Intervista con l’Arcivescovo D’Ambrosio

Intervista con l’Arcivescovo D’Ambrosio

Oronzo, Giusto e Fortunato… Leccesi coraggiosi, veri modelli di umanità

 I temi della Festa, i drammi dei giovani, gli appuntamenti del nuovo Anno Pastorale, il Ventennale della Visita Pastorale di San Giovanni Paolo II alla città nel settembre del 1994.

“Per i nostri Santi meno ceri accesi e più imitazione

 

“La processione nei paesi è più partecipata, è un cammino di preghiera; nella città, invece, è diventata una grande manifestazione che tutti vedono ma che pochi seguono”. 

“Questa crisi passerà: sono fiducioso, perché mi fido non tanto delle parole degli uomini ma della Parola di Dio: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi”. 

“Per ricordare il ventennale della visita di Papa Wojtyla, sarebbe bello rileggere e riproporre il ricco magistero “leccese” del Santo Padre. Sarà il modo migliore per fare memoria”. 

 

La lunga estate di Mons. D’Ambrosio raggiun­ge il suo apice pasto­rale proprio in questi giorni. La festa patro­nale di Lecce gli offre ogni anno l’occasione di rivolgere alla Cit­tà, in tutta la sua complessità e in tutte le sue contraddizioni, un messaggio di speranza e di so­lidarietà verso quelle periferie esistenziali che non mancano a Lecce e in tutto il Salento.

Eccellenza, da sempre a Lecce come altrove, le feste patronali convivono con gli aspetti culturali, turistici e commerciali rischiando di snaturarsi e di perdere la bussola della religiosità e di quella fede che sa di popolo. Crede che per evitare que­sto triste fenomeno si debba tornare indietro o si debba­no piuttosto ricercare nuove strategie pastorali capaci di restituire il giusto valore alle feste in onore dei santi?

“Unum facere et aliud non omit­tere”. È evidente che le feste pa­tronali coinvolgono tutte le co­munità in un momento di gioia e di festeggiamenti ed è bello che vi sia anche una dimensione di sano divertimento, di dialogo, d’incontro. È necessario però un ridimensionamento in quanto sono convinto che questi aspetti ormai abbiano preso il soprav­vento. Buona parte di respon­sabilità è certamente interna alla Chiesa che probabilmente non ha “colto positivamente” un’occasione in cui tutto il po­polo si raduna per veicolare il messaggio. Di fatto le nostre feste patronali, si riducono a momenti celebrativi, processio­nali, spirituali, ma il tutto non è accompagnato da un’adeguata riscoperta di quelli che sono i valori che una religiosità popo­lare riesce ad esprimere e che noi Chiesa, in qualche modo, abbiamo accantonato trovando­ci a dover correre dietro ad una situazione che non è più quella di una volta. Ci siamo ritrovati ad essere impreparati ,perché non abbiamo camminato di pari passo col desiderio della gen­te di vivere la festa unitamente al messaggio da annunciare: i Santi come vie di perfezione affinché siano per noi model­li di vita cristiana. Per troppo tempo li abbiamo visti lontani, abbiamo acceso loro i ceri e li abbiamo festeggiati, ma il loro messaggio più profondo non ha colpito la nostra vita e la Chiesa ne è responsabile.

A proposito di questo, che differenza trova nella diocesi tra la città e i paesi?

Sì, qualche piccola differenza tra i paesi e la città esiste. Nei paesi si riesce a coinvolgere più gente magari anche nelle cele­brazioni. C’è una partecipazio­ne diversa, forse più sentita che potrebbe far riprendere il dialo­go per rimettere al centro alcuni valori che la religiosità di un popolo esprime. La città, inve­ce, è frastornata, presenta il suo specifico volto. E poi, la proces­sione nei paesi è più partecipa­ta, è un cammino di preghiera; nella città, invece, è diventa­ta una grande manifestazione che tutti vedono ma che pochi seguono e per quei pochi che partecipano è un’occasione per parlare d’altro senza lasciarsi coinvolgere dalla preghiera e dalla proclamazione della Pa­rola di Dio.

 

Come è nata l’idea di cele­brare alcune tappe dell’Un­dena fuori da Lecce?

