OMELIA 6 Novembre 2021

OMELIA 6 Novembre 2021

Eminenza Reverendissima,

Eccellenze Carissime,

Reverendi e Cari Sacerdoti, Diaconi e seminaristi

Fratelli e Sorelle,

 

Oggi l’anniversario della dedicazione della Cattedrale si riveste di luce tutta nuova, non tanto perché ormai da qualche tempo possiamo ammirare la nuova illuminazione che scopre alla vista tanti dettagli di questo Tempio, ma soprattutto perché la celebrazione odierna segna il giubileo sacerdotale nell’Anno Oronziano e si colloca all’interno del grande evento del cammino Sinodale.

Vorrei riflettere su alcuni segni di questa Liturgia, affinché i gesti compiuti non siano puri riti, ma alimentino la nostra fede.

Il primo segno è quello del Tempio. La liturgia della Parola ci ha fatto comprendere che il Signore ha preso dimora del suo tempio e ci ha rammentato che questo tempio siamo noi, sua Chiesa.

La Trinità si è innamorata dell’uomo fatto “a sua immagine e somiglianza” (Gn 1, 26); lo ha redento dal peccato e desidera ardentemente dimorare in noi: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23)”.  Allora, ognuno di noi è chiamato a essere dimora di Dio. Ciò diviene realtà se ci trasformiamo in Cristo, se viviamo la sua vita e diventiamo una sola cosa con Lui.

Santa Caterina da Siena contemplando la bellezza di Dio riflessa nel suo Tempio esclamava:

 

Oh eterna bellezza, oh eterna clemenza, oh speranza, oh bene eterno e infinito, oh pazzo d’amore! Perché innamorarvi della vostra creatura, compiacervi in lei, deliziarvi in lei? Questo desiderio della sua salvezza è come un’ebbrezza in voi: lei fugge da voi e voi andate a cercarla; lei si allontana e voi vi avvicinate.

 

Il segno del Tempio costruito in mezzo alle case degli uomini, dunque, deve rimandare a questa prossimità del Signore verso l’uomo e deve spingere noi presbiteri a vivere la nostra missione non al di sopra del popolo, ma nel cuore della nostra gente. Quanto male mi fa ascoltare alcuni laici che si lamentano perché il sacerdote non li ascolta, appare dispotico ed esercita il potere come i leaders di questo mondo: “Ma tra voi non sia così. Chi vuol essere il primo e il più grande di tutti, si faccia servo di tutti” (cfr. Mc 10,44-45).

Cari sacerdoti, mettiamoci in ascolto del nostro popolo con atteggiamento umile, come già tanti di voi fanno quotidianamente. E tale atteggiamento lo apprendiamo anche dall’Eucaristia. Infatti, l’umiltà di Gesù la contempliamo non solo a Betlemme, a Nazaret, sul Calvario, ma la sua umiliazione e annichilimento sono maggiori nell’Ostia Santa: più che nella stalla, più che sulla Croce. Perciò, quale grande lezione di umiltà è per noi l’Eucaristia.

E se poi mi domandassi come è possibile che, nonostante la celebrazione quotidiana della Messa, la vita non cambia, io risponderei come ebbe a dire un giorno Padre Pio a un frate: Figliolo, continua a celebrare e a infervorarti d’amore e pensa: che cosa saresti, se non ti comunicassi ogni giorno?

La liturgia non è una parte solo esteriore e sensibile del culto divino o un cerimoniale decorativo. La Santa Messa, come ogni incontro, è qualcosa che si fa in due: Cristo realmente presente e i partecipanti alla celebrazione, i quali, cristificati dall’effusione dello Spirito Santo, si riconoscono figli di Dio, figli nel Figlio, con il diritto e il dovere di essere presentati con Cristo al Padre. Si tratta di un incontro speciale: un incontro di innamorati. Per questo la Santa Messa è un «flusso trinitario di amore», nel quale il cristiano cerca di inserirsi tramite un amore filiale imbevuto di spirito sacerdotale.

Da qui, vorrei trarre una seconda conseguenza pastorale: il nostro cammino sinodale, fatto di cantieri di idee, riflessioni, iniziative, non solo deve vedere la partecipazione di tutti, ma ci deve condurre a realizzare una comunione di ascolto profondo dello Spirito Santo che geme, soffre, prega e parla nelle membra del Corpo mistico di Cristo. Tale ascolto ci farà sentire la presenza del Signore Gesù che ci spinge ad accogliere il dono dello Spirito e a respirare quel flusso d’amore trinitario, senza il quale le nostre assemblee e riunioni sarebbero sterili ed improduttive. Solo in questo modo potremo incarnare le tre parole che sintetizzano il cammino sinodale da percorrere: Comunione, partecipazione e missione per una Chiesa capace di annunciare il Vangelo nella nuova epoca e diventare collaboratori della gioia dei fratelli. Vorrei brevemente insistere su queste tre parole.

La Chiesa, come unità comunionale, è opera di Dio, ma è anche nostra responsabilità: infatti, non vi è autentica unità se non si rispettano e valorizzano le sensibilità di ciascuno, se non se ne riconoscono i carismi e i doni e se la varietà dei ministeri non si pone a servizio dell’unità ecclesiale. Questa nostra Cattedrale, costruita nel tempo per l’opera di molte mani ed edificata con pietre differenti e con stili diversi, costituisce una armonica unità.

