La Giornata del seminario diocesano. ‘Essere nell’animo’ con gli altri e per gli altri

La Giornata del seminario diocesano. ‘Essere nell’animo’ con gli altri e per gli altri

articolo ripreso da portalecce

La Giornata del Seminario, aiutandoci a riscoprire che la vita di ogni persona è una vocazione ci rinvia alla consapevolezza che essa è inseparabile dalla missione, come ricorda Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, al n.273.

 

 

Abbiamo chiesto ai seminaristi del seminario maggiore della nostra diocesi di commentare brevemente i vocaboli-chiave che utilizza il Papa in questo passaggio dell’esortazione apostolica.

Papa Francesco scrive: «La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l’infermiera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nell’animo, quelli che hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri».

«Essere con gli altri e per gli altri»: ogni chiamata non è mai fine a se stessa, non è un traguardo o una meta, ma un essere continuamente inviati presso la realtà nella quale le donne e gli uomini del nostro tempo possano scoprire il loro essere popolo, non massa senza volto, attraverso quei gesti di Vangelo che sgorgano dal rapporto vivo con Gesù. Come ricorda Giuseppe Ferraro (I anno) «La missione è la gioia di credere nella “bella novella”, la gioia di conoscere Dio come Padre, fare esperienza di questo immenso progetto d’amore fatto carne e relazione in Cristo Gesù che ha dato sé stesso per tutti noi, e nella nostra povertà essere il riflesso di questo atto di donazione per infiammare i cuori». Una missione che nel gesto del dono autentico lascia brillare la luce che viene da Dio: «”Voi siete la luce del mondo”. Un battezzato che vive il Vangelo, testimoniando l’autentico incontro con Cristo, – sottolinea Damiano Gianfreda (I anno) – diventa luce in famiglia, a lavoro, a scuola, tra gli amici e in parrocchia».

Rispondere alla chiamata di Dio, come sottolinea Carlo De Giorgi (I anno), ci fa scoprire che «Abbiamo sempre modo di riconoscerci beneficati da Dio. Abbiamo la possibilità di scorgere su di noi il suo sguardo benevolo e scoprirlo quale Padre amorevole e attento ai bisogni spirituali e materiali dei suoi figli».

In questo senso «trovare la missione specifica a cui Dio mi chiama vivifica la mia identità e le mie relazioni» (Andrea Rizzo, II anno).

Nelle relazioni vivificate che nascono dal rapporto con Gesù emerge il significato della parola “sollevare” utilizzata dal santo Padre: «Siamo chiamati a togliere reciprocamente i macigni che gravano su ciascuno per renderlo felice, senza distinzioni, considerando tutti come oggetto dell’infinita tenerezza del Signore», evidenzia Enrico De Leo (II anno).

Raggiunti dall’amore di Dio e da esso guariti si può diventare capaci di prendersi cura, infatti, anche delle ferite del prossimo, come ricorda Marco Liaci (II anno):  «Guarire è il verbo di Gesù che viene incontro a noi quando siamo caduti, siamo ciechi, abbagliati da tutte le situazioni difficili che ci allontanano dal nostro compagno di viaggio, quando siamo sordi, non ascoltatori della voce del Salvatore che ogni giorno viene e ci prende per mano».

Da qui si scopre anche che la vocazione in quanto risposta all’amore di Dio nel dono è libera e liberante, secondo Gianmarco Sperani (IV anno) infatti, «tutti coloro che sono chiamati dal Signore – e lo siamo tutti – hanno questo impegno: liberare la vita, farla volare, darle tutto lo spazio di cui ha bisogno perché si esprima al meglio».

Il servizio allora non diventa mero attivismo, evidenzia Antonio De Nanni (VI anno), poiché «essere servi di Dio vuol dire essere santi, vuol dire essere come Maria, la serva del Signore».

La vocazione, infine, ci lascia intravvedere, sottolinea Simone Politi (IV anno), che «ogni persona è un dono unico di Dio all’umanità, Dio è sempre originale, è un sapiente architetto che non fa le cose in serie ma che ci fa tutti diversi l’uno dall’altro, Dio dà a ciascuno delle doti».

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