La Giornata del malato. Soltanto l’amore può rompere il dolore e trasformarlo in preghiera

La Giornata del malato. Soltanto l’amore può rompere il dolore e trasformarlo in preghiera

articolo ripreso da portalecce

Si celebra oggi la Giornata del malato. In diocesi, l’arcivescovo Michele Seccia, nel pomeriggio si recherà al Dea di Lecce per presiedere l’eucarestia con gli operatori sanitari e con gli ammalati che potranno partecipare. Portalecce, nella circostanza, ospita una riflessione di don Gianni Mattia sul Messaggio del Papa.

 

 

Il Santo Padre quest’anno ci ha regalato un messaggio molto significativo e attuale, partendo da una frase delle Sacre Scritture “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18).

Sottolinea come è importante la prossimità, la compassione, l’empatia. Denuncia una cultura dello scarto sempre più presente nel nostro mondo: vali se hai una certa età. Vali se sei produttivo, vali se hai qualcosa.

L’uomo va rispettato sempre e comunque e in modo particolare l’uomo debole e malato. “…l’abbandono dei fragili e la loro solitudine – scrive Francesco – sono favoriti dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una “alleanza terapeutica” tra medico, paziente e familiare”. Ci deve far riflettere tutto questo.

Il malato va messo sempre al centro, il malato ha bisogno di persone che gli stiano accanto, persone che si sentano felici di essere l’abbraccio di Dio.

Non facciamoli sentire un peso. Ogni persona è degna di rispetto, ogni essere fragile va amato e accarezzato nel cuore.

“Non è bene che l’uomo sia solo”, da questa frase scaturisce un mondo dove la relazione è importante, dove il farsi “buon samaritano” diventa lo slogan fondamentale del nostro essere cristiani e oserei dire del nostro essere autenticamente umani.

Rompiamo gli schemi dell’isolamento e curiamo come dice il Santo Padre le ferite della solitudine, solo così capiremo e comprenderemo quanto è importante l’altro. L’altro, un dono per me, un dono per arricchirmi sempre di più.

Nella fragilità dobbiamo saperci stare, nella debolezza dobbiamo saperci muovere sapendo di non essere mai soli. Dio si serve del più piccolo dei fratelli per insegnarci nel dolore la più bella lezione di amore.

“Non è bene che l’uomo sia solo” allora uniti possiamo essere quella luce di amore che può rompere ogni dolore e farlo diventare preghiera offerta di infinita tenerezza a Dio.

 

*direttore Ufficio diocesano pastorale della salute e cappellano ospedale “V. Fazzi” – Lecce

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