senza memoria non vi è speranza

senza memoria non vi è speranza

articolo ripreso da portalecce

Non in Piazza Duomo, a causa del maltempo, bensì nella chiesa cattedrale: qui l’arcivescovo Michele Seccia ha presieduto, ieri 26 agosto, il pontificale nella solennità dei santi patroni della città di Lecce e della intera arcidiocesi, Oronzo, Giusto e Fortunato.

 

 

 

La celebrazione è stata occasione per dare inizio al solenne giubileo oronziano nel bimillenario della nascita del primo vescovo di Lecce.

Dopo il saluto liturgico da parte del pastore leccese, il cancelliere arcivescovile don Vincenzo Martella ha dato lettura del decreto di indizione dell’Anno Santo dedicato a Sant’Oronzo e, successivamente, si è svolto il toccante rito di apertura della Porta Santa.

Forte e dai tratti ben delineati l’omelia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) del vescovo che ha subito focalizzato l’attenzione su cosa significhi celebrare la festa dei santi patroni.

Non è occasione di sterile memoria ma tempo utile a cercare di mutuare da loro ciò che li ha resi grandi: la testimonianza.

I santi patroni ricordano ad ogni cristiano che è possibile esser santi nella misura in cui si vive l’esaltante cammino di testimoni del Signore nelle concrete situazioni di vita.

Ha affermato Seccia: “Fare menoria ed elogiare i nostri Santi significa donare tutto noi stessi al Signore, offrirci a Lui, sapendo che Lui non toglie nulla alla nostra vita, ma tutto si dona a noi, perché noi viviamo della sua salutare presenza tra noi. Il Giubileo Oronziano si tinga allora del colore della memoria, perché senza memoria non vi è speranza, non vi è futuro, non vi è salvezza. Ritorniamo alla memoria dei nostri santi e facciamo memoria degli eventi di grazia presenti nella nostra vita, unendola sempre più a quella di Cristo“.

Da qui il pastore leccese ha rimarcato l’esigenza di promulgare un anno di grazia che non è una attività tra tante, ma un segmento di tempo privilegiato nel quale ogni cristiano è chiamato alla conversione, riscoprendo il volto di un Dio che è Padre e che ama i propri figli di un amore talmente grande da donarsi a loro nel Figlio e da concedere loro tutto ciò che essi, con fede e amore, chiedono al suo buon cuore.

Ancora Seccia: “Giubileo significa riscoprire che siamo figli di un Dio che è nostro Padre, il quale con cura e premura si occupa di ognuno di noi e mai ci abbandona, poiché questo Padre onnipotente e buono segue ciascuno dei nostri passi e non si stanca di perdonarci e richiamarci a sé: ‘Tu, mio Dio, mi scruti e mi conosci, sei luce che illumini la mia notte e dissipa le mie tenebre! Professiamo allora la bontà e l’Onnipotenza di Dio’. Affidiamo a Lui ogni aspetto della nostra vita e passando per la Porta Santa che è Cristo, ricordiamoci che Lui solo è la via che ci conduce al Padre“.

Ecco, allora, donata ad ogni discepolo di Cristo, la perla preziosa di una vita dedicata interamente al Signore e posta sotto la sua grazia: la preghiera, intesa non come sterile richiesta ma quale atto supremo e unico di amore.

Ha incalzato l’arcivescovo: “Quando i nostri sforzi non producono frutto, quando le nostre fatiche appaiono vane, quando le sofferenze e gli affanni della vita sembrano prendere il sopravvento su di noi, invochiamo il Signore, riponiamo la nostra fiducia in Lui, certi che non saremo delusi. È suggestivo il fatto che il nome Oronzo tragga la sua origine e abbia come radice il verbo latino oro, oras, orare, che significa pregare. Sant’Oronzo, dunque, persino nel nome indica l’importanza, anzi la necessità della preghiera. Oronzo è l’orante, cioè colui che eccelle nella preghiera. Il Giubileo allora non è una moda e non costituisce semplicemente una bella abitudine cristiana. Vi è qualcosa di più! Il Giubileo ci chiama a vivere intensamente la vita spirituale e a renderci conto che la preghiera è il respiro dell’anima“.

Quella di ieri è, dunque, stata una giornata entrata di diritto nella storia perché  ha concesso alla Chiesa di Lecce di sentirsi amata e guidata dai suoi patroni sulla strada che porta a Cristo, il quale invita a partecipare  ogni suo discepolo della sua santità.

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