LO SPIRITO DEL SIGNORE È SU DI ME

LO SPIRITO DEL SIGNORE È SU DI ME

Riflessioni e orientamenti sul Sacramento della cresima

 

INTRODUZIONE

1. L’idea di una riflessione ampia, con offerta di sicuri riferimenti teologici accompagnati da indicazioni pastorali con valore normativo per la nostra Chiesa di Termoli-Larino, sul Sacramento della cresima, scaturisce dal bisogno di fare un po’ di chiarezza su un Sacramento che nella nostra prassi pastorale è relegato, per molti versi, al rango di cenerentola o a quello del parente povero costretto a subire la superiorità dei parenti più ricchi (gli altri Sacramenti). La cresima è ancora sottoposta a una forma di svalutazione evidenziata da una mentalità diffusa tra noi che non assegna a questo Sacramento una sua originalità e una ricchezza, come conferma la sua pratica estrapolazione dall’itinerario dell’iniziazione cristiana.

 

2. Mi rendo conto che non è questo 1’ambito in cui affrontare le incoerenze e contraddizioni che 1’attuale prassi pastorale del conferimento della. cresima evidenzia.

Desidero, però, di fronte al disagio che a volte si trasforma in autentica sofferenza, quando mi trovo davanti a ragazzi, giovani e adulti che si accostano al Sacramento privi di una adeguata e seria preparazione, invitare tutti voi a una revisione e a una conversione della prassi pastorale della cresima.

 

3. Questa della preparazione dei giovani e adulti in prossimità del matrimonio è un problema antico e non ancora risolto nella nostra Chiesa come anche in altre Chiese italiane.

Nonostante lodevoli iniziative, ne ho vissute e tentate diverse nella mia ventennale esperienza di parroco, ne incontro tante, grazie al diuturno impegno di tanti nostri Sacerdoti, devo riconoscere che una inventiva pastorale capace di solidi itinerari che stimolino un recupero della consapevolezza cristiana e della pratica ecclesiale dei giovani adulti che sono alle soglie del matrimonio, non emerge ancora con chiarezza.

 

 

IL CAMMINO STORICO-LITURGICO

Fino al concilio Vaticano II

4. Uno sguardo necessariamente sintetico dell’itinerario e dell’evoluzione del Sacramento della cresima, non può prescindere né può essere isolato dall’iniziazione cristiana, termine con il quale la Chiesa ha tenuto a designare i Sacramenti del battesimo, della cresima e dell’eucarestia «ricevuti da chi si impegna ad essere inserito Sacramentalmente nel corpo ecclesiale. I primi due Sacramenti sono conferiti una sola volta, perché costituiscono l’essere e l’origine cristiano; il terzo, dato una prima volta come la loro fonte, è ripetuto come Sacramento di costruzione continua della Chiesa»[1].

 

5. Le incertezze e incoerenze che, a un attento e motivato approfondimento, si manifestano nell’attuale prassi celebrativa del Sacramento della cresima, derivano dalla sua storia un po’ intricata.

Per alcuni secoli i tre riti Sacramentali erano parte di un’unica celebrazione: la solenne Veglia Pasquale.

Dall’epoca apostolica fino al V secolo, come testimonia S. Agostino, c’è un’unica prassi di iniziazione applicata agli adulti e ai bambini. Vari documenti, partendo da At 8,14-17, parlano della presenza del Vescovo «dando così al rito il significato non solo di iniziazione alla fede e al mistero di Cristo, ma anche di iniziazione alla comunione ecclesiale»[2]. Si entra nella Chiesa, a pieno titolo, alla presenza del Vescovo, pastore, guida e garante dell’autenticità della fede e della comunione ecclesiale.

Il diffondersi del cristianesimo nelle campagne e la pratica ormai generalizzata del battesimo dei bambini, rende impossibile la presenza del Vescovo ad ogni celebrazione. «Poiché la celebrazione dei riti conclusivi è riservata al Vescovo, si aspetta che egli venga a confermare, sigillare il battesimo, ovvero che i battezzati siano portati alla Chiesa Cattedrale o vi si rechino. quando ne sono capaci. Così lentamente la confirmatio o la crismatio si distacca dalla celebrazione del battesimo, diventa rito autonomo e l’unità dell’iniziazione cristiana è spezzata»[3].

Nel secolo XIII nella Chiesa occidentale (Roma), separata definitivamente la- cresima dal battesimo, va avanti l’approfondimento teologico di questo Sacramento che occupa il secondo posto nell’elenco dei sette Sacramenti. Nel contempo vengono precisati il ministro, la materia e gli effetti. S. Tommaso dirà che la cresima è il Sacramento della confessione della fede cristiana, offre al battezzato la grazia che gli permette il libero accesso agli altri Sacramenti e, in particolare, all’eucarestia; infine lo abilita a compiti particolari nella Chiesa.

Una breve annotazione sull’eucarestia, anch’essa slegata definitivamente, almeno in Occidente, dalla iniziazione cristiana nel secolo XIII (Concilio Lateranense IV, 1215).

 

6. Nell’antica Chiesa non era possibile la partecipazione all’eucarestia, «culmine dell’iniziazione e dell’incorporazione alla Chiesa» (M. Augé) a chi non aveva ricevuto il sigillo dello Spirito.

Oggi questa è un’alterazione spiegabile per motivazioni e contingenze pastorali, ma non del tutto accettabile sul piano teologico.

Mi ha colpito e ha fatto riflettere un giudizio abbastanza duro di un teologo, T. Brosseder, che si aggancia all’osservazione precedente: «L’idea che ad ogni celebrazione eucaristica partecipino due specie di cristiani, quelli imperfetti che hanno ricevuto solo il battesimo e quelli che grazie alla cresima sono vincolati più perfettamente alla Chiesa, in sé è insensata, poiché una comunione con Cristo concessa mediante l’eucarestia non produce due tipi di comunione (e di Chiesa), una meno perfetta e una più perfetta»[4].

Dal Vaticano II

 

7. Nel breve excursus storico-liturgico del Sacramento della cresima abbiamo visto come per diversi

secoli essa è stata parte integrante del rito del battesimo, in seguito si separa rendendo più difficile la ricezione-comprensione della sua reale natura. Oggi, grazie al concilio Vaticano II, la cresima è stata riportata nell’ambito della iniziazione cristiana.

 

8. Nella Costituzione sulla Chiesa, Lumen Gentium, il concilio afferma: «Con il Sacramento della confermazione i fedeli vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dello Spirito Santo, e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere, con la parola e con l’opera, la fede come veri testimoni di Cristo»[5].

La cresima, dunque, è vista in stretta relazione con il battesimo.