Allo stesso modo, la nostra Chiesa sia armonia d’amore nello Spirito Santo: Scompaia da voi ogni gelosia, invidia, rancore, perché da questo vi riconosceranno come miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri.

 

La Chiesa è partecipazione e noi sacerdoti dobbiamo dare l’esempio, vivendo i momenti di formazione e accogliendo i fedeli, stimolandone il coinvolgimento, ascoltando le loro istanze e lasciando che essi stessi assumano iniziative volte a rendere presente il Vangelo nelle realtà del mondo. Il cammino di partecipazione è lungo, a volte impervio, ma è l’unico itinerario possibile per testimoniare il Vangelo nella nostra epoca. Questo comporterà ulteriori riflessioni per avvicinare i nostri giovani, accompagnare i nostri adulti, sostenere le famiglie e assistere gli anziani, le persone sole, povere e ammalate. Ma ne sono certo: la partecipazione creativa produrrà un rinnovamento nella catechesi e ci suggerirà nuovi orizzonti pastorali.

Infine, la Chiesa è missione. Il Santo Padre ci ha ricordato che la Chiesa vive per annunciare Cristo e che tutta la sua attività e vita, tutte le sue strutture ed iniziative devono essere orientate a questo annuncio. Pertanto, tutto ciò che non profuma di Vangelo, non irradia la gioia di sentirsi servitori della causa del Regno o è persino di ostacolo alla testimonianza cristiana va purificato e, in alcuni casi, eliminato. Così come le scorie del tempo rovinano il Tempio, allo stesso modo le incrostazioni nell’ambito della vita ecclesiale possono rovinare la fulgida testimonianza di fede.

 

Il secondo segno che abbiamo compiuto ha riguardato l’attraversamento della Porta Santa mentre venivano cantate le litanie dei Santi e, in questo modo, siamo stati introdotti alla Celebrazione Eucaristica.

Ho notato con piacere gli ornamenti e la nitidezza della nostra Cattedrale vestita a festa. Per accedere all’altare dobbiamo però purificare i nostri sensi, uno per uno; ornare di virtù tutte le nostre facoltà, mente, volontà, desiderio e amore, e far entrare la luce divina in tutta la nostra anima.

Ora, come è possibile tutto questo? Con le nostre sole forze, ci sentiamo deboli e fragili. Abbiamo bisogno dell’aiuto del Cielo, del sostegno dei fratelli. Per questo, abbiamo cantato le Litanie dei Santi, affinché la comunione con loro irrobustisca i nostri sforzi. Non saprei spiegare cosa sia l’effetto della comunione dei santi, se non con un esempio: sapete quanta forza infonde la trasfusione del sangue in un corpo ammalato? Molto più diffonde la comunione d’amore dei Santi nelle anime. Quanto conforto e sicura speranza dà sapere che tanti pregano per noi: è una vera trasfusione di amore. Viviamo anche il tempo sinodale come una trasfusione dell’amore di Dio sulla sua Chiesa.

 

Caro sacerdote, vivi oggi il tuo giubileo oronziano.

Ricorda che da un lato sei un fedele come gli altri; ma, dall’altro, sei anche e soprattutto Cristo sull’Altare. Rinnovi il Sacrificio del Calvario e consacri in persona Christi, perché rappresenti realmente Gesù Cristo, gli dai in prestito il tuo corpo, la tua voce, le tue mani, il tuo povero cuore tanto spesso bisognoso di essere da Lui purificato.

Anima allora la tua comunità e senti il respiro diocesano e universale che deve caratterizzare il tuo agire. Non rinchiuderti in te stesso, non limitare gli orizzonti del tuo agire, ma avverti che operi in persona Christi, e Lui ha offerto la salvezza al mondo intero.

Nel rinnovare fra poco le promesse sacerdotali, sentiti chiamato da Dio per edificare la sua Chiesa.

 

Infine, un terzo segno vorrei accennare: la testimonianza dei nostri martiri. Al termine della Santa Messa, ci rivolgeremo a S. Oronzo, evangelizzatore della nostra terra e Pastore della nascente comunità cristiana.

La coerenza cristiana è stata ricordata da Papa Francesco nella profonda unità tra liturgia e vita, affinché tutta la vita sia una liturgia. Infatti: “Una liturgia che fosse staccata dal culto spirituale rischierebbe di svuotarsi, di decadere in un senso sacrale generico, quasi magico, e in un vuoto estetismo. (Papa Francesco Messaggio ai partecipanti al Simposio Sacrosanctum Concilium 18.2.2014)».

Allo stesso modo, questo Tempio, tutto dedicato a Dio, non avrebbe vita se non fosse valorizzato dalla presenza orante e operante dei fedeli tutti, dell’intera Chiesa locale. Chiediamo ai nostri Santi Martiri di vivere il senso mistagogico di questa Liturgia, affinché incida nel cammino della nostra Chiesa locale e realizzi i desideri di Dio su ognuno di noi. Amen.

 

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