IUBILAEUM ORONTIANUM LYCIENSE. 24 agosto/Dopo Bernardino le chiavi di Lecce anche a Oronzo

IUBILAEUM ORONTIANUM LYCIENSE. 24 agosto/Dopo Bernardino le chiavi di Lecce anche a Oronzo

articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino

Serata di cielo in Piazza Duomo a Lecce. Nel giorno tradizionalmente dedicato al corteo processionale gli splendidi simulacri dei santi patroni sono stati comunque traslati all’esterno della cattedrale in occasione dei vespri ed offerti alla venerazione dei fedeli trasmessi in diretta su Portalecce, Telerama e Telesalento (GUARDA).

 

 

 

Tra le diverse autorità presenti la senatrice Teresa Bellanova, l’assessore regionale Alessandro Delli Noci e diversi sindaci provenienti dalle città oronziane di Puglia. Sul palco anche il card. Salvatore De Giorgi e il vescovo Cristoforo Palmieri, entrambi sempre molto presenti nella vita della nostra Chiesa locale e prossimi al ministero dell’arcivescovo. L’intensa cerimonia che, di fatto, si è configurata come un “atto primo” del Giubileo Oronziano Leccese, indetto per il bimillenario della nascita del protomartire salentino, ha avuto, tra i suoi momenti più significativi, la consegna delle chiavi della città da parte del sindaco Carlo Salvemini e l’imposizione della croce pettorale da parte dell’arcivescovo Michele Seccia. Entrambi i gesti hanno richiamato alla memoria importanti pagine di storia locale.

È noto come il clavigero del capoluogo del Salento sia il più illustre leccese d’adozione, il carismatico gesuita San Bernardino Realino. A lui, sul letto di morte, il 2 Luglio 1616, il sindaco del tempo Sigismondo Rapanà consegnò la chiave urbica, supplicandolo di essere avvocato celeste presso Dio per il popolo che lo aveva accolto e tanto amato. Una chiave è infatti ancora oggi visibile presso il sepolcro del santo nella chiesa del Buon Consiglio. Ma i santi, si sa, sono persone per bene. Amano condividere. Dopo tutto, non esistono gelosie in paradiso. In tale ottica, la simbolica consegna delle chiavi anche a Sant’Oronzo, riconosciuto come autentico fondatore della Lecce cristiana, appare ancora più bella.

Altrettanto eloquente poi il gesto dell’imposizione della croce pettorale da parte di mons. Seccia. Quella croce, segno della redenzione di Cristo e della vittoria sul male e sulla morte, tanto cara ai leccesi (non è infatti un caso che il più splendido tempio cittadino sia dedicato proprio alla Santa Croce), unisce tangibilmente il nostro primo vescovo a tutti coloro che lo hanno seguito sulla sua cattedra. Dai vescovi del primo millennio, quasi tutti sconosciuti agli uomini ma certo noti al cielo, sino a quelli dei secoli più recenti, i cui nomi e le cui personalità hanno impresso una traccia vivida nelle vicende della Chiesa locale. È una storia lunga duemila anni, di fronte alla quale ci si sente davvero piccoli. Riflettendo sulla cosa si può ben comprendere allora l’emozione non nascosta dall’arcivescovo Seccia nel corso del suo messaggio alla cittadinanza e soprattutto durante il solenne atto di affidamento al santo.

La celebrazione si è quindi conclusa con la consegna dei lumi che arderanno, nel corso di quest’anno giubilare, dinanzi alle immagini del patrono sparse nelle chiese della metropolia, il cui fuoco è stato attinto dall’antica lampada che, in Duomo, indica l’ipotetico e primitivo tumulo del martire. Fiamma che indica la trasmissione della fede cristiana da Oronzo ai suoi figli attraverso i secoli.  

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

 

 

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