La svolta storica e la inevitabile anche se indiretta rielaborazione teologica, il concilio la opera mettendo mano. alla riforma liturgica che indica le condizioni per un autentico rinnovamento della prassi celebrativa: «Sia riveduto il rito della confermazione, anche perché appaia più chiaramente la sua intima connessione con tutta l’iniziazione cristiana; perciò è molto conveniente che la ricezione di questo Sacramento sia preceduta dalla rinnovazione delle promesse battesimali»[6].

 

9. La Costituzione apostolica di Paolo VI sul Sacramento della cresima, Divinae Consortium Naturae (= DCN), sottolinea: «Il concilio Vaticano II, nella consapevolezza delle sue finalità pastorali, ha fatto oggetto di particolare cura e attenzione questi Sacramenti dell’iniziazione», dedicando un accurato lavoro «alla revisione delle modalità dei libri liturgici» con l’intenzione di procurare che più chiaramente apparisse «l’intima connessione di questo Sacramento con l’intero ciclo dell’iniziazione cristiana»[7].

 

10 Il Rito della Confermazione (= RC)[8], nella sua Introduzione afferma: «Con il Sacramento della confermazione i battezzati proseguono il cammino dell’iniziazione cristiana».

 

11. Nel Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti (= RICA), si afferma la stessa cosa: di fatti la celebrazione della cresima di norma viene prevista assieme al battesimo anche nel caso di fanciulli battezzati nell’età del catechismo (8/10 anni)[9].

Nella Premessa al Rito della Confermazione si stabilisce l’unita celebrativa della cresima con il battesimo: «I catecumeni adulti e i fanciulli che vengono battezzati all’età di catechismo, appena ricevuto il battesimo, siano di norma ammessi anche alla confermazione e all’eucaristia»[10].

 

12. Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica (= CCC), è su questa linea quando dice: «Dal momento che battesimo, confermazione ed eucaristia, costituiscono un tutto unitario, ne deriva che i fedeli sono obbligati a ricevere tempestivamente questo Sacramento; senza la confermazione e l’eucaristia, infatti il Sacramento del battesimo è certamente valido ed efficace, ma l’iniziazione cristiana rimane incompleta»[11].

 

13. Questa unità celebrativa battesimo-cresima-eucarestia riaffermata e ripetuta, di fatto però disattesa dalla prassi vigente nella Chiesa latina dopo il primo millennio, così viene affermata nella Introduzione: «Per quanto riguarda i fanciulli, nella Chiesa latina, il conferimento della confermazione viene generalmente differito fino ai sette anni circa.

Tuttavia per ragioni pastorali, e specialmente per inculcare con maggior efficacia nella vita dei fedeli una piena adesione a Cristo Signore e una salda testimonianza, le Conferenze Episcopali possono stabilire un’età più matura qualora la ritengano più idonea per far precedere alla ricezione del Sacramento una congrua preparazione»[12].

La Conferenza Episcopale Italiana in merito ha fissato 1’età di 12 anni.

 

14. Da questa breve analisi la cresima appare condizionata da una prassi storica travagliata, con alterazioni ancora persistenti, una prassi che ha avuto la sua svolta nella decisione del Vaticano II di riformare il rito perché si evidenzi l’intima connessione di questo Sacramento con tutta 1’iniziazione cristiana. Una svolta forse non ancora compresa, se non addirittura smentita, da talune decisioni pastorali, ma che con un principio di importanza storica che ha creato conseguenze di carattere teologico, liturgico e pastorale quali l’unità dei tre Sacramenti dell’iniziazione cristiana e la revisione del rito con la formula della crismazione che tiene conto «di un desiderio ecumenico» (A. Nocènt) e con la precisazione che in essa viene comunicato lo Spirito Santo.

La cresima è propriamente Sacramento di iniziazione e quindi riguarda la nascita del cristiano, non la sua crescita né la sua maturità o pienezza. «Se, appartiene alla costituzione del cristiano (e i testi conciliari e postconciliari non lasciano alcun dubbio), questi non lo è a pieno titolo senza il nostro Sacramento, nemmeno sul piano linguistico: non è unto di Spirito, quindi non cristiano come Cristo, l’Unto di Spirito Santo»[13].

 

15. Mi sembra opportuno fare mie, anche se in modo problematico, a conclusione di questo excursus liturgico, alcune annotazioni di due liturgisti.

 

– Di fronte alle evidenti contraddizioni che la storia e la prassi del Sacramento presenta, scrive M. Augé: «Se possiamo spiegare le alterazioni in forza di motivi contingenti (pastorali?), sul piano teologico non possono essere accettate. Infatti i Sacramenti vanno visti nella prospettiva cristologica che deve conservare 1’ordine del mistero così come esso si è realizzato in Cristo, e non essere visto soltanto secondo una prospettiva pedagogica»[14].

– Di fronte ai nuovi orientamenti indicati dal concilio e alla nuova prassi inaugurata nel postconcilio (spostamento dell’età e scavalcamento dell’eucaristia), sembra ovvio un ripensamento degli elementi teologici e degli stessi contenuti della catechesi che tenga conto del recuperato rapporto della cresima con il battesimo, dell’unità dei tre Sacramenti dell’iniziazione, del quadro organico dell’iniziazione cristiana. La tradizionale teologia della cresima ha bisogno di essere integrata nel nuovo contesto celebrativo»[15].

 

IL DATO BIBLICO

 

 

16. Fin dalle pagine dell’AT il dono dello Spirito di Dio si manifesta come forza che aiuta gli uomini scelti dal Signore a compiere la missione per cui sono mandati:

– i giudici: trasformati e fortificati dalla potenza dello Spirito, liberano Israele;

– l’unzione conSacra i re per il compito loro affidato; .

– i Sacerdoti sono interiormente e costantemente segnati e purificati dall’azione dello Spirito di Dio;

– i profeti, mossi dallo Spirito, rivelano e annunziano la parola.

 

17. Nel NT l’azione trasformante e vivificante dello Spirito si esprime in tutta la sua pienezza realizzando il disegno di salvezza del Padre nel Figlio: «L’intervento più importante dello Spirito nel NT è quello che provoca l’incarnazione del Verbo eterno… Lo Spirito provoca dunque l’esperienza esistenziale del Verbo eterno nella carne. Nascendo egli riceve le qualità di Messia, Profeta, Re, Sacerdote»[16]. Nella Chiesa è iniziato il tempo ultimo dell’azione dello Spirito.

Luca narra la vita di Cristo nel Vangelo, e negli , Atti mostra nella vita della Chiesa la continuazione delle grandi opere compiute dallo Spirito Santo nell’AT.

Gli scritti paolini e giovannei costituiscono come un approfondimento dell’azione dello Spirito nella, comunità e nella vita del cristiano.

 

 

S. Luca

 

18. Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra (Lc 1,35): l’intervento dello Spirito è all’origine dell’incarnazione del Verbo e si manifesta nei racconti dell’infanzia di Gesù:

Elisabetta fu piena di Spirito Santo (Lc 1,41). Zaccaria fu pieno di Spirito Santo (Lc 1,67). Lo Spirito Santo rivela a Simeone il messia del Signore (Lc 2,25-27).

