“La famiglia educa alla custodia del creato”

“La famiglia educa alla custodia del creato”

Messaggio

per la 8ª Giornata per la custodia del creato
1° settembre 2013

«La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demolisce con le proprie mani» (Pr 14,1).
Questa antica massima della Scrittura vale per la casa come per il creato, che possiamo custodire e
purtroppo anche demolire. Dipende da noi, dalla nostra sapienza scegliere la strada giusta.
Dove imparare tutto ciò? La prima scuola di custodia e di sapienza è la famiglia. Così ha fatto
Maria di Nazaret che, con mani d’amore, sapeva impastare «tre misure di farina, finché non fu tutta
lievitata» (Mt 13,33). Così pure Giuseppe, nella sua bottega, insegnava a Gesù ad essere realmente
«il figlio del falegname» (Mt 13,55). Da Maria e Giuseppe, Gesù imparò a guardare con stupore ai
gigli del campo e agli uccelli del cielo, ad ammirare quel sole che il Padre fa sorgere sui buoni e sui
cattivi o la pioggia che scende sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 5,45).
Perché guardiamo alla famiglia come scuola di custodia del creato? Perché la 47ª Settimana Sociale
dei Cattolici Italiani, che si svolgerà dal 12 al 15 settembre 2013 a Torino, avrà come tema: La
famiglia, speranza e futuro per la società italiana. Nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del
Concilio Vaticano II, poi, rileggiamo la costituzione pastorale Gaudium et spes, che alla famiglia,
definita «una scuola di umanità più completa e più ricca», dedica una speciale attenzione: essa «è
veramente il fondamento della società perché in essa le diverse generazioni si incontrano e si
aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa ed a comporre
convenientemente i diritti della persona con le altre esigenze nella vita sociale» (n. 52).
In questo cammino ci guida il luminoso magistero di Papa Francesco, che ha esortato più volte, fin
dall’inizio del suo pontificato, a «coltivare e custodire il creato: è un’indicazione di Dio data non
solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il
mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti… Il
“coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato,
riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata
all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma
soprattutto lo vediamo nell’uomo… Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità
comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da
rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non
serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli
scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte
persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione» (Udienza Generale, 5 giugno 2013).
«Come la famiglia può diventare una scuola per la custodia del creato e la pratica di questo
valore?», chiede il Documento preparatorio per la 47ª Settimana Sociale. Come Vescovi che hanno
a cuore la pastorale sociale e l’ecumenismo, indichiamo tre prospettive da sviluppare nelle nostre
comunità: la cultura della custodia che si apprende in famiglia si fonda, infatti, sulla gratuità, sulla
reciprocità, sulla riparazione del male.
Gratuità. La famiglia è maestra della gratuità del dono, che per prima riceve da Dio. Il dono è il suo
compito e la sua missione nel mondo. È il suo volto e la sua identità. Solo così le relazioni si fanno
autentiche e si innesta un legame di libertà con le persone e le cose.
È una prospettiva che fa cambiare lo sguardo sulle cose. Tutto diventa intessuto di stupore. Da qui
sgorga la gratitudine a Dio, che esprimiamo nella preghiera a tavola prima dei pasti, nella gioia
della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la parsimonia nell’uso dell’acqua, la lotta contro
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lo spreco, l’impegno a favore del territorio. Viviamo in un giardino, affidato alle nostre mani.
«L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e attua la dimensione di trascendenza», ricorda
Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 34), in «una gratuità presente nella sua vita in molteplici
forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica
dell’esistenza».
Reciprocità. La famiglia ha una importanza decisiva nella costruzione di relazioni buone con le
persone, perché in essa si impara il rispetto della diversità. Ogni fratello, infatti, è una persona
diversa dall’altra. È in famiglia che la diversità, invece che fonte di invidia e di gelosia, può essere
vista fin da piccoli come ricchezza. Già nella differenza sessuale della coppia sponsale che genera la
famiglia c’è lo spazio per costruire la comunione nella reciprocità. La purificazione delle
competizioni fra il maschile e il femminile fonda la vera ecologia umana. Non l’invidia (cfr Gen
4,3-8), allora, ma la reciprocità, l’unità nella differenza, il riconoscersi l’uno dono per l’altro.
«Questa era la nostra gara – attesta San Gregorio Nazianzeno parlando della sua amicizia con San
Basilio Magno – non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo». È la logica della
reciprocità che costruisce il tessuto di relazioni positive. Non più avversari, ma collaboratori. In
questa visione nasce quello spirito di cooperazione che si fa tessuto vitale per la custodia del creato,
in quella logica preziosa che sa intrecciare sussidiarietà e solidarietà, per la costruzione del bene
comune.
Riparazione del male. In famiglia si impara anche a riparare il male compiuto da noi stessi e dagli
altri, attraverso il perdono, la conversione, il dono di sé. Si apprende l’amore per la verità, il rispetto
della legge naturale, la custodia dell’ecologia sociale e umana insieme a quella ambientale. Si
impara a condividere l’impegno a “riparare le ferite” che il nostro egoismo dominatore ha inferto
alla natura e alla convivenza fraterna. Da qui, dunque, può venire un serio e tenace impegno a
riparare i danni provocati dalle catastrofi naturali e a compiere scelte di pace e di rifiuto della
violenza e delle sue logiche. È un impegno da condurre avanti insieme, come comunità, famiglia di
famiglie. Perché i problemi di una famiglia siano condivisi dalle altre famiglie, attenti a ogni
fratello in difficoltà e ogni territorio violato. Con la fantasia della carità.
Un segno forte di questa cultura, appresa in famiglia, sarà infine operare affinché venga custodita la
Sacralità della domenica. Anche “il profumo della domenica”, infatti, si impara in famiglia. È
soprattutto nel giorno del Signore che la famiglia si fa scuola per custodire il creato. Si tratta di una
frontiera decisiva, su cui siamo attesi, come famiglie che vivono scelte alternative. La preghiera
fatta insieme, la lettura in famiglia della Parola di Dio, l’offerta dei Sacrifici fatti con amore rendano
profumate di gratuità e di fraternità vera le nostre case.
Roma, 7 giugno 2013
Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù
LA COMMISSIONE EPISCOPALE
PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO,
LA GIUSTIZIA E LA PACE
LA COMMISSIONE EPISCOPALE
PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO

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