Sant’Oronzo va in museo. Sulla colonna una copia
articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino
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Il responso della Soprintendenza, alla fine, è arrivato. La settecentesca statua di Sant’Oronzo che dallo scorso gennaio è ospitata nell’androne di Palazzo Carafa in via Rubichi, non tornerà più sulla colonna.
La decisione è stata già comunicata agli uffici dell’amministrazione comunale ed alla ditta Colaci Emilio Impianti e Restauri che, in tutti questi mesi, si è preso cura del simulacro. Una scelta, senza dubbio, molto sofferta ma necessaria. Avanzata già qualche tempo fa sulla nostra testata da voci autorevoli come quelle dell’architetto Giuseppe Fiorillo LEGGI ARTICOLO, del prof. Alfredo Castellano LEGGI ARTICOLO e dello storico Mario Cazzato LEGGI ARTICOLO. Del resto, i sopralluoghi effettuati dai funzionari inviati dalla soprintendente Maria Piccarreta hanno fotografato una situazione delicatissima. La struttura lignea interna, messa a dura prova dalle infiltrazioni di acqua piovana e dallo sviluppo di fenomeni di biodeterioramento, versa ormai in pessime condizioni. La precarietà statica dell’opera è riconoscibile anche da occhi inesperti. La statua insomma, per quanto sottoposta ad un accurato restyling, non reggerebbe più l’esposizione agli agenti atmosferici. La musealizzazione dunque è una via obbligata da percorrere per salvare questo importantissimo tesoro del culto oronziano e, più in generale, della storia leccese.
Ciò che conta ora è che questa ragionevole decisione non diventi una sorta di pensionamento. Il giusto proposito di salvare un’opera d’arte, emblema della nostra città, per trasmetterla integra alle future generazioni di salentini, non ha da trasformarsi in una consegna all’oblio. È doveroso quindi preservare il simulacro ma con l’obiettivo di valorizzarlo ancor più. In tale ottica la scelta di una sede idonea di collocazione avrà un’importanza capitale: la statua di Sant’Oronzo è un bene troppo grande, non va oscurata ma fatta conoscere ed amare, rendendola fruibile a cittadini e visitatori.
Sulla colonna invece finirà un ‘sosia’. I dettami dati dalla Soprintendenza parlano di un vero e proprio duplicato da progettare rispettando le dimensioni, la volumetria e la resa estetica dell’opera, in modo da garantire una piena fedeltà all’originale. Cosa oggi certo possibile grazie alle più recenti tecnologie in uso nel campo della conservazione dei beni artistici che, mettendo in conto un adeguato investimento economico, permetterebbero anche una scansione laser con stampa in 3D del manufatto.