19. Il racconto del battesimo al Giordano è la rivelazione dello Spirito che Gesù possiede in pienezza dall’inizio della sua esistenza terrena: «Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,21-22).

Gesù è investito della missione profetica del servo di Jahvè che troviamo in Isaia dove il servo è Sacerdote e vittima «oggetto della compiacenza del Padre, poiché assumendo la carne ha la possibilità di offrire il Sacrificio totale richiesto dal Padre per la restaurazione dell’Alleanza… Al battesimo del Giordano corrisponderebbe la confermazione che dà all’uomo, divenuto figlio adottivo, la sua missione. Come Gesù ha iniziato la sua missione e la sua testimonianza dopo il battesimo e ha inaugurato il mistero pasquale, così il cristiano si vede designato per compiere la sua missione profetica di annunciatore e di Sacerdote che offre il Sacrificio dell’Alleanza»[17]

 

20. Gesù, pieno di Spirito Santo si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto (Lc 4,1).

Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo (Lc 4,14).

Nella sinagoga di Nazaret gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore Dio è sopra di me…” (Lc 4,17 -18). La missione che Gesù compie nel mondo è sotto il segno e la forza dello Spirito Santo.

 

21. Gesù risorto annuncia agli Apostoli il dono dello Spirito: Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At 1,8).

È lo Spirito che costituirà gli Apostoli in testimoni della verità che è Cristo Gesù.

 

22. La grande epifania dello Spirito che trasforma gli Apostoli e inaugura il tempo della Chiesa è la Pentecoste: At 2,1-4.

La ricchezza e la suggestione dei segni di questo evento sono notevoli:

Un rombo come di vento che si abbatte gagliardo, ci rimanda alla teofania del Sinai (Es 19, 16-25).

– Le lingue come di fuoco richiamano la colonna di fuoco che guida il popolo di Israele «sulla via da percorrere» (Es 13,21-22).

– Infine: Com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? (At 2,8). Non c’è un riscontro nell’AT, ma è la contrapposizione alla confusione di Babele (Gn 11,1-9): il nuovo popolo di Dio è libero da divisioni di razza, lingua o condizioni sociali.

Lo Spirito Santo con i suoi doni accompagna gli inizi del cammino della Chiesa: «L’evento della Pentecoste è destinato a rinnovarsi e a moltiplicarsi nello spazio e nel tempo per la testimonianza di Gesù e la costruzione della comunità ecclesiale nel mondo»[18].

 

23. I credenti ricevono il dono dello Spirito dopo il battesimo. Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati dopo riceverete il dono dello Spirito Santo (At 2,38).

Gli Atti degli Apostoli evidenziano la costante presenza dello Spirito Santo che guida la Chiesa e conferma la sua missione con la potenza della sua azione: La Chiesa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo (At 9,31).

 

 

S. Paolo

24. «La teologia di Paolo appare straordinariamente caratterizzata dalla dimensione pneumatologica ed è dunque fondamentale per la comprensione del ruolo dello Spirito nel mistero Sacramentale della confermazione»[19].

L’essere in Cristo Gesù o in Cristo (formula amata dall’Apostolo: 146 volte), sta a sottolineare l’inserimento vitale in lui, figli nel Figlio: Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6); sì che se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene (Rm 8,9).

«Lo Spirito Santo è detto “Spirito del Figlio” o “Spirito di Cristo” perché è donato attraverso Cristo che lo possiede in modo eminente nella sua umanità glorificata e alla cui partecipazione siamo introdotti dai Sacramenti dell’iniziazione»[20].

 

25. «In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e aver in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria» (Ef 1,13-14),

Siamo segnati in modo indelebile dal sigillo dello Spirito Santo che, strappandoci da un’esistenza profana, ci ha inseriti vitalmente in Dio e ci trasforma in Cristo: «E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati a sua immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).

 

 

S. Giovanni

26. Gesù, è colui che battezza, in Spirito Santo (Gv 1,33), E questo Spirito che Gesù promette la sera del giovedì santo: Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro consolatore, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce (Gv 14,15-16).

Al dono dello Spirito si collega la testimonianza: Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal

Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio (Gv 15,26-27).

La testimonianza dei discepoli sarà come quella di Cristo: Ricordatevi della parola che vi ho detto: un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20).

Ma abbiate fiducia. Io ho vinto il mondo! (Gv 16,33).

 

IL DATO TEOLOGICO

La confermazione: Pentecoste del cristiano

27. Nelle pagine precedenti abbiamo visto l’azione e l’opera dello Spirito nella storia della salvezza, segnatamente nel mistero di Cristo e della Chiesa. Il Sacramento della cresima continua a manifestare le opere mirabili che Dio compie nella Chiesa che è la fase attuale della storia della salvezza.

Nella Costituzione Divinae Consortium Naturae Paolo VI scrive che «il Sacramento della confermazione rende, in qualche modo, perenne nella Chiesa la grazia della Pentecoste»[21] affermazione che viene ripresa dallo schema di omelia che viene proposto dal Rito della Confermazione, laddove dice: «Si rinnova oggi per noi il mistero della. Pentecoste. In quel giorno il Signore mandò sugli Apostoli lo Spirito Santo… E anche se oggi la venuta dello Spirito non è accompagnata da prodigi straordinari, come il dono delle lingue, la fede ci insegna che questo Spirito ci è dato in maniera invisibile .ma reale»[22].

 

28. Nella cresima «si ha la solenne, esplicita celebrazione del dono .dello Spirito, analoga all’effusione primaria e pubblica da parte del Risorto sulla sua Chiesa nel giorno di Pentecoste. Si inaugura la vita del battezzato all’insegna dello Spirito del Risorto. Si celebra comunitariamente la prima e solenne effusione per il battezzato, quasi una nuova Pentecoste del singolo cristiano»[23].

Accade dunque un evento di salvezza: lo Spirito effuso inserisce ogni cresimato più profondamente nel mistero della Chiesa mandata come dono, grazia e proposta vitale, fino agli estremi confini della terra. Lasciarsi coinvolgere dall’avventura dello Spirito significa operare a pieno titolo, per l’edificazione della Chiesa. Oserei affermare che la diversità e la distinzione della cresima dal battesimo sta nel dono dello Spirito profetico, come quello disceso su Gesù al Giordano e sugli Apostoli a Pentecoste.

Mi piace ripetere che la cresima ci obbliga a uscire dall’anonimato e dalla partecipazione massiva al progetto di salvezza che si va ogni giorno strutturando e perfezionando nel regno di Dio e a riscoprire la dimensione profetica che ci destina, con uno speciale ministero, in modo definitivo a testimoniare Cristo.