Al di là di quelle che sono state le letture che la stampa locale ha voluto offrire, l’idea di ce­lebrare alcune tappe dell’Un­dena fuori Lecce, cambiando rispetto agli scorsi anni in cui si invitavano le parrocchie della diocesi ed i gruppi a partecipa­re nella Cattedrale, è un’idea che è nata avendo considerato che S. Oronzo è patrono di tut­ta la diocesi. Abbiamo pensato di spostarci nelle tre vicarie ex­traurbane, per far riscoprire a tutti un intercessore comune da pregare e da invocare. La sua prima testimonianza è il mar­tirio, il primato della fede che in questi luoghi fu annunziata e predicata per prima e far sentire alla gente quello che la storia e l’arte ci tramandano. Non c’è paese, non c’è parrocchia in cui non vi sia un’immagine, una tela, un’iscrizione che richiama alla devozione che da sempre accompagna la vita della dioce­si di Lecce nei riguardi del suo Patrono. Per questo abbiamo voluto coinvolgere la diocesi nella preghiera con il Vescovo.

Eccellenza, più volte, in oc­casione delle feste patronali a Lecce, lei ha richiamato al dovere evangelico della ca­rità. Anzi, proprio in questi giorni nei quali le famiglie si consegnano alla spensiera­tezza e al divertimento sug­geriti dal clima festaiolo, lei invita a ricordarsi dei pove­ri, di chi vive nelle periferie esistenziali: detenuti, immi­grati, disoccupati… Come coniugare festa e carità in un momento storico in cui il senso della solidarietà troppo spesso cede il passo all’egoismo e alla paura del futuro?

Nella nostra Chiesa e nella no­stra terra la solidarietà è auten­tica, attiva, non manca la condivisone. Ne esistono, infatti, numerose espressioni nelle no­stre comunità verso chi vive ai margini. Ritengo che, in questo momento storico dovremmo vin­cere un po’ la paura del futuro, ma questo non può essere solo sforzo della Chiesa. La paura per il domani si vince solo se a livello concreto con l’ausilio di coloro che hanno il potere e il dovere di accompagnare la cre­scita e lo sviluppo delle comuni­tà, impegnandosi veramente per creare situazioni in cui non vi è rifugio nel privatistico e nell’e­goismo per garantirsi il minimo esistenziale. Troppe promesse vengono fatte, ma i dati sulla povertà, giorno per giorno, van­no sempre più giù. Ormai non si parla più di crescita zero ma addirittura di crescita sottozero. Probabilmente, se vi fosse una politica un po’ diversa capace di riagguantare i brandelli di speranza che ancora persistono, forse si faciliterebbe l’apertura a gesti di solidarietà. Ma è pur vero che molti fanno delle loro briciole, un pegno di solidarietà per chi non ha nemmeno quelle da raccogliere.

 

Ma, a suo avviso, quando passerà questo grave mo­mento di crisi? Non crede che il messaggio evangelico sarebbe ancor più efficace se le persone vivessero una se­renità economica e sociale?

Non sappiamo quando, tuttavia sono fiducioso, passerà perché mi fido non tanto delle parole degli uomini ma della Parola di Dio: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tem­pi”. Personalmente ho questa certezza: la povertà materiale è terreno fertile per accogliere la Parola di Dio però se fosse accompagnato anche dalla cer­tezza del pane quotidiano essa avrebbe tutto un alto sviluppo e un’altra accoglienza.

In che modo il Sinodo dei giovani, da lei annunciato, potrà dare risposte anche sul versante della speranza e della fiducia nel domani?

Proprio in questo periodo stia­mo redigendo con l’aiuto di sociologi un questionario che verrà distribuito all’inizio del prossimo anno scolastico a tutti gli studenti ma anche ai meno giovani. Lo lanceremo a settem­bre proprio per garantire una diffusione capillare. Gran par­te delle domande riguardano il futuro, gli studi universitari, la scelta di un lavoro. D’altra par­te, anche i piccoli tentativi che la nostra Chiesa sta facendo in fondo proseguono su questo ver­sante per offrire la possibilità di un lavoro, per aiutare i giovani a non pensare che il tutto verrà dall’alto, dal Governo o dalle istituzioni, ma verrà soprattutto dall’inventiva propria di ognu­no e dalla capacità di guardare oltre il presente per riuscire a trovare, con l’ausilio della no­stra esperienza, una realizzazio­ne sul piano occupazionale ed esistenziale.

