogo della Pentecoste, ma anche come il luogo dalle porte chiuse nel quale gli Apostoli fuggiaschi e impauriti sono stati richiamati dalla Madre. È nel cenacolo che si compirà la loro definitiva conversione e la vittoria sulla paura di annunciare e testimoniare.

Lo Spirito Santo, garante Maria Santissima, faccia di questa Chiesa di Lecce un cenacolo con le porte spalancate sul mondo. Amen

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