Il Sinodo ‘dal basso’. Il Cammino sinodale in Moldavia a due passi dalla guerra in Ucraina
articolo ripreso da portalecce
Portalecce propone il testo integrale dell’intervento di don Cesare all’Assemblea sinodale continentale in corso di svolgimento a Praga fino all’11 febbraio.
Il testo al quale in questi giorni è rivolta l’attenzione lascia intendere, e la nostra esperienza ecclesiale in Moldavia lo conferma, che il Cammino sinodale necessita prima di tutto del raggiungimento di un obiettivo intermedio, che è quello dell’acquisizione del metodo sinodale, come approccio corretto ad ogni incontro ecclesiale e realizzazione dei piani pastorali locali.
Il metodo sinodale, che ben sappiamo essere fondato sul dialogo e l’ascolto, è per noi attualmente uno strumento di comunicazione ed uno stile di comunione che permette di costruire percorsi di vita ecclesiale nuovi ed illuminati dalla conoscenza reciproca. Infatti, è il metodo sinodale che apre la strada alla conoscenza l’uno dell’altro e riteniamo che questo possa essere nella nostra realtà ecclesiale un momento importante, per poi passare alla comunione, alla partecipazione e alla missione. In sintesi: metodo sinodale, conoscenza ed a seguire comunione, partecipazione e missione.
Lì dove manca la conoscenza dell’altro, inteso come persona da incontrare e con la quale camminare, e manca anche la conoscenza del mistero di fede che si è chiamati a vivere, allora non può esserci alcun passaggio successivo.
La conoscenza è indispensabile anche tra le diverse realtà ecclesiali, spesso chiuse in se stesse per cultura, lingua, tradizioni ed incapaci di vivere il metodo sinodale in una dimensione più ampia.
La nostra esperienza ecclesiale, e mi riferisco ovviamente al territorio della Moldavia, nel corso del Cammino sinodale ha fatto propri questi due obiettivi: implementazione del metodo sinodale e approfondimento della conoscenza.
C’è un altro aspetto importante e che riteniamo debba essere oggetto di una maggiore attenzione, ed è quello delle realtà ecclesiali che sono in grande minoranza, e che rischiano per vari motivi, primi fra tutti la povertà ed il fenomeno migratorio, di scomparire e vedere interrotta la trasmissione della tradizione di fede.
In un contesto di minoranza una ulteriore difficoltà è data dalla differenza di culture tra i cattolici appartenenti alla stessa comunità ecclesiale, i quali vivono la separazione delle tradizioni, delle lingue e la chiusura nel senso di appartenenza che genera la divisione. Il conflitto in atto ad est d’Europa, che vede per ragioni geografiche ed attività di accoglienza anche la Moldavia coinvolta, dimostra quanto appena affermato.
Se vogliamo usare l’immagine della tenda, ben accetta all’interno del documento, bisogna anche riconoscere che ci sono tende locali che si svuotano e perdono la loro storia.
La condizione di minoranza richiama prima di tutto l’attenzione su chi rimane ed invecchiando vede la propria comunità gradualmente scomparire. In secondo luogo, lo sguardo va rivolto ai cattolici che migrano, dopo aver strappato dalla terra di origine le proprie radici, avvertendo la difficoltà del radicamento in altri territori, non sempre accoglienti, seppur cattolici.
Il documento al n. 40 fa riferimento agli esclusi ed i migranti per povertà, sradicati dalla storia, come nel caso dei migranti cattolici provenienti dall’est d’Europa, territorio che personalmente definisco il nuovo “sud del mondo”. Accade pure che siano proprio i migranti cattolici a ripopolare alcune comunità ecclesiali.
Sempre il testo oggetto della nostra riflessione, nella sua parte finale parla di impegno per la missione: la sinodalità conduce ad un rinnovamento missionario. Ed è proprio in un processo di globalizzazione che la dimensione missionaria deve essere una realtà che sostenga il cammino oltre i confini delle proprie realtà ecclesiali e quindi, come indicato al n. 100, avviare ed essere“una comunità cattolica veramente globale”.
Per quanto riguarda le priorità, noi avvertiamo la necessità di una evangelizzazione sullo stile missionario, che parta dall’interno delle realtà ecclesiali bisognose di una “conversione pastorale”, coinvolga le coscienze dei vicini e dei lontani senza temere il dialogo e l’incontro, abbatta ogni distanza e differenza, sappia essere alternativa agli schemi di una società materialista ed incapace di vivere il coraggio evangelico dell’amore che vince realmente le guerre e le divisioni. Una Chiesa coraggiosamente più missionaria.
*delegato Cammino sinodale Chiesa moldava all’Assemblea continentale