‘Chi non vive per servire non serve per vivere’. All’arcivescovo il grembiule di don Tonino

‘Chi non vive per servire non serve per vivere’. All’arcivescovo il grembiule di don Tonino

articolo ripreso da portalecce

È giunto anche nelle mani dell’arcivescovo Michele Seccia il dono pasquale del vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, mons. Domenico Cornacchia a tutti i cardinali e ai vescovi italiani: “le giunga in dono – scrive nel biglietto di accompagnamento – il grembiule che potrà adoperare nella santa messa in Coena Domini, durante il rito della lavanda dei piedi”.

 

 

“Memore della suggestiva immagine della «Chiesa del grembiule» – continua Cornacchia nella lettera – che don Tonino volle consegnare per la prima volta quarant’anni fa, il 25 novembre 1984, al presbiterio regionale raccolto nella cappella maggiore del Pontificio seminario di Molfetta, l’associazione Stola e grembiule, che nasce come braccio operativo della Caritas diocesana, ha voluto realizzare il grembiule sul quale è incisa una delle espressioni che l’amato pastore era solito ripetere: «Chi non vive per servire non serve per vivere»”.

“Lo indosserò in cattedrale domani sera per la lavanda dei piedi – è stata la promessa di Seccia appena avuto tra le mani il graditissimo dono -. Sarà da parte mia un gesto di gratitudine al messaggio profetico e di servizio che don Tonino, pastore santo, ha lasciato a noi vescovi e a tutta la Chiesa”.

“Tutti ricordiamo quando Papa Francesco – conclude mons. Cornacchia nella lettera che accompagna il grembiule -, all’inizio del suo pontificato, parlando ai rappresentanti dei media, esclamò. «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!» (6 marzo 2013). Queste parole avrebbero dato una boccata d’ossigeno a mons. Antonio Bello, che sin dal suo arrivo in diocesi, radicando le proprie scelte nel messaggio evangelico, che sin dal suo arrivo in Diocesi, radicando le proprie scelte nel messaggio evangelico, si schierò dalla parte dei poveri, dei senza casa, degli immigrati, degli ultimi. La sua preziosa profezia ci provoca ancora e la sua autentica testimonianza è per tutti noi incoraggiamento a vivere «la misura alta della vita cristiana ordinaria» (NMI, 31)”.

 

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