 

29. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, citando S. Tommaso che parla del carattere di questo Sacramento afferma: «Il carattere perfeziona il Sacerdozio comune dei fedeli, ricevuto nel battesimo, e il cresimato riceve il potere di professare pubblicamente la fede cristiana, quasi per un incarico ufficiale (quasi ex officio)»[24].

 

30. La cresima celebra e attualizza l’evento della Pentecoste perciò inserisce il battezzato nella storia viva della Chiesa che è missione. Si sutura con più forza e profondità il legame del cresimato con la Chiesa, comunità ricca di carismi e profeticamente tesa, all’incontro pieno e definitivo con il suo Signore. E questa dimensione ecclesiale della cresima che motiva il rapporto speciale con il Vescovo, «ministro originario»[25], secondo il Vaticano II, il Rito della Confermazione e il Catechismo della Chiesa Cattolica; «ministro ordinario»[26], secondo il Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Il Vescovo successore degli Apostoli, capo e guida della Chiesa locale, segno e garante di unità e di ortodossia «accoglie personalmente il battezzato nella Chiesa locale, di cui l’assemblea eucaristica o liturgica è realizzazione, suggellando la sua incorporazione alla Chiesa con il dono dello Spirito, quello Spirito donato a Pentecoste e comunicato in seguito dagli Apostoli e dai loro successori»[27].

 

31. Il cresimato, rivivendo il prodigio della Pentecoste, scopre la ricchezza della sua rinnovata dignità profetica e inizia, forte del dono dello Spirito, il suo particolare servizio nella e per la Chiesa.

Fuori di essa la stessa esistenza cristiana del cresimato non ha alcuna possibilità di realizzazione.

Ma è anche la Chiesa tutta a scoprire nella celebrazione di questo Sacramento la sua Pentecoste che, con il dono dello Spirito, la invia al mondo per testimoniare la forza e la presenza del Risorto e per annunziare che siamo chiamati tutti ad essere «un regno di Sacerdoti per Dio Padre».

La confermazione: sigillo dello Spirito

32. «Come il battesimo, di cui costituisce il compimento, la confermazione è conferita una sola volta. Essa imprime nell’anima un marchio spirituale indelebile, il carattere; esso è il segno che Gesù Cristo ha impresso sul cristiano il sigillo del suo Spirito, rivestendolo di potenza dall’alto perché sia suo testimone»[28].

Queste affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiutano a comprendere la cresima nel dinamismo della nuova alleanza.

 

33. La nuova formula della cresima: Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono, mutuata dalla liturgia orientale e che di sicuro manifesta una teologia più ricca del Sacramento, sta a sottolineare più che un segno esteriore (signaculum), un’azione divina che si opera nei nostri cuori, una realtà permanente (sfraghis), compiuta dallo Spirito: è come un sigillo di alleanza, analogo al segno della circoncisione di Abramo che Paolo definisce «quale sigillo della giustizia derivante dalla fede» (Rm 4,11). E un segno che introduce il cresimato come «membro e testimone della nuova alleanza» (C. Rocchetta).

Non è un segno qualsiasi: è permanente, è un marchio indelebile, come quello della circoncisione: apparteniamo a Cristo, abbiamo ricevuto la caparra per il giorno ultimo: «In Cristo avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria» (Ef 1,13-14).

34. La nostra vita è segnata nel suo essere profondo, quasi in modo ontologico, dal sigillo del dono dello Spirito.

È il mistero dell’alleanza voluta dal Risorto per la sua Chiesa con il dono dello Spirito. Una fondamentale appartenenza che sottraendoci all’uso profano, ci sceglie e ci costituisce nella moltitudine dei salvati e ci abilita all’esercizio del Sacerdozio battesimale.

Comprendiamo così la necessità di una catechesi appropriata, teologicamente fondata e interpretata alla luce della prassi liturgica della Chiesa. Esigenze nuove e scelte rispondenti alle mutate situazioni che esercitano un influsso, anche distorcente, nella mentalità e nell’accoglienza delle nostre comunità, non devono mortificare il linguaggio teologico per privilegiare i nuovi programmi pastorali.

 

CELEBRARE LA CONFERMAZIONE

 

 

 

Preparazione

35. È auspicabile una catechesi permanente che non abbandoni il ragazzo o il giovane fin dal tempo del dopo-comunione. Il parroco e i catechisti indirizzino, per quanto è possibile, i ragazzi e i giovani nei gruppi che assicurano, anche per il futuro, continuità nell’educazione cristiana e senso di chiara appartenenza alla Chiesa.

– Ogni parrocchia abbia cura di istituire itinerari catechistici idonei perché i cresimandi possano vivere un’autentica esperienza di Chiesa.

– Gli incontri siano organizzati tenendo presenti le varie possibilità offerte dalle dinamiche di gruppo e privilegino 1’annunzio e la conoscenza di Gesù Cristo e del suo messaggio e del grande segno, che continua a rendere visibile la sua presenza nella storia: la Chiesa.

– Anche per i giovani e gli adulti (ce ne sono ancora tanti nelle nostre parrocchie privi del dono di questo Sacramento!) che desiderano celebrare il Sacramento della cresima è necessaria una adeguata preparazione della durata di un anno, con un incontro settimanale.

 

36. La preparazione è indispensabile anche quando il Sacramento viene richiesto prima del matrimonio. Si faccia tutto il possibile per andare incontro alle giuste esigenze di quanti si trovano in questa situazione, perché non vengano privati dell’aiuto indispensabile atto a condurli al Sacramento non per scadenza anagrafica o per giustapposizione a un altro Sacramento, ma per maturata, anche se tardiva, scoperta di un rinnovato incontro con Cristo. In questi casi si tenga presente che qualora, per la ristrettezza dei tempi, non si potesse assicurare un’adeguata preparazione, si pensi ad alternative che, senza mortificare la legge della Chiesa, garantiscano una maturità di approccio al dono dello Spirito.

 

– La preparazione al Sacramento della cresima si deve svolgere e deve essere seguita nella parrocchia di appartenenza. L’eventuale preparazione, per motivate e valide ragioni, in un’altra parrocchia o nelle varie aggregazioni laicali, deve essere approvata e concordata con il proprio parroco.

– Chi riceve il Sacramento fuori della parrocchia di appartenenza, deve munirsi della dichiarazione, del parroco circa l’avvenuta preparazione.

– La preparazione comincia con la domanda, che i candidati al Sacramento presentano al parroco. È opportuno che in una celebrazione domenicale il parroco insieme ai cresimandi, padrini e genitori, dia inizio al cammino di preparazione insieme alla comunità.

– Nell’itinerario di educazione alla fede, si abbia cura che la catechesi non sia disincarnata dalla realtà della vita.

Si prospettino gesti di solidarietà verso i più poveri, meglio ancora se ci si apre al servizio dei più poveri come gruppo o come singoli che hanno scoperto la propria vita come servizio. Si aiutino inoltre, con sapiente e opportuno discernimento, i ragazzi e i giovani a capire il progetto di Dio nella loro vita.

– In prossimità della celebrazione della cresima è opportuno creare momenti e iniziative che aiutino i candidati a vivere la gioia dell’attesa con una forte esperienza di vita spirituale, ricca di riflessione e di preghiera prolungata e personalizzata.

Per rispondere a questa motivazione si suggerisce la pratica di giornate di ritiro spirituale, di celebrazioni comunitarie della penitenza e di incontri con testimoni adulti e coerenti nella vita di fede.

A queste esperienze, da proporre in momenti diversi dell’itinerario di preparazione, sarebbe opportuno, vagliando le differenti situazioni, invitare i genitori e/o i padrini per i quali non sono da trascurare delle proposte di catechesi accanto ai loro figli.

– Durante l’itinerario di preparazione il Vescovo incontrerà i cresimandi o nelle parrocchie di appartenenza o in una celebrazione nella Cattedrale che raduni tutti i cresimandi per sottolineare il forte legame con colui che accoglie e immette nella pienezza della partecipazione alla vita della Chiesa.

 

 

 

Età

37. Il Codice di Diritto Canonico, a proposito dell’età per poter ricevere il Sacramento della cresima, recita:

«Il Sacramento della confermazione venga conferito ai fedeli all’incirca all’età della discrezione, a meno che la Conferenza Episcopale non abbia determinata un’altra età… o a giudizio del ministro, non suggerisca diversamente una grave causa»[29].

 

38. La Conferenza Episcopale Italiana ha determinato che «l’età da richiedere per il conferimento della cresima è quella di dodici anni circa»[30]. Una norma che nella nostra Chiesa fatica a farsi strada.

 

 

I padrini

39. Il Codice di Diritto Canonico afferma: «Il confermando sia assistito per quanto è possibile dal padrino, il cui compito è provvedere che il confermato si comporti come vero testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso Sacramento»[31].

Il Codice non presenta i padrini con un ruolo liturgico specifico. È una presenza opportuna e significativa e, come scrive un canonista «non è precettiva in modo assoluto». Circostanze e situazioni particolari sono da valutare con maturo e opportuno discernimento e con la saggezza pastorale che ci appartiene.

Il Codice scrive anche: «È conveniente che come padrino venga assunto colui che ebbe il medesimo incarico nel battesimo»[32]. Anche per questa affermazione bisognerà chiedersi se la scelta dello stesso padrino del battesimo è veramente significativa e feconda, ai fini di quell’accompagnamento nella vita di fede che deve essere responsabile consapevolezza del padrino.

 

40. Nel Codice troviamo anche le condizioni per poter esercitare l’ufficio di padrino[33]:

– sia designato dallo stesso cresimando o dai suoi genitori o dal parroco o dal ministro e abbia 1’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico;

– abbia compiuto i sedici anni;

– sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione e il Sacramento dell’eucaristia e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume;

– non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata;

– non sia il padre o la madre del cresimando.

 

41. Spesso, ed è un’esperienza che siamo chiamati ad affrontare nel ministero pastorale, viene disatteso quanto la Chiesa dispone per l’ufficio di padrini ed è motivo di incomprensione o di clamori esagerati, da mettere in pasto all’opinione pubblica, soprattutto quando si tratta di “personaggi”.

È necessario fin dall’inizio illuminare i cresimandi e le famiglie sulla importanza e responsabilità di questa scelta, tenendo presenti alcune indicazioni del Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti che i Vescovi italiani propongono «con valore di forma tipica per la formazione cristiana»[34].

 

42. I compiti che la Chiesa assegna al padrino nel citato Ordo sono così esemplificati: «È compito del padrino mostrare al cresimato con amichevole familiarità la pratica del Vangelo nella vita individuale e sociale, soccorrerlo nei dubbi e nelle ansietà, rendergli testimonianza e prendersi cura dello sviluppo della sua vita battesimale»[35].

Certo a giudicare dalle motivazioni che molto spesso sottendono alla scelta dei padrini e delle madrine, dobbiamo dire che siamo ancora ben lontani da questa visione della Chiesa che è un chiaro invito a dare ricchezza di senso e significato al ruolo di una persona che ha il suo posto nella celebrazione del Sacramento.

Chiarezza di posizioni unita a sapiente saggezza, rispetto e amore verso il dono di Dio, disponibilità e paziente capacità di dialogo con le famiglie, impegno per una catechesi che abbia come destinatari tutti coloro che sono coinvolti nella preparazione e celebrazione del Sacramento, ci aiuteranno ad essere «fedeli dispensatori dei santi misteri per l’edificazione del regno di Dio»[36].

 

43. I parroci, pertanto, si attengano scrupolosamente alle disposizioni della Chiesa nel rilasciare attestati di idoneità che non possono essere trasformati in meri atti formali: impegnano la propria coscienza!

44. La serietà del Sacramento e il valore delle disposizioni richiamate in precedenza, rendono necessaria .la norma seguente che ha valore tassativo: non può esercitare l’ufficio di padrino o di madrina uno che abbia ricevuto il Sacramento della cresima durante la stessa celebrazione.

 

 

La celebrazione

45. Tra i libri liturgici abbiamo un duplice rito della cresima:

 

– il Rito della Confermazione;

– il Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti.

46. La celebrazione del Sacramento della cresima è, in via ordinaria, presieduta dal Vescovo.

Il Vescovo è successore degli Apostoli, ha ricevuto la pienezza del Sacramento dell’ordine, è capo della Chiesa locale. Non è, dunque, la sua presenza motivata da un potere a lui riconosciuto e riservato o da esigenze di solennità. «È un segno espressivo del carattere ecclesiale della cresima e dell’unità della Chiesa in un momento in cui nuovi membri vengono aggregati in modo pieno e definitivo»[37]. La presenza del Vescovo evidenzia che la cresima ha come effetto quello di unire strettamente alla Chiesa, alle sue origini apostoliche e alla sua missione di testimoniare Cristo a coloro che lo ricevono.

47. «La confermazione si conferisce normalmente durante la Messa, perché risalti meglio l’intimo nesso di questo Sacramento con tutta l’iniziazione cristiana, che raggiunge il suo culmine nella partecipazione conviviale al Sacrificio del corpo e del sangue di Cristo»[38]. Si privilegi, nella scelta del giorno, la domenica o date particolarmente significative per la Chiesa universale e particolare.

Si eviti, per quanto è possibile, di unire la celebrazione del Sacramento della cresima ad altri momenti della vita della comunità che rischiano di svilire la ricchezza di questo evento dello Spirito Santo (ad es. le feste patronali).

 

48. La celebrazione abbia «un carattere festivo e solenne, come lo esige l’importanza del suo significato per la Chiesa locale: a questo carattere di solennità contribuirà specialmente una celebrazione comune per tutti i cresimandi. E il popolo di Dio, rappresentato dalle famiglie e dai membri della comunità locale, non solo accoglierà l’invito a partecipare alla celebrazione, ma darà prova concreta della sua fede, dimostrando quali frutti abbia prodotto in esso lo Spirito Santo»[39].