 

Cosa pensa a proposito dei tanti ragazzi che decidono di “fuggire” dalla nostra terra perché qui non trovano nul­la che li aiuti a progettare la loro vita? Crede che sia faci­le “inventarsi” un lavoro? E con quali rischi?

Personalmente sono dell’avviso che lì dove siamo nati è là che dobbiamo mettere in atto tutte le nostre potenzialità. Ovvero: non si scappa! Ma è pur vero che di fronte ad una situazione in cui non trovi nulla e sei costretto ad aspettare e a fare la fame, non hai voglia di sentirti dire parole di condanna perché fuggi. Non possiamo accanirci sulla situa­zione esistenziale. Non è facile inventarsi un lavoro, ma i gio­vani sono creativi per natura e per età. Vi sono numerosi esempi anche in campo informatico, di piccole cooperative in ambito agricolo. Forse andrebbero so­stenuti un po’ di più e qui sareb­be gradito un supporto da parte delle istituzioni, con contributi cui aggrapparsi. Però, proba­bilmente, anche i giovani sono vittime dell’attuale situazione di pessimismo e di paura.

Che cosa possiamo chiede­re ai ricchi, agli imprenditori del Salento perché questo territorio possa spiccare il volo? Crede davvero che il turismo sia l’unica “occasio­ne” per questa terra?

Ritengo che sia una grossa oc­casione e soprattutto un dono del Signore. Il turismo può ge­nerare ancora ulteriori possi­bilità. Si tratta solo di essere un po’ meno egoisti da parte di coloro che hanno il potere di organizzare, di gestire delle strutture, di saper dividere e condividere. Chiediamo a chi ha qualche euro in più di farlo fruttare a favore del prossimo, abbandonando senza timore, senza i sentimenti egoistici che impediscono di mettersi a ser­vizio degli altri. È un discorso un po’ ostico, ma che ha la sua valenza per un imprenditore cri­stiano, anzi, quasi un obbligo.

 

Eccellenza, quali saranno gli appuntamenti più significati­vi del nuovo anno pastorale che sta per iniziare?

Quest’anno vi sono quattro pun­ti fermi nel nostro programma pastorale. In primis il Sinodo dei giovani che ci vedrà impe­gnati in maniera costante. Poi, il Sinodo straordinario sulla fa­miglia (ottobre 2014), dal quale attendiamo risposte e proposte che quand’anche non dovreb­bero risultare esaustive. L’anno venturo vi sarà l’altro Sinodo ordinario sempre sui temi della pastorale familiare che mette­rà sull’agenda tutti i temi sca­turiti da quello straordinario e li approfondirà. Poi, vivremo l’Anno della Vita ConSacrata durante il quale ci impegneremo nel presentare a tutta la nostra comunità il valore e la ricchezza di questo segno profetico, la fe­deltà ai tre consigli evangelici: povertà, castità ed obbedienza. Porremo un’attenzione privile­giata a questa dimensione che nella Chiesa ha donato tanto e che attualmente attraversa mo­menti di crisi anche superiore a quella delle vocazioni Sacerdo­tali. Tutto ciò sarà quasi come un debito da estinguere, un im­pegno da donare a chi ha già dato tanto e tanto continua a dare. Chiederemo ai conSacrati un servizio maggiore nella vita della diocesi al fine di liberarli anche da quell’isolamento che è un po’ tipico della vita religio­sa, per effetto del quale si bada più al proprio Ordine ed alla propria Congregazione e meno alla realtà ecclesiale in cui sono chiamati a vivere il proprio ca­risma. Infine, saremo tutti impe­gnati nella preparazione e alla partecipazione al quinto Conve­gno ecclesiale di Firenze.

Vent’anni fa la visita di San Giovanni Paolo II alla nostra Chiesa: non ha mai pensato di invitare Papa Francesco nel Salento per fargli ascol­tare il “grido” di dolore della nostra gente?

Sinceramente non ho mai pen­sato di invitare Papa Francesco in quanto i suoi impegni sono davvero numerosi ed anche per la sua innata predilezione ver­so le periferie esistenziali. La nostra Chiesa particolare non è una periferia come intende il Santo Padre. Sarebbe oltremo­do bello poterlo ospitare qui a Lecce, ma credo che insistere su questo proposito nei riguardi di chi deve guardare alla Chie­sa tutta sarebbe solo un atto di egoismo. Il Papa potrà seguirci ugualmente: ad esempio sarà coinvolto direttamente nel corso del Sinodo dei giovani in quanto saranno attuate alcune iniziati­ve per le quali i giovani potran­no incontrarlo di persona. Per ricordare poi il ventennale della visita di Papa Wojtyla, sarebbe bello rileggere e riproporre il ricco magistero “leccese” del Santo Padre. Ritengo sia que­sto il modo migliore per far memoria della Visita Pastorale di questo santo Papa. Fui pre­sente anch’io grazie all’invito di Mons. Ruppi, del quale ero suc­cessore a Termoli. Fui presente la sera dell’accoglienza in piaz­za S. Oronzo, alla celebrazione eucaristica dello Stadio e poi al pranzo con il Pontefice in Epi­scopio. Fu un momento ricco di significato, una straordinaria ventata di Spirito Santo che la Chiesa di Lecce ha ricevuto: ba­sti pensare al fuori programma dei giovani che la sera erano in piazza Duomo.

 

Quali appuntamenti sono proposti per fare memoria?

Inizieremo la settimana delle celebrazioni con una messa so­lenne in Cattedrale domenica 14 settembre. Proseguiremo con una mostra fotografica con una testimonianza di Dino Boffo che fu molto vicino al Santo Padre negli anni in cui dirigeva Avve­nire. Poi assisteremo al musical “Non abbiate paura” ideato dal nostro don Giuseppe Spedicato. Il tutto si concluderà con il So­lenne Pontificale domenica 21 settembre in Cattedrale, presie­duto dal card. Angelo Sodano, che per lunghi anni ricoprì la carica di Segretario di Stato in Vaticano durante il Pontificato di Giovanni Paolo II: una testi­monianze immediata di una per­sona che ha toccato con mano la ricchezza spirituale, la forza, la santità di questo grande dono che il Signore ha elargito alla Chiesa del XX secolo.

 

E PAPA BENEDETTO SCRISSE A D’AMBROSIO…

L’Arcivescovo D’Ambrosio ha di recente ricevuto una lettera autografa di Benedet­to XVI, il Papa emerito. “Mi ha riempito il cuore di gioia – ha dichiarato l’Arcivescovo di Lecce – suscitando in me tanti ricordi”. Durante il viaggio con i preti giovani al Santuario di Altötting nel cuore cattolico della Baviera, conoscendo la devozione di Papa Benedetto nei riguardi dell’immagine mariana custodita nel santuario, su iniziati­va di D’Ambrosio, i Sacerdoti hanno spedito una cartolina al Papa emerito ed egli ha prontamente risposto.

 

“Tra i commossi ringraziamenti – ha proseguito il Presule – per la preghiera nel Santuario di Altötting ho gradito molto leggere quanti particolari egli ricordasse sulla Visita Pastorale a San Gio­vanni Rotondo, la preghiera sulla tomba di Padre Pio, la bella celebrazione, la pioggia che cadeva come un diluvio mentre entram­bi eravamo nella papamobile. L’ho visto ed udito preoccuparsi dei gendarmi che face­vano servizio sotto l’acqua. Poi, rammenta­va con precisione i colloqui che nel pome­riggio facemmo su Padre Pio e sulla fedeltà di questi nei riguardi di tutti i Successori di Pietro ed alla fine un ‘Grazie per tutto’. Infine, la frase di chiusura ‘In comunione di preghiera, la saluto cordialmente. Suo nel Signore. Benedetto’”. Sulla carta (vedi foto) non compare più lo stemma pontificio ma solo ‘Benedictus, Papa emeritus’.

Bellissima l’immagine della Madonna di Altötting, riprodotta su legno di tiglio, custo­dita nella cappella delle Grazie (in tedesco Gnadenkapelle), raffigurante in stile gotico la Madonna con il Bambino. L’11 settem­bre 2006 Papa Benedetto XVI recandosi n pellegrinaggio vi depose il proprio anello episcopale che portò all’elezione al Soglio Pontificio, ai piedi dell’immagine Sacra. Oggi l’anello è stato legato allo scettro della statua della Madonna. La Lettera di Papa Benedetto – ha concluso D’Ambrosio – è stata il più bel coronamento a un’esperienza davvero molto significativa ed entusiasman­te per i nostri giovani Sacerdoti”.

Pagine a cura di Eugenia Quarta e Christian Tarantino


Condividi questo post