tracce di lui nella nostra storia
articolo ripreso da portalecce
Fin da quando arrivò a Lecce sul finire degli anni 80 si capì che Cosmo Francesco Ruppi avrebbe scritto pagine di storia di questa terra salentina.
La storia poi la fanno quelli che la scrivono, non tanto i suoi protagonisti, ecco perché è giusto mettere in luce le tante novità culturali e pastorali che l’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi fu capace di introdurre, grazie al suo carattere mai domo e alla sua irrituale capacità creativa, doti non comuni per un uomo di Chiesa.
Oggi che le spoglie mortali del vescovo Ruppi stanno per rientrare nella ‘sua’ cattedrale, anticipate dall’arrivo del sarcofago in marmo (cui dedichiamo un video e la gallery), è il caso di riproporre qualche tratto della figura ministeriale di mons. Ruppi.
Premesso che solo gli uomini nullafacenti non incorrono nel giudizio degli altri e non cadono in errore, occorre rilevare che l’azione di prima linea e un certo protagonismo operativo di Ruppi ci hanno lasciato ampie tracce da seguire con estrema attenzione.
La casualità non era per lui, che preferiva invece l’organizzazione e il programma. Egli si lanciava in attività di assoluta valenza sociale, interagiva con le pubbliche istituzioni, sapeva argomentare su ogni tema di interesse pubblico, dispensando preziosi suggerimenti senza trascurare i doverosi ammonimenti. Ruppi era un leader riconosciuto, dentro e fuori la dimensione ecclesiastica, la sua cultura umanistica, condita da un talento smisurato, ne facevano un riferimento per molti.
La sua statura poteva anche arrivare a mettere più di qualcuno in soggezione, e chi non andava a trascorrere una mezza giornata al suo fianco, entrando in confidenza, difficilmente lo avrebbe apprezzato più di tanto, almeno a pelle. Se però c’era da combattere per qualcuno o qualcosa, se c’era da difendere un valore, un territorio, una qualche umana povertà, il vescovo alberobellese scendeva in campo come un guerriero, consapevole dei rischi e incurante delle conseguenze. Sul piano della comunicazione era un maestro, il giornalismo era la sua prima natura, la scrittura il suo piatto forte.
La visita di San Giovanni Paolo II a Lecce nel 1994 dimostrò plasticamente la caratura del personaggio, fu un evento di popolo, celebrato alla grande in quel tempo e ricordato alla grande ancora oggi.
Sul piano della riorganizzazione della Chiesa locale e sul coordinamento delle attività pastorali Cosmo Francesco Ruppi non ebbe uguali, il sinodo diocesano fu fonte di ispirazione e di armonia intellettuale per un intero territorio. Il vescovo fu in grado di individuare con abilità inaudita un punto di contatto, una sintesi audace tra Chiesa e comunità civile, tra laici e chierici, tra credenti ferventi e credenti tiepidi, e perfino oltre i confini del credo cristiano.
Ogni occasione per Ruppi era una buona occasione per metterci dentro le “cose te Ddiu” come avrebbe detto il suo collaboratore silenzioso mons. Franco Lupo, mirabile poeta leccese. Insomma Ruppi era un osservante dell’inosservanza culturale di questo mondo. Il suo ritorno a Lecce era doveroso, negarlo non avrebbe avuto senso nel cuore della Chiesa.
Ieri e oggi, i grandi e i piccoli, i buoni e i cattivi, oltre la soglia mortale, sono tutti uguali.