49. Nella celebrazione della cresima è necessario dare risalto ai segni con accorgimenti opportuni

 

– il cero pasquale acceso accanto al fonte battesimale quando si celebra fuori del tempo pasquale;

– il vasetto del crisma che, portato solennemente su di un vassoio durante la processione introitale, si può collocare al centro della mensa o su di una base ornata con lumi e fiori, sì che sia visibile dall’assemblea;

– i testi della celebrazione sono quelli della Messa rituale quando ciò è permesso dal calendario liturgico. Le letture proprie raccolte nel Lezionario, in numero di ventinove, sono insieme catechesi e parte integrante del Sacramento.

– nella Messa rituale il colore delle vesti liturgiche è il rosso o il bianco.

 

 

Schema del rito

50. Liturgia della Parola

La liturgia della Parola si svolge normalmente. Le letture. si possono prendere, tutte o in parte, dalla Messa del giorno o dal Rito della Confermazione.

La proclamazione delle letture è affidata ai lettori istituiti o ai catechisti o ad altri partecipanti alla celebrazione, preferibilmente non ai candidati al Sacramento: la parola di Dio è proclamata ad essi, sono degli ascoltatori.

La presentazione dei candidati, fatta dopo la proclamazione del Vangelo dal parroco o dal catechista, ha un suo preciso significato: è l’incontro personale tra i candidati e il Vescovo. È la presentazione breve e semplice del cammino di preparazione al Sacramento. È da auspicare sempre l’appello nominale dei singoli cresimandi.

L’omelia è il momento nel quale il celebrante presenta il significato del mistero Sacramentale della cresima e dei suoi effetti: il dono e il sigillo dello Spirito, la carità di Dio, l’impegno a testimoniare nel mondo il Signore crocifisso e risorto.

 

51. Liturgia del Sacramento

La rinnovazione delle promesse battesimali è stata voluta dal concilio[40], per sottolineare e confermare il profondo rapporto della cresima con il battesimo «di cui essa è un naturale sviluppo e completamento» (R. Falsini).

Con questo gesto il cresimando davanti al Vescovo e alla sua Chiesa personalizza, fa sua, la fede che altri, i genitori, i padrini, la comunità, in suo nome hanno fatto nel giorno del suo battesimo. La rinnovazione si conclude con il grande Amen, alla proclamazione della fede della Chiesa, fatta dal Vescovo.

– L’imposizione delle mani, che viene fatta dal Vescovo e dagli eventuali presbiteri concelebranti «è un gesto biblico pienamente adatto all’intelligenza del popolo cristiano: con esso s’invoca il dono dello Spirito Santo»[41].

La crismazione: siamo nel cuore della celebrazione, con il segno Sacramentale strettamente detto.

Il cresimando stesso pronunzia ad alta voce, davanti al Vescovo, il proprio nome. Il Vescovo, chiamandolo per nome, unge in forma di croce la fronte del cresimando, con il pollice della mano destra intinto nel santo crisma dicendo: «N., ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono».

Non si deterge il crisma dalla fronte dei cresimati, in quanto l’unzione è parte integrante del segno Sacramentale della confermazione.

Il saluto di pace: «La pace sia con te», rivolto dal Vescovo al neo cresimato, è il saluto del Risorto ai discepoli. Con esso si chiude il rito della cresima.

È bene che durante la crismazione l’assemblea segua in silenzio, sì da percepire la voce del Vescovo che pronunzia la formula rituale. Se i cresimandi sono molti, si può eseguire un canto o un inno allo Spirito Santo, lasciando però degli spazi di silenzio che permettono all’assemblea di seguire la formula Sacramentale.

La preghiera universale o dei fedeli, conclude la liturgia della Parola. Le intenzioni, quelle indicate dal formulario (per i cresimati, per i genitori e i padrini, per la Chiesa, per il mondo intero) o preparate dall’assemblea, siano proposte dal diacono, dal lettore, dal catechista o dagli stessi cresimati.

 

 

52. Liturgia eucaristica

La liturgia eucaristica si svolge nel modo solito. Conviene arricchirla di alcuni gesti significativi perché l’eucaristia risalti come il culmine dell’iniziazione cristiana.

– Alla processione offertoriale, è bene che i cresimati portino i doni all’altare. È vietata qualsiasi processione offertoriale che, per la molteplicità e la non comprensione di certi doni, dia l’impressione di una «parata folkloristica».

Non sono ammessi commenti per presentare i doni. Ci si attenga così alle norme liturgiche stabilite.

«La processione offertoriale non si. trasformi in una passerella per fare “spettacolo”. Si ispiri alla sobrietà limitandosi ai segni dell’eucaristia (pane e vino) e a qualche dono per i poveri. Altri doni possono essere portati prima o dopo»[42]. Bisogna evitare estemporaneità e lungaggini che non si addicono al clima della celebrazione.

– Si consiglia la comunione sotto le due specie per i cresimati. È un gesto «che significa anche sul piano simbolico la piena partecipazione all’eucaristia, quindi alla vita e alla sorte del Signore Gesù»[43].

– Una breve annotazione sulla scelta dei canti e sul coinvolgimento dell’assemblea. Il canto deve essere appropriato alla celebrazione, esaltando in qualche modo i contenuti e le ricchezze proprie del rito.

L’eventuale presenza del coro non può essere a danno dell’assemblea riducendola al silenzio e obbligandola a gustare la bellezza di eventuali raffinate esecuzioni. Il coro non sostituisce la comunità che partecipa alla celebrazione: l’accompagna, la sostiene, l’anima e la stimola.

È bene ricordare, a questo proposito, quanto dice il Vaticano II: «I Vescovi e gli altri pastori d’anime curino diligentemente che in ogni azione Sacra, celebrata anche in canto, tutta l’assemblea possa dare la sua partecipazione attiva»[44].

 

DUE NOTE AGGIUNTIVE

53. Prendo in prestito da un pastore d’anime, una riflessione che offro a tutti voi: «È in atto oggi un fenomeno preoccupante: il consumismo che caratterizza il nostro tempo, tende ad invadere anche la celebrazione. All’interno con la sontuosità degli ornamenti e degli addobbi, all’esterno con consuetudini di sperpero in feste e banchetti, in cui scompare il senso di misura e di sobrietà evangelica»[45].

Una saggia, discreta e insistente educazione dei giovani e delle famiglie ci aiuterà a scoprire la semplicità e bellezza delle nostre celebrazioni.

 

54. È comprensibile e non possiamo demonizzare il legittimo desiderio di poter conservare il ricordo di celebrazioni particolarmente significative, attraverso le immagini. Se siamo chiamati ad onorare una giusta domanda, è anche doveroso saperla controllare per evitare la confusione: «La luce dei flash, i frequenti spostamenti dei fotografi e il loro numero crescente costituiscono spesso un’occasione di tensione con i celebranti, oltre al reale disturbo che recano al buon andamento della celebrazione»[46].

