a Natale il cielo evangelizza la terra

a Natale il cielo evangelizza la terra

articolo ripreso da portalecce

Un cuore aperto, carta e penna ed ecco che l’arcivescovo Seccia in maniera affettuosa e premurosa, seppur nella impossibilità di incontrare de visu i suoi sacerdoti a motivo della pandemia, li raggiunge in maniera ideale con una lettera intrisa di amore paterno per comunicare loro la stima, l’amicizia e la riconoscenza per il loro instancabile servizio.

 

 

Un assaggio delle parole (LEGGI QUI) con cui il presule apre la sua missiva: “Se è vero che quest’anno si sono ridotte le possibilità di incontro tra noi, nondimeno desidero che sappiate quanto vi stimo e vi sono vicino, a portata di mano e di telefono; soprattutto, però, la mia paterna vicinanza si trasforma ogni giorno in preghiera per voi. Porto al Bimbo di Betlemme la vostra umanità ricca di tanti doni belli, di tante gioie pastorali frutto del vostro ministero sacerdotale, non scevro di fatiche e preoccupazioni. So bene quanto sia stato difficile assicurare al popolo fedele di Dio l’annuncio del vangelo, l’ordinaria catechesi e la celebrazione dei sacramenti (soprattutto nei mesi del lockdown ndr). Ho però dinanzi agli occhi gli sforzi che avete compiuto per testimoniare la fede e guidare la comunità in questo tempo così difficile. Conosco il vostro grande e instancabile impegno di carità”.

Ed ecco che come un papà indica il modello ai suoi figli, così il pastore leccese conduce idealmente al presepe i suoi preti e indica lo sprone di una paternità semplice, reale e riuscita, Giuseppe lo sposo di Maria, capace di fidarsi di Dio anche lì dove era difficoltoso vedere la sua mano.

Che forse non valga altrettanto per ogni presbitero?

Ecco, ancora, Seccia: “Nella grotta di Betlemme, volgiamo lo sguardo verso lo sposo di Maria, il quale ha visto operare Dio, che è intervenuto per sanare le sue paure, la sua fragilità e la sua incapacità di comprendere pienamente il mistero. Giuseppe si è fidato di Dio, ha lasciato a lui il timone della barca della sua vita, a differenza nostra che, a volte, vorremmo controllare tutto. Dio ha sempre uno sguardo più grande dei nostri pensieri. La grandezza di questo sguardo si adagia in una culla di paglia, ci raggiunge nel fitto delle nostre tenebre e si manifesta negli occhi del Dio Bambino, che si è fatto uomo per ri-guardo nostro”.

Nella capanna di Betlemme, ogni sacerdote guardi l’essere madre di Maria, la straordinaria arte della custodia dell’umile falegname e il canto degli angeli, annunciatori della “follia” di un Dio che si fa bambino, che condivide; e perché questa non sia solo una “lezione sentimentale” fine a se stessa, il vescovo la traduce in concreti gesti di prossimità e di attenzione, soprattutto ai suoi collaboratori che vivono l’esperienza della fragilità, nella malattia e nella solitudine.

Afferma: “In questo Natale, contempliamo il mistero della Santa Notte. Entriamo anche noi nella fredda grotta di Betlemme e, mentre tutto sembra oscuro e il mondo sembra non accettare Dio, meditiamo la gioia della divina maternità della Vergine, soffermiamoci sulle cure paterne di Giuseppe e ascoltiamo il coro degli Angeli che assicurano la nostra salvezza e ci sono modello per l’evangelizzazione”.

“A Natale – osserva – è il Cielo che evangelizza la terra! Questo tempo di pandemia, che ha costretto ogni uomo a limitare le proprie azioni e ad abbracciare uno stile di sobrietà ed essenzialità, costituisce un richiamo a vivere il Natale, sgombrando il campo da inutili orpelli, smascherati dalla povertà di Gesù”.

Infine l’affettuoso augurio ai sacerdoti più fragili: “In modo particolare, vorrei salutare i sacerdoti anziani, ammalati e in difficoltà, invitandovi a pregare per loro. Con voi, vorrei abbracciare le vostre famiglie e salutare i vostri cari. Ricordatevi che siete la cosa più preziosa per il vescovo!”.

Dallo sguardo ristretto ai presbiteri, l’attenzione del pastore si allarga a macchia d’olio verso l’intero popolo di Dio che egli, è chiamato a servire, con consigli pratici che possano permettere ad ogni sacerdote di vivere l’esperienza della prossimità alla propria gente: “per venire incontro ai fedeli che intendono partecipare alla Veglia di Natale, ricordo che è doveroso anticiparla non oltre le ore 20”.

Qualora si ravvisassero particolari necessità di aumentare il numero delle Celebrazioni, volentieri estendo a tutti i sacerdoti la facoltà di celebrare nel giorno di Natale, nel giorno della Solennità della Gran Madre di Dio (1° gennaio) e nel giorno dell’Epifania fino a quattro sante messe”.

Se è tradizione che a Natale siano i figli a leggere la lettera augurale dinanzi ai genitori, qui vi è stata un’amorevole inversione di “ruoli”: il padre ha scritto ai suoi figli per avvicinarli, qualora ce ne fosse bisogno ulteriore, al suo cuore e per metterli a parte della sua gratitudine per ognuno di loro. Anche e soprattutto questo è Natale, il Natale che Seccia intende, fatto di quotidianità, di amore, di rispetto reciproco.

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