Quo vadis ?
Omelia Ordinazione Presbiterale di Gabriele Giordano e Matteo Vivabene – Ordinazione Diaconale di Andrea Lauriola
 


1. Il 29 giugno 1909 fratel Carlo di Gesù, il Beato Charles de Foucauld scriveva: “Se i discepoli di Gesù avessero potuto scoraggiarsi, quale momento di scoraggiamento sarebbe stato per i cristiani di Roma la sera del martirio di San Pietro e di San Paolo. Ho pensato spesso a quella sera: quanta tristezza, e come tutto sarebbe parso finito se non ci fosse stata nei loro cuori la fede che c’era”.

 

Il martirio di Pietro e Paolo, nelle intenzioni dei persecutori  e della furia omicida del despota imperiale del tempo, doveva segnare la fine della nascente e già vivace comunità dei discepoli di Gesù, l’ebreo che era stato crocifisso dall’acquiescente ignavia del procuratore romano Ponzio Pilato , preoccupato dalla caduta di immagine e di carriera presso Cesare che gli poteva derivare dalle accuse della classe Sacerdotale e dagli anziani di Gerusalemme.

 

Ma la tristezza della comunità giudeocristiana di Roma per il martirio degli Apostoli, era mitigata e risolta dalla forza della fede che Pietro e Paolo avevano alimentato, lodato e desiderato conoscere:  “Rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo…chiedendo sempre nelle mie preghiere che per volontà di Dio mi si apra una strada per venire fino a voi…per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io con la predicazione della parola di Dio” (Rm1,8.10.12).

 

Una fede segnata dalla prova e dalla persecuzione che non poteva  intaccare la sua intrinseca e rasserenante forza. Pietro li aveva formati a tanto: “Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1Pt 1,6-7) .

 

2. A noi, per grazia divina, viene  risparmiata questa forma di tristezza, di angoscia. Nessuna violenza fisica turba la serenità del nostro impegno. Nessuna persecuzione ci priva della gioia di godere della compagnia e della guida di coloro che, nel nome e per autorità di Cristo Gesù, ci accompagnano  e autenticano nella verità la nostra testimonianza e il nostro servizio al Regno. Possiamo confessare la signoria di Cristo senza barattarla o vanificarla con le acquiescenze che depauperano e sviliscono la sua intrinseca ricchezza.

 

Simone di Giovanni  confessa e riconosce in Gesù il Figlio del Dio vivente e Gesù gli cambia il nome. Sarà Pietro e sulla pietra edificherà la sua Chiesa , garantendola dagli assalti degli inferi e affidando a Pietro il potere di legare, di sciogliere e di custodire le chiavi del Regno.

 

La vita di Paolo è una corsa incontro a Cristo, ce lo ha ricordato nel brano della lettera a Timoteo, nella seconda lettura. Egli si protende in avanti verso il Veniente. La sua persona, come la Basilica eretta a Roma in suo onore, è ‘ fuori le mura’. L’autore della lettera agli Ebrei ci parla di una sortita fuori le mura: “Gesù, per santificare il popolo con il suo sangue, patì fuori della porta della città. Usciamo dunque anche noi dalla porta e andiamo verso di lui, sopportando anche noi l’ignominia, perché non abbiamo qui una città stabile ( eterna) ma cerchiamo quella futura” ( Eb13,12-14).

 

3. Quale il senso di questo uscire nell’ottica della missione, scelta di fondo della nostra Chiesa?

 

Tutti conosciamo la bella leggenda del Quo vadis. “ Essa dice, nella sua maniera ingenua e forte, la perenne tentazione della Chiesa di ‘andarsene via da Cristo’ invece che ‘uscire con lui fuori delle mura’. Sarebbe molto bello ed edificante misurare il vero o falso  ‘uscire’ della chiesa sul paradigma dell’andare e dell’uscire di Pietro”. ( A. Levi ).

 

Nella sinagoga di Cafarnao, Pietro a fronte di una disfatta di Gesù, tutti vanno via, regge alla tentazione del ridicolo e dell’abbandono e a Gesù che sembra quasi facilitare e invitare alla fuga con quella domanda: “Forse anche voi volete andarvene? (Gv6,67), risponde con una sorta di sublime incoscienza:“Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv6,68).

 

Fratelli e sorelle, nella gioia del dono grande che il Signore oggi sta facendo alla nostra Chiesa, guardiamo, ammiriamo e veneriamo la santità sicura ed eroica e l’amore appassionato e dedicato in modo totale a Cristo e alla causa del suo Vangelo dei Beati Apostoli Pietro e Paolo. La tentazione della fuga o del nasconderci  o camuffarci, pagando alle mode e alla cultura dominante non con soldoni ma con spiccioli mistificanti, il prezzo delle nostre paure e dei nostri calcoli, ci prende e talvolta ci vede soccombenti. Tendiamo le nostre orecchie e in quei momenti di sciocchi e bassi tradimenti , risuonerà anche per noi, come per Pietro la parola dei Maestro divino: Quo vadis? Dove vai?

 

L’intercessione e la protezione dei nostri Santi è garanzia sicura perché la debolezza e fragilità con cui tante volte professiamo la fede in Cristo Gesù, sia superata e vinta  dalla certezza di averli compagni di viaggio qui in terra e garanti e avvocati in cielo.