Perciò si raccomanda moderazione e buon senso: sarà il parroco a permettere a un fotografo incaricato di riprendere immagini solo nei momenti più significativi del rito. Bisogna essere decisi su questo punto e far rispettare queste norme con quella chiarezza, che unita a educata delicatezza, genera fermezza.


LA DIMENSIONE VOCAZIONALE DEL SACRAMENTO DELLA CRESIMA

 

55. È indubbio che una lettura completa e omnicomprensiva scopre, nell’itinerario di fede che ognuno di noi è chiamato a percorrere nell’iniziazione cristiana, la dimensione vocazionale che si dipana e si rivela nella pienezza del dono di Dio che facendoci suoi figli con la rigenerazione nell’acqua e nello Spirito, ci coinvolge nell’avventura dello Spirito per l’edificazione della Chiesa e ci nutre con il pane di vita perché nella maturità del dono ci offriamo al mondo come profeti di speranza nuova.

 

56. La vita inizia con una chiamata. Dal nulla, dall’inesistente, l’amore di Dio, chiamandoci, ci fa partecipi della sua stessa vita. Prosegue per una ininterrotta dimensione di ascolto che ci fa suoi discepoli. Sulle strade del mondo non siamo i disadattati e i disorientati, vaganti senza mete e senza certezze: seguiamo un itinerario che ci viene indicato dal Cristo pastore che ci guida ai pascoli della vita, percorrendo i sentieri di ogni uomo con la chiarezza di chi conosce la meta da raggiungere e le strade da scegliere, per non smarrirsi ai tanti incroci che pubblicizzano falsi e ammiccanti percorsi preferenziali.

Il cammino che conduce i nostri ragazzi, ma anche tanti giovani, al Sacramento della cresima, deve aiutarli sia nella catechesi come nella ricca proposta di impegno che ne scaturisce, a scoprire che tutta la nostra vita è vocazione.

 

57. La comunità che nelle sue varie espressioni e competenze accompagna e propone l’itinerario di fede in preparazione al dono dello Spirito, deve aiutare i ragazzi e i giovani a motivare ogni scelta di vita e ogni servizio come risposta di amore a Dio che, camminando lungo i sentieri della nostra storia, chiama e interpella ogni uomo in modo personale e unico.

 

58. Come aiutare a scoprire la chiamata di Dio? Come aiutarli a dare risposte pronte e generose alle situazioni concrete di ogni giorno?

C’è il rischio, conseguenza di una cultura privatistica e di corti orizzonti, di una chiusura negli angusti spazi di interessi e mete personali. Giovanni Paolo II scrive: È molto diffusa oggi una cultura che induce i giovani ad accontentarsi di progetti modesti che sono molto al di sotto delle loro possibilità. Ma tutti sappiamo che, in realtà, nel loro cuore c’è un’inquietudine ed una insoddisfazione di fronte a conquiste effimere; c’è in loro il desiderio di crescere nella verità, nella autenticità e nella bontà; c’è l’attesa di una voce che li chiama per nome[47].

59. Compito e missione di chi educa alla fede è anche quello di riuscire a far emergere e dare espressione, nella specifica caratterizzazione del singolo, alla ricchezza di doti umane e di grazia divina presente nei ragazzi e nei giovani.

Mi sembrano opportune e significative alcune affermazioni del Catechismo dei giovani/1: «C’è una chiamata, una vocazione comune a tutti, radicata nel nostro battesimo: vivere nella libertà dei figli di Dio. Essa però ha davanti a sé strade diverse su cui realizzarsi. Quale sarà il cammino di vita sul quale potremo dare un personale e stabile contributo alla crescita del Regno? Siamo chiamati ad una ricerca seria e impegnativa»[48].

60. È questo il serio impegno con il quale devono misurarsi i nostri adolescenti, i nostri giovani.

Questa tappa importante della loro esistenza non può eludere, ignorare o, nel migliore dei casi, rimandare l’approfondimento della dimensione vocazionale che è costitutiva della vita di ogni uomo.

Un discorso che completa e garantisce con profondità di annuncio e concretezza di testimonianza la piena inserzione nella vita della comunità cristiana, non può sottacere o lasciare alla fatica del singolo, in quel misterioso intreccio del dialogo con Dio che accade nel fluire dinamico dell’esperienza di fede, l’orientamento definitivo della propria vita.

È chiaro, soprattutto per quanti sono impegnati nell’accompagnamento della vita di fede dei nostri giovani, che il discorso vocazionale ha bisogno di essere presentato, motivato, documentato. Non possono gli adolescenti essere lasciati soli nell’ascolto e nella conoscenza della chiamata che potrebbe risultare imprecisa e fuorviante se venisse a mancare una guida sicura nella lettura e nell’opportuno discernimento dei segni che motivano una risposta a Dio.

 

 

Caratteristiche del potenziale vocazionale degli adolescenti’

61. L’adolescenza è una fase di passaggio, che accentua la novità e la scoperta di se stessi. Aumentano gli interessi, gli spazi di libertà e di autonomia.

La domanda sul senso della vita non è superficiale e passeggera: torna con insistenza e cerca risposte convincenti.

È il tempo delle prime grandi scelte che condizioneranno e orienteranno il progetto di vita.

 

62. Una catechesi attenta e partecipe a questo singolare momento che fa emergere la dimensione vocazionale dell’esistenza, avvertirà e privilegerà come suoi compiti prioritari:

 

– l’orientamento della iniziale autonomia e indipendenza propria di questa età;

l’attenzione costante per aiutare i ragazzi a confrontarsi con ideali di vita che li spingano a muovere scelte personali.

«Le mete di una catechesi attenta alla proposta vocazionale dovranno far leva su una religiosità, quella propria dei ragazzi, aperta alla progettualità. E questo per far maturare requisiti vocazionali attraverso l’assunzione dei valori propri della comunità cristiana e dei concreti servizi resi alla comunità stessa»[49].

 

63. Tutto questo comporta che i ragazzi/e siano condotti:

– ad accogliere il messaggio di salvezza come il progetto che Dio offre per la piena realizzazione di sé;

– a riconoscere se stessi, gli altri, il mondo all’interno del grande disegno di Dio;

– a scegliere Gesù facendo proprie le sue scelte e ponendosi nell’ottica del discepolo che segue, ascolta e si lascia ammaestrare;

– a mettere le proprie doti, le proprie capacità, i doni ricevuti a servizio della comunità cristiana che si vuole concorrere a edificare;

– a scoprire la propria specifica vocazione dando risposte concrete di personale impegno nei vari servizi che animano la comunità, rendendola attenta alle urgenze dello Spirito e alle reali necessità dell’ora presente.

Questo itinerario può realizzarsi solo quando l’esperienza di fede, che le nostre comunità propongono, riesce ad educare l’adolescente e il giovane a sentirsi vero e responsabile protagonista di una storia all’interno della quale ci sono altri protagonisti come lui, ricchi di maturità e sorretti da consapevole responsabilità.

 

 

La comunità e la crescita vocazionale

64. La comunità non può limitare il suo compito alla proposta di itinerari catechistici che accompagnano le tappe dell’iniziazione cristiana. Non può bastare la notevole fatica della trasmissione del messaggio, sussidiata dalle tante iniziative che mirano a trasformare il messaggio annunziato in esperienza di vita.

 

65. Il Sacramento della cresima per la maggioranza dei ragazzi segna la fine del rapporto con la Chiesa: non una tappa ma una meta che conclude anzitempo, relegando solo alla fase iniziale, l’incontro con il Cristo che si sperimenta come presenza nella comunità che l’annunzia e lo vive.

È un dato che è sotto gli occhi di tutti: 1’evanescenza, 1’abbandono, la fuga dalla comunità dopo la cresima. Questo ci interroga e ci fa arrivare alla conclusione che il progetto pastorale legato a questo Sacramento non regge più.

66. Dobbiamo riconoscere che la insufficiente consapevolezza della dimensione vocazionale trova il suo atto di accusa nella scarsa e ridotta incisività della esperienza della sequela, «ridotta a una lezione da apprendere e a pochi riti da eseguire… La possibilità di una crescita vocazionale (come consapevolezza e come responsabilità, ma anche come libertà), nei ragazzi affidati alle nostre comunità sta nell’accompagnarli in esperienze dove la comunità cristiana si sbilancia con loro con segni ed esperienze che aprono il cuore e la vita a comprendere e a gustare ogni dimensione della paternità di Dio, della salvezza ottenuta per noi da Gesù, della vita nuova possibile quando si accoglie il Regno che è dei poveri, dei miti, dei misericordiosi, dei costruttori di pace…»[50].

 

67. Una comunità che fa crescere e maturare i ragazzi e i giovani nella dimensione vocazionale della loro esistenza non può che essere una comunità ministeriale. Una comunità cioè che fa nascere e moltiplica i ministeri (liturgia, catechesi, carità nelle sue varie espressioni) e sa trasmetterli e mediarli ai ragazzi. Una comunità che educa alla missione impegnando i ragazzi a risposte personali e responsabili a una chiamata che li renda protagonisti del Regno.

Quando una comunità vive ed esprime la sua ministerialità non come un’aggiunta casuale o ornamentale ma come un dato strutturale e costitutivo della sua esistenza, arricchita e variegata dalla pluralità dei servizi, si propone come luogo sicuro e realtà educativa feconda e attraente per gli stessi ragazzi che si sentono parte viva di. una realtà che li accoglie e li impegna a scoprire la dimensione oblativa della loro esistenza.

 

68. Scaturisce da questa vivacità di impegni e di compiti che riguardano l’ambito educativo della comunità, il richiamo a far sì che, accanto alla grande stagione che ha visto la Chiesa italiana impegnata a ridisegnare e a riproporre in un linguaggio catechistico nuovo il messaggio di sempre, si studi e si persegua 1’approfondimento e la ricchezza del ministero educativo capace di veicolare e rendere accessibile ai ragazzi e ai giovani la dimensione del discepolato, liberandola da quelle paure o pregiudizi che spesso frenano l’approfondimento e la decisione di inoltrarsi nel sentiero della sequela.

«Di fronte a un impegno che vuole investire tutta la vita ci sembra di non avere le forze, di non essere capaci di calcolare tutte le eventualità, di sentir morire dentro di noi la libertà. Le difficoltà che accompagnano una scelta di un certo peso nella vita sono esperienze di tutti gli uomini, ma nella situazione attuale diventano drammatiche. La nostra società non ci aiuta a scegliere… Oggi 1’adolescente non ha di fronte a sé una chiara prospettiva che spinga a crescere e spesso si attarda in scelte parziali e provvisorie»[51].

 

69. Anche da queste constatazioni si evince l’urgenza di spazi e ambiti educativi che facilitino l’eliminazione di confusione, barriere, facili traguardi, mete provvisorie scambiate per definitive, scelte fatte a livello emozionale senza possibilità di dialogo critico, profondo, senza la garanzia di un confronto che aiuta a vagliare, a discernere, senza la possibilità di proposte e servizi che riescano a coinvolgere, in un dinamismo di generosità serena, la vita e le speranze del giovane adolescente.

Il compito, dunque, che deve rimotivare le nostre proposte, arricchire di contenuti nuovi il cammino di preparazione al Sacramento della cresima e offrire percorsi interessanti e percorribili al dopo cresima, deve far leva su una comunità viva, aperta a ministeri diversi dove persone esperte e illuminate si assumono il compito di essere guide sagge che educano a non chiudere il cuore agli impegni generosi e sanno individuare la molteplicità dei germi vocazionali per portarli a maturazione e chiarezza, in vista di scelte definitive al servizio della Chiesa che continua a distribuire,- sotto l’azione dello Spirito, doni e carismi per l’edificazione della casa comune che è il Regno di Dio.

 

70. Concludo questa riflessione con le parole di un esperto di pastorale giovanile:

«Il problema della pastorale vocazionale, della pastorale educativa che sa educare alla consapevolezza vocazionale, inizierà a trovare qualche soluzione convincente quando riusciremo a preparare non solo catechisti, ma “educatori di comunità”, capaci di narrare la loro storia ai ragazzi, condividendo con loro esperienze che sanno dare anima a ogni desiderio, bisogno, attesa della vita di ogni ragazzo delle nostre città; Non è un’anima qualsiasi, ma un’anima evangelica: lo Spirito Santo del Signore che è la legge per avere una vita bella come la vita di Gesù»[52].

 

 

E DOPO?

71. Il dopo cresima è una delle tante questioni difficili e ancora, per molti versi, irrisolte della nostra pastorale. Ci interpella continuamente e ci spinge ad esplorare, attivare, provare iniziative varie per tentare di arginare quella sorta di fuga dalle nostre comunità tipica dei giovanissimi che, dopo aver percorso l’itinerario Sacramentale che si conclude per tanti (non ancora molti in verità!), con la celebrazione del Sacramento della cresima, ci abbandonano nonostante le diversificate proposte che provano a garantire continuità al cammino di fede.

 

72. La scelta dell’Episcopato italiano, richiamata in precedenza, che rimanda «all’età di dodici anni circa» la confermazione, in pratica dopo la prima comunione, è una scelta pastorale che ha di sicuro il pregio di portare fino alle soglie dell’adolescenza il processo di iniziazione, arricchendolo di una ulteriore offerta per la formazione cristiana, anche se, come ho già scritto in precedenza, istituzionalizza