La cena di Emmaus di Francesca Mele sulla copertina della nuova Lettera di mons. Seccia

La cena di Emmaus di Francesca Mele sulla copertina della nuova Lettera di mons. Seccia

articolo ripreso da portalecce

Com’è noto lo scorso 6 novembre, nell’anniversario della Dedicazione della cattedrale di Lecce, l’arcivescovo Michele Seccia ha consegnato ai suoi sacerdoti per la comunità cristiana la sua seconda lettera pastorale dal titolo “Chi spera in Dio non resta deluso. La forza della speranza”.

 

 

Centro della riflessione bibblica del documento è il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus, per questo come immagine di copertina l’arcivescovo ha scelto “Cena di Emmaus” dell’artista Francesca Mele.

«È stata una piacevole sorpresa – rivela l’artista – scoprire che sia stata scelta una mia opera come immagine di copertina per la sua seconda Lettera pastorale alla Chiesa di Lecce”.

Una scelta, così come spiegato da Mauro Carlino nel suo articolo, motivata dalla certezza che «La Parola del Signore Gesù, ricolma di Spirito di vita, conduce i discepoli a interrompere il cammino di allontanamento e a sostare con quel divino viandante, il quale, entrando in casa, si siede a mensa e “spezza il pane”, celebrando così la festa del ritorno dei discepoli e unendosi intimamente a loro, nella donazione di sé.»

L’opera, che è una delle tre tele realizzate nel 2010 per la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate in Carmiano collocate sull’altare maggiore, è ispirata infatti ai versetti del vangelo di Luca: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono  loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì alla loro vista».

«In questa tela  – spiega Francesca Mele – Gesù spezza il pane come nell’ultima cena ma, questa volta scompare. Ogni parte del dipinto è costruito secondo proporzioni matematiche, per creare quell’ordine che, senza interferenze, tutto riporta agli occhi di Gesù, al suo sguardo che ci segue ovunque. Nessun disordine può corrispondere alla sua icona e al logos – perché logos è il suo nome, e cioè proporzione e rapporto, perfezione del dire, comunicazione inequivocabile. Soprattutto, il sogos detesta ogni ornamento, ogni divagare e ogni distrazione. Sulla tavola pochi elementi. Solo la prospettiva che si apre a noi e quasi ci invita a sedere a quella mensa».

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