Solennità di San Giuseppe. L’arcivescovo Seccia apre l’Anno Famiglia Amoris Laetitia

Solennità di San Giuseppe. L’arcivescovo Seccia apre l’Anno Famiglia Amoris Laetitia

articolo ripreso da portalecce

Giunge puntuale la solennità di San Giuseppe che il prossimo 19 marzo avrà un sapore del tutto particolare, trovandosi la Chiesa nel mezzo di un anno a lui dedicato.

 

 

 

Scrive Papa Francesco nella “Patris Corde”: “la grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, «si pose al servizio dell’intero disegno salvifico», come afferma San Giovanni Crisostomo”.

Nella città di Lecce, il santo della custodia amorevole e obbediente di Gesù e Maria è particolarmente venerato nella chiesa di Sant’Antonio di Padova, meglio conosciuta come chiesa di Sant’Antonio “della piazza”. In questa rettoria sita nel cuore di Lecce, praticamente a due passi da Piazza Sant’Oronzo, sarà l’arcivescovo Michele Seccia, domani sera alle 18 a presiedere la solenne eucarestia e ad aprire ufficialmente per la diocesi di Lecce, l’Anno Famiglia Amoris Laetitia. In occasione della Giornata nazionale per le vittime del Covid indetta dal Governo italiano, poi, l’arcivescovo offrirà la messa di domani in suffragio tutte le vittime colpite inesorabilmente dal Coronavirus nella diocesi di Lecce.

Eretta nel 1584, Sant’Antonio “della piazza” faceva parte del complesso conventuale voluto da Gian Giacomo dell’Acaya intorno al 1557 e affidato ai frati minori osservanti. Il convento in funzione fino al 1807, venne adibito ad abitazione civile e demolito nei primi anni del Novecento.

Le forme attuali dell’edificio non sono quelle originarie: infatti nel 1765 i frati decisero di ingrandire la chiesa la cui navata principale corrispondeva all’attuale transetto. Sul fianco laterale della chiesa è possibile ancora vedere l’originario portale cinquecentesco, che costituiva l’ingresso principale, e il rosone.

L’interno, a croce latina, presenta una navata percorsa da alte paraste corinzie e scandita sui due lati da cinque cappelle. Nelle due nicchie del retrospetto trovano posto le statue in pietra locale di San Francesco d’Assisi (1823) e di San Rocco (1566), quest’ultima attribuita a Gabriele Riccardi.

Nelle cappelle laterali, decorati altari barocchi, ospitano pregevoli dipinti: quello di San Diego di Alcalà opera di un allievo di Gianserio Strafella, quello della Natività della Vergine, della Circoncisione di Gesù opera di Jacopo Palma il Giovane e quello di San Pietro. Nel primo altare a destra è collocata la settecentesca tela raffigurante Sant’Oronzo in gloria, copia di Serafino Elmo il quale dipinse anche la tela di San Francesco d’Assisi (1771) custodita nella terza cappella a destra.

Nel transetto destro si impone per la maestosità e la monumentalità delle proporzioni l’altare di San Giuseppe, attribuito ad Emanuele Manieri, e adorno della statua lignea policroma del santo, mentre in alto trova posto la tela della Vergine Annunziata, attribuibile a Oronzo Tiso. Nel transetto di sinistra si incontrano invece gli altari più antichi della chiesa: quello di Sant’Antonio da Padova, realizzato nel 1737 in pietra leccese con statua lapidea del santo datata 1569, quello di Santa Rita da Cascia con la tela della santa e quello di San Francesco da Paola con la statua del santo del 1581.

Nel presbiterio, ricoperto da un soffitto affrescato da Carmine Palmieri, è presente un marmoreo altare maggiore opera di Eugenio Maccagnani (1923). Dell’arredo cinquecentesco rimangono solo la lignea cantoria, sormontata da un organo dorato, e il coro.

Semplice ed essenziale, il settenario vissuto in questi giorni fino alla vigilia (ogni giorno alle 18, il rosario e la messa con un pensiero sulla vita di San Giuseppe) vuole condurre i fedeli a mettersi alla scuola di questo grande santo che ha fatto della sua vita un autentico servizio al Signore.

Afferma mons. Oronzo De Simone, storico rettore della confraternita: “la Chiesa di oggi ha bisogno di custodi, di gente che impari a vivere per il bene dell’altro da amare, da preservare, da proteggere. San Giuseppe è stato un esempio fulgido di obbediente custodia: dinanzi al progetto che Dio ha pensato per lui non ha esitato a far prevalere la sua obbedienza, segno di amore, di venerazione, di pace interiore. In un mondo sempre più improntato la rivalità e all’egoismo egli ci mostri la bellezza e l’importanza dell’altro per la storia universale e per la nostra storia”.

Sia questo l’auspicio per ogni cristiano e per tutta la comunità ecclesiale chiamata, in un tempo non facile, ad essere luce delle genti, così come San Giuseppe è stato per la famiglia di Nazareth.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

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