 

4. Tre nostri fratelli e figli, oggi dicono a Gesù la loro fedeltà, il loro impegno, la generosa gratuità alla causa del Vangelo.

 

Professano davanti a tutti noi:

 

Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!

 

Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene.

 

Signore, vogliamo combattere la tua buona battaglia.

 

Signore, la parola e il messaggio che oggi ci affidi non fonderanno la loro efficacia e la loro forza sui discorsi persuasivi di sapienza umana, ma sulla manifestazione del tuo Spirito e della tua potenza (cf.1Cor2,3-4).

 

Signore Gesù, davanti a questa Santa Chiesa che ci ha generati alla fede e oggi ci costituisce annunziatori della tua parola e dispensatori dei tuoi misteri santi, facci dono del tuo Spirito e in abbondanza, perchè sappiamo annunziare la tua parola, in ogni occasione opportuna e importuna, rifuggendo dal prurito delle novità, esortando con magnanimità, dolcezza e sapienza (cf2Tm4,2-3).

 

Rendici capaci di vigilanza attenta sul nostro dire, sul nostro fare, sul nostro . Che non ci spaventi la sofferenza.

 

Che per mezzo nostro si compia l’annunzio del vangelo e con li tuo aiuto fa che adempiamo al ministero, mai dimentichi dell’ammonizione che in modo solenne e pubblico , attraverso le parole del tuo servo, che hai posto a reggere questa  Chiesa, il nostro pastore, ci rivolge:

 

“Credi sempre ciò che proclami,

 

insegna ciò che hai appreso nella fede,

 

vivi ciò che insegni “

 

“Renditi conto di ciò che farai,

 

imita ciò che celebrerai,

 

conforma la tua vita

 

al mistero della croce di Cristo Signore”.

 

5. Caro Andrea, oggi sei conSacrato diacono per l’annunzio della Parola, per servire all’altare nella Santa Chiesa e per il generoso servizio della carità verso i poveri e i deboli.

 

Che ti accompagni il tuo Santo patrono nel desiderio mai domo di conoscere e sapere il luogo dove abita il Cristo. Non soltanto per te ma per andare a raccontare a Simone e ai tanti che incontrerai nel tuo cammino: ‘Ho trovato il Messia, il Cristo.

 

Non puoi dimenticare, carissimo Gabriele, scelto per il Sacro ordine del presbiterato, che nomen est omen. Ti chiami e sei costituito annunziatore della parola che salva. Non aver paura. Dovrai confessare la signoria di Cristo. Dovrai essere sempre pronto ad andare per annunziare, nella fedeltà e nell’obbedienza che solo in Gesù c’è salvezza, memore delle parole dell’angelo ( penso, il vangelo di Matteo non lo dice, che sia ancora lui, il tuo Gabriele ) a Giuseppe: “Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt1,21).

 

Con te, carissimo Matteo, da oggi Sacerdote di Cristo Signore, il Maestro ha dovuto rimandare e attendere, per passare davanti e farsi notare dal banco dove sedevi per i progetti della tua vita. A differenza del tuo santo patrono, il banco non era quello delle imposte. Ne hai cambiati diversi. Ti è passato davanti e ti ha detto: Seguimi. Ti sei alzato, lo hai seguito. Ora egli, il Cristo, ti vuole con sé per stare con lui e andare ai fratelli. Dovrà essere sempre così per te, per noi Sacerdoti, per tutti. Dobbiamo stare con lui   per essere da lui mandati a predicare e ad annunziare che il regno è vicino e domanda la conversione e l’accoglienza del vangelo nella fede.

 

6. Con il Vescovo, con i presbiteri, con i diaconi, fratelli tutti, sorelle, rendiamo grazie al Signore per gli operai che sceglie nella sua vigna data a lavorare a noi. Pone con una certa frequenza il suo sguardo d’amore su questa nostra Chiesa, non per nostri meriti, ma per la gratuità del suo amore e della sua scelta.

 

Difatti lungo la strada che da Nazaret porta a Gerusalemme e al Cenacolo ce ne sono già altri nove. Mettiamoli nel cuore della nostra preghiera.

 

Dobbiamo dire grazie al Signore e la nostra gratitudine dovrà significare per tutti noi un rinnovato impegno di fedeltà, di disponibilità, di servizio generoso, di offerta e di condivisione serena della Croce del Signore Gesù.

 

Noi preghiamo per voi. Aiutateci e sosteneteci con la vostra preghiera, con il vostro amore, con il vostro starci accanto. Dio ve ne renderà merito perché non avete lasciato soli gli operai della prima ora.

 

“A colui che ha il potere di confermarvi

 

secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo,

 

secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni,

 

ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche,

 

per ordine dell’eterno Dio , a tutte le genti

 

perché obbediscano alla fede,

 

a Dio che solo è sapiente,

 

per mezzo di Gesù Cristo,

 

la gloria nei secoli dei secoli.

 

Amen “.

 

( Rm16,25-27).

 

 


30/06/2007 S.E.R. Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio

Pubblicazione TESTI E DISCORSI DI MONS. DOMENICO D’AMBROSIO