Lecce 27 Agosto 1886: L’ultimo terremoto

Lecce 27 Agosto 1886: L’ultimo terremoto

Una processione notturna per “fermare” il sisma. 

Del Canonico Sante De Sanctis, Vica­rio Parroco della Cattedrale, vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo (24.8.1838 – 24.1.1915), si conservano due biografie dei nostri santi patroni. La prima titolata “I martiri salentini: Oronzo, Giusto e Fortunato” è più larga ed esaustiva (Tipografia di A. Del Vecchio, Lecce 1871). La seconda, invece, è più stringata e meno informativa, dal titolo “Orontio, Fortunato e Giusto”, (Stabilimento tipografico Lazzaretti, Lecce 1890). Quest’ultima opera, però, ha il privilegio di es­sere scritta solo quattro anni dopo la liberazione dalle nefaste conseguenze dell’ultimo terremto che ha colpito la nostra città (27 agosto 1886); e quindi ci riferisce notizie di primissima mano sul terremoto medesimo, ultimo storicamente a noi più vicino, ad una distanza quasi cronologica­mente contestuale ai fatti narrati. Altri miracolosi interventi dei nostri patroni, specie in eventi tellurici, sono ben più lontani dall’accaduto.

DSC_01

Si ricorda, infatti, quello del 20 febbraio 1743 (divenuto poi festa del Patrocinio di S. Oronzo); del 19 gennaio del 1833; dello scampato terremoto del 12 ottobre 1856, fissato poi alla terza domenica del mese. E finalmente quello dell’agosto 1886 che qui espressamente trattiamo. Eventi che fino alla riforma applicativa conciliare degli anni ‘70 sono andati via via di­menticati nel tempo e nello spazio. Nonostante si fosse da sempre celebrata con la stessa solennità del 26 agosto. Così come non si ha più recente memoria della mattutina processione penitenzia­le del 19 gennaio di ogni anno. E di quella otto­brina che partendo dal Santuario del “martirio”, a 4 km dal centro abitato, giungeva in duomo verso il tramonto del sole dove un panegirista di grido accoglieva l’effige della “testa” del santo che restava in città fino al successivo ottobre. Il De Sanctis da giovane prete era stato “scritto­re” dell’Ambrosiana di Milano fino alla morte del suo predecessore in Capitolo, il can. Ma­lecore, avvenuta all’inizio degli anni ‘80 del XIX secolo, quando si era aperto il concorso canonico-pastorale. Per cui il nostro autore po­teva sicuramente affermare che in quella famosa notte del terremoto egli era alle “prime armi” della pastorale parrocchiale. Non costituendo oggetto di questa ricerca storiografica, non ci fermeremo qui sugli altri più antichi terremoti leccesi. Perciò ricordiamo quanto appreso dalle note a piè di pagina (pp. 52-57) del secondo libro. “Il tempo luminoso al mattino – nota il nostro giovane prelato – si rabbuiò sempre più fino a tarda sera e alle 23 circa si avvertirono le prime scosse”.

COPERTINA LIBRO

Dalla percezione di un orribile fragore “come di migliaia di carri di ferrovia che corrono all’impazzata” e dalla comprensione delle circostanze (rombo sotterraneo, scricchiolio dei tetti, scuotimento delle fondamenta), si capì che si trattava di un forte terremoto. Che, a dire dello stesso storiografo, era partito dalla Grecia diretto verso l’Europa continentale. A tal punto notiamo che il sentimento religioso, in quella notte, superò la naturale preoccupazione della salvezza fisica; infatti, la gente, invece di scappa­re verso la campagna per scampare agli eventuali crolli, si diresse verso la cattedrale, infranse i cristalli che custodivano le statue del patroni e improvvisò una grande e spontanea processione notturna che, uscendo dalla porta del “Calvario” ai piedi del campanile, imboccò il corso e invase piazza Sant’Oronzo e dintorni. I cronisti del tempo parlano di ventimila persone. Il Servo di Dio, Mons. Salvatore Luigi Zola, venerato nostro pastore, che non era riuscito a frenare quella calca tumultuosa, “quasi svenuto, si dovette adagiare in un confessionale ed affidare a me che da fresco avevo preso possesso della cura parrocchiale, il compito di dare un pò di ordine a tanta confusione”. “In piazza – è ancora il De Sanctis che scrive – colsi occasione per fare una concione (predica) in cui spiegai il vero signifi­cato di quel rito processionale”. Era ancora notte fonda quando la processione tornò in Duomo attraversando le vie principali dell’antico centro cittadino (Rubichi, L. Prato, parrocchia della Porta e Palmieri). “Alle 3 antimeridiane – con­tinua il nostro parroco – celebrai la prima messa in Duomo mentre alle 10 il Capitolo cattedrale officiò la solenne messa in canto”. Il giorno se­guente, domenica 29 agosto, molte messe furono celebrate all’altare dei Santi Patroni. Lunedì 30 iniziò un corso di esercizi spirituali per clero e fedeli che terminò la domenica successiva 5 settembre. Frattanto giunsero le prime notizie dei danni arrecati dal sisma ma che, per grazia di Dio – nota ancora l’autore del prezioso libret­to – “nella nostra provincia non furono gravi”. Il discorso serale del 5 concluse le celebrazioni riparatrici e gratulatorie di quei primi giorni set­tembrini, quando il santo nostro presule impartì la benedizione con indulgenza plenaria valevole per coloro che avessero ascoltato almeno cinque prediche dei santi esercizi.

Oronzo De Simone

Condividi questo post