Proprio pensando, in particolare, agli operatori sanitari e a quanti sono a contatto con il mono della sofferenza, don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute, intervenendo giovedì 7 febbraio ad un Convegno ad Assisi, ha esortato a quell’ascolto che “presuppone una cultura della relazione” e diventa “uno stile di vita”.
“Certamente il punto di arrivo della nostra azione pastorale, è l’incontro con Cristo, anche attraverso la celebrazione dei Sacramenti”, ha affermato, riconoscendo nel contempo che “non sempre la prassi Sacramentale è accompagnata da un adeguato percorso di evangelizzazione: è indubbio che i Sacramenti rivestano un ruolo terapeutico e sanante, ma questo succede soprattutto se la loro celebrazione avviene all’interno di un percorso relazionale e spirituale anche con l’operatore pastorale. Forse più che punto di partenza, cioè di proposta iniziale, in un tempo di «desertificazione spirituale», i Sacramenti si prospettano come punto di arrivo”.
In questo cammino, l’ascolto diventa segno di prossimità, ha aggiunto don Arice citando Benedetto XVI, che ricorda che “gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione del cuore”.
Dopo aver descritto le caratteristiche che accompagnano la maturità dell’operatore divenuto “esperto in umanità”, ha quindi esortato a “guardare a Cristo, uomo dell’ascolto”, colui che “ascolta il Padre anzitutto”; quindi, “ascolta anche se stesso perché si comprende in profondità, comprende la sua identità e la sua missione”. Infine, “ascolta quello che le persone, soprattutto i sofferenti, gli dicono e ascolta con la vista perché tante volte ha colto domande inespresse dagli uomini del suo tempo”.
Gesù – ha concluso il direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute “ascolta il grido del sofferente e risponde con un ministero che è di consolazione oltre che di compassione e di orientamento escatologico alla domanda di senso”.