le sfide della Chiesa per il 2024

le sfide della Chiesa per il 2024

articolo ripreso da portalecce

Alcune delle sfide più importanti che la Chiesa universale dovrà affrontare in questo nuovo anno appena iniziato sono legate al Sinodo che si concluderà con la seconda fase prevista per il prossimo ottobre.

 

 

 

A metterlo in evidenza è don Dario Vitali, docente di ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana, consultore della segreteria generale del Sinodo dei vescovi e coordinatore degli esperti teologi nella prima fase sinodale. “Innanzitutto – spiega- il 2024 sarà l’occasione per approfondire il tema centrale della sinodalità. Dobbiamo evitare che sia un tempo vuoto che non fa maturare i frutti sperati nella prima parte dei lavori sinodali che ci hanno consegnato un orizzonte ampio”.

La Chiesa sinodale in uscita, il metodo sinodale e il rapporto tra l’autorità e la partecipazione sono alcune delle principali questioni su cui tutti i vescovi e tutte le conferenze episcopali dovranno iniziare a riflettere attentamente. Sullo sfondo c’è la missionarietà: “Una sfida – dice don Vitali – che oggi deve tenere conto del carattere della Chiesa sinodale. Una missione che non sia sinodale rischia di essere un’azione di proselitismo: ogni gruppo va per conto proprio, ogni soggetto realizza la missione secondo una propria idea. In sostanza, si attiva una dinamica missionaria che corrisponde al proprio modello di Chiesa con il rischio di una pericolosa polarizzazione”.

Un’altra sfida all’orizzonte riguarda l’approfondimento sul diaconato e il discernimento sul diaconato femminile. Don Dario Vitali sottolinea una premessa, necessaria per rispondere ad un’esigenza complessa: la riscoperta del diaconato è da attribuire al Concilio Vaticano II. “E questa riscoperta – prosegue – ha determinato il ripensamento dell’intera materia legata al ministero ordinato. Da tenere presente che il Concilio ci ha restituito il sacramento dell’Ordine in tre ordini: episcopato, presbiterato e diaconato. Diaconato proprio come grado permanente della gerarchia ecclesiastica”.

Dunque, dovrà esserci una riflessione dul diaconato che riguarda la sua stessa natura e, continua don Vitali, a prescindere “dai soggetti coinvolti. Che natura ha il diaconato? A che cosa serve? Nella Chiesa per che cosa è stato pensato? È evidente che se si pensa in unità strettissima con gli altri due ordini, in chiave sacerdotale e in una forma di ascesa verso il grado più alto, allora non c’è spazio per una attribuzione a soggetti che non siano uomini che rimangono diaconi o riceveranno il secondo grado in una forma ascendente che, però, non corrisponde alla Tradizione”.

La Tradizione, entra nel dettaglio il teologo, “pensava il ministero diaconale come forma di servizio alla comunità e nella Tradizione era attestata anche una presenza di donne che svolgevano questo servizio. E proprio questa presenza femminile nella Tradizione obbliga a riflettere se non si possa restituire un diaconato anche alle donne. Una riflessione che dovrebbe permetterci di trovare un equilibrio all’interno della Chiesa nel rispetto di tutte le sensibilità esistenti”.

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