” La loro speranza resta piena di immortalità ” (sap3.4)

” La loro speranza resta piena di immortalità ” (sap3.4)

Data: 14/08/2010

Omelia per la solennità dei Beati Antonio Primaldo e Compagni martiri Cattedrale Otranto 14 agosto 2010

1. A tutti voi fratelli e sorelle “grazia e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” ( 1Cor1,3 ). Accogliete il mio saluto ricco di gioia e di gratitudine per essere con voi a celebrare la solennità del martirio dei vostri, nostri Beati Martiri.

Al vostro degnissimo Pastore l’Arcivescovo Donato, mio fratello nella comune passione per il Regno di Dio, la gratitudine affettuosa per avermi voluto a presiedere questa Eucaristia. Possa l’intercessione dei nostri Martiri accompagnare e rendere operoso, fecondo e testimoniante il suo ministero episcopale in questa Chiesa.

Ai presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, l’invito ad accompagnare, nella fedeltà generosa e sollecita, il ministero del vescovo, economo della grazia divina in questa Chiesa a lui affidata.

Al Sindaco di questa città benedetta dal sangue dei suoi martiri, il mio saluto e il mio augurio perché questa città-ponte possa diventare sempre più luogo di dialogo e di pace fra i popoli dell’Occidente e dell’Oriente.

Alle autorità tutte il mio deferente e cordiale saluto.

Non posso non narrarvi, se possibile, tutto il mio stupore, ammirato, sorpreso, incuriosito e rapito nel contemplare, per la prima volta come presidente di questa santa assemblea, la bellezza e la varietà armoniosa del meraviglioso scrigno di fede e di vita che è questa Basilica Cattedrale, ecclesia maior et mater della intera comunità diocesana. Le pietre che la compongono incastonate in una bellezza che affascina, le tessere di questo mosaico unico nella sua bellezza e nel suo messaggio, sono sante e Sacre perché bagnate dal sangue del Pastore Stefano e di uomini, donne, bambini, Sacerdoti che nel tempio santo, avevano cercato l’ultimo bastione da opporre alla furia devastatrice e implacabile dell’esercito ottomano.

Il Sacrificio dei vostri antenati che hanno scelto la difesa della fede usque ad effusionem sanguinis, deve continuare ad essere non semplice ricordo di una pagina gloriosa della vostra storia, della vostra Cattedrale con le reliquie dei Beati Martiri. Questa fede che rifulge come perla e gemma preziosa oggi appartiene ed è consegnata a voi con l’alto prezzo del sangue offerto e donato. Dunque non può e non deve perdere i suoi connotati, la sua vivacità adagiandosi nella monotona ripetitività di gesti, di formule, di liturgie assopite, di ipocrite e falsificanti testimonianze che sanno pagare prezzi alti e conturbanti asservimenti a mode, a culture che svendono il Signore Dio per offrirsi ai nuovi idoli che pagano nell’immediato, depistando e disorientando molti credenti, a volte cani muti e sentinelle addormentate a fronte del chiasso assordante dei tanti imbonitori che mettono sul mercato i prodotti dell’ipocrisia acquiescente e assolutoria.

2. Nella celebrazione solenne del martirio dei Beati Antonio Primaldo e compagni, risuonano in tutta la loro verità e forza le parole che abbiamo ascoltato dal libro della Sapienza: ” Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà… Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena di immortalità “. ( Sap3,1.4 )

Da oltre cinquecento anni questa Santa Chiesa di Otranto celebra la testimonianza di amore supremo e di fedeltà che ottocento vostri concittadini hanno saputo donare a Cristo, di fronte alle lusinghe e alle minacce di Acmet Pascià, preceduti in questo dalla intrepida fede del venerando Pastore Stefano Pendinelli che in questa Cattedrale qualche giorno prima del tremendo eccidio, aveva conosciuto la morte dalla violenza barbara degli assalitori.

Otranto ha pagato più di altre città esposte alle incursioni, la sua fedeltà a Cristo. Penso alla terra delle mie radici che fino allo scorso anno mi ha avuto come pastore: all’eccidio perpetrato a Vieste da Dragut il 15 luglio 1554. Vennero trucidati e decapitati sull’ancora visibile roccia detta Chianca Amara, centinaia di anziani, inabili, donne e bambini, Sacerdoti. Nè è da sorvolare il Sacco dei Turchi nella città di Manfredonia nel 1620, quando l’antica Cattedrale angioina venne data alla fiamme e rasa al suolo insieme al confinante monastero delle Clarisse con religiose violentate e trucidate..

Faccio mie le parole con le quali il servo di Dio Giovanni Paolo II si rivolse a tutti voi nel memorabile 5 ottobre 1980 all’inizio dell’omelia : “Mi ha fatto venire qui ad Otranto il ricordo dei Martiri. Mi ha fatto venire qui la venerazione verso il martirio, sul quale, sin dall’inizio, si costruisce il Regno di Dio, proclamato ed iniziato nella storia umana da Gesù Cristo”.

Risuonano ancora per noi oggi le parole di Antonio Primaldo davanti ad Acmet Pascià: “Fratelli, avete ascoltato a quale prezzo ci viene proposto di comprare gli avanzi di questa misera vita. Fino ad oggi abbiamo combattuto per difendere la patria, ora è tempo di combattere per salvare le nostre anime per nostro Signore, il quale essendo morto per noi in Croce, conviene che noi moriamo per lui stando saldi e costanti nella fede: e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la corona del martirio”.

