ci contagi la Pasqua (FOTO)
articolo ripreso da portalecce
Con la celebrazione commemorativa dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme avvenuta in modo straordinario nella cappella del Seminario arcivescovile, anche la nostra Chiesa particolare ha varcato le soglie della Settimana Santa, il tempo propizio per riscoprirci ed essere discepoli del Signore.
Nella sua riflessione seguita alla proclamazione della Passione secondo il racconto dell’evangelista Matteo, l’arcivescovo Michele Seccia ha fatto riecheggiare il comando amorevole di Gesù ai suoi “andate in città, troverete un tale e ditegli: dice il Maestro ‘farò la Pasqua con i miei discepoli in casa tua’”(Mt 26, 6).
In una fase compicata della storia, il Signore entra nei nostri giorni, spesso intrisi di sfiducia, di timore e chiede di poter celebrare da noi e con noi la sua Pasqua; chiede di realizzare nel nostro vivere quotidiano quel passaggio dal “non senso” al “senso pieno” che avrà il sio culmine nella notte santa.
Tutto questo domanda verità in noi.
Mons. Seccia non manca di scendere nelle profondità della Parola donataci per aiutarci a scoprire la nostra identità.
È qui che occorre domandarsi se dinanzi al Messia siamo i Pilato del nostro tempo che si lavano le mani di quel Cristo che ancora soffre nell’uomo; se siamo la folla che inneggia alla crocifissione barattando il vero Dio con i tanti idoli che procurano ebrezza effimera; se ci sentiamo il Cireneo in grado di portare la croce insieme a Gesù; se siamo Pietro pronti a manifestare la nostra fede granitica e al contempo umana, desiderosa del Signore e, spesso, restía a capirne il progetto.
“Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?”, afferma l’Innominato dei Promessi Sposi al Cardinale Borromeo; la Domenica delle Palme ci ha manifestato un Dio che è in croce, silente.
È lí che vogliamo contemplare la straordinarietà dell’amore che si dona.
Forte il monito finale dell’arcivescovo che ci invita a guardare alla nostra Pasqua che sarà reale solo se ci saremo lasciati contagiare da questo mistero tremendo e affascinante che, come per il centurione, dovrà portarci alla rinnovata professione di fede.