Hanno tenuto fede alla fede.
Hanno dato la vita per Cristo
Hanno reso la suprema testimonianza di amore a Cristo.

I tormenti, gli insulti, la feroce decapitazione, non hanno scalfito l’indomabile coraggio dei Beati Martiri. Una ininterrotta e concorde tradizione ci narra che il tronco di Antonio Primaldo, decapitato per primo – nonostante lo sforzo dei Turchi per abbatterlo – rimase in piedi, ritto. Cadrà solo quando l’ultimo dei Martiri verrà decapitato. Quasi un prodigio, un ricordare a tutti che la fedeltà a Cristo può essere spezzata nella carne dalla violenza ma non può piegarsi.

I Beati Martiri hanno sperimentato nella loro carne l’avverarsi della parola di Gesù: ”Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” ( Lc 21,17). “I Martiri di Otranto – ha detto in questa Basilica Cattedrale Giovanni Paolo II – accettando la morte, hanno dato la loro vita per Cristo. E in questo modo hanno reso una particolare testimonianza a Cristo”.

3. Quale messaggio per noi dai questa testimonianza?

I martiri hanno pagato con la loro vita la fedeltà a Cristo. Non hanno barattato con la incolumità della vita fisica la fede che riconosceva in Cristo e nella sua parola l’unica verità. Non le minacce, non le lusinghe, hanno potuto piegare l’indomita fortezza che la fede in Cristo Gesù ha dato a vecchi, uomini, donne, bambini, Sacerdoti. Attaccati alla salda roccia che è la fede in Cristo Gesù erano ben convinti che la vera libertà non veniva dalle effimere promesse dell’invasore ma dalla sua parola: “La verità vi farà liberi “.

A volte mi sembra di dover prendere tra le mani la lampada di Diogene per tentare di scoprire nella fitta tenebra i frammenti di verità che necessitano di essere raccolti perché emergano, escano allo scoperto ed entrino nella trama della storia umana bisognosa di trovare indicazioni certe in un momento in cui brancola e diventa schiava e asservita ai vari e interessati signori di turno.

Le odierne, suadenti schiavitù lacerano e indeboliscono la professione della verità che domanda nuovi martiri, nuovi testimoni. Nella Chiesa oggi avvertiamo più che mai il bisogno di un sussulto di santità, un di più di amore a quella Verità che ci fa liberi. Anche tra noi, prima di puntare fuori l’indice accusatorio, ci si adatta. Aumenta il conformismo alle mode e alle conquiste che non chiedono spese eccessive di fedeltà e di autenticità. Ci accontentiamo delle basse quote. Di sicuro il desiderio di puntare in alto non ci è estraneo, ma la fatica ci spaventa. Accettiamo quello che ci offre la giornata e l’andazzo dei più. Purtroppo non ci spaventano le acquiescenze, le ipocrisie, le facili autoassoluzioni, i compromessi.

A noi che abbiamo raccolto il testimone degli Ottocento Martiri, viene chiesto la trasparenza e la credibilità della testimonianza, del nuovo martirio. Certo non il martirio della carme e del sangue ma quello della quotidiana fedeltà a Cristo e alla Parola che in modi diversi tutti noi siamo chiamati ad annunziare. Per questo compito e per questo singolare ministero ci accompagna l’esempio e l’intercessione dei Martiri Antonio Primaldo e compagni.

4. Sarebbe facile denunziare le ipocrisie e la disSacrazione della verità che molto spesso si evidenziano all’interno dei gruppi sociali e delle istituzioni preposte al servizio della  polis . E’ storia quotidiana quella che mortifica la dignità di tanti che sono costretti a superare steccati e personalismi delle varie consorterie che privilegiano interessi egoistici. Non è difficile constatare la crisi di etica nel mondo politico ed economico, aumenta sempre più il disagio di noi credenti di fronte all’esasperazione dei toni e dei compromessi a cui assistiamo, che dimenticano le reali esigenze del Paese, gli interessi vitali e le attese dei giovani e delle famiglie.

Di fronte a questo triste spettacolo non possiamo relegarci all’immobilità e alla rassegnazione. Sant’Agostino buon conoscitore della città degli uomini perché ben conosceva la città di Dio, ci esorta: “ Voi dite: sono tempi difficili, sono tempi duri, tempi di sventure. Vivete bene e con la vita buona cambiate i tempi: cambiate i tempi e non avrete di che lamentarvi”.

Per noi credenti il cambiamento, la conversione è condizione essenziale perché emerga il servizio e la testimonianza alla verità.

Compito arduo, non sempre remunerante. Ecco perché la testimonianza diventa martirio.

Non possiamo arretrare, né possiamo pensare di accampare privilegi. Gesù ci ha ricordato quale è la normale condizione dei suoi discepoli nel mondo e i Beati Martiri continuano a ricordarla a noi che desideriamo essere loro imitatori nella fedeltà a Cristo e alla verità della sua Parola: ”Sarete odiati da tutti a causa del mio nome ma con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” ( Lc21,17.19 ).

Solo questo, ma è tanto, è quanto domandiamo al Signore in questo giorno Santo .

I Beati Martiri intercedano per noi e ci ottengano di essere loro imitatori in vita per ritrovarceli compagni nella lode all’Agnello Immolato e con loro aver parte all’albero della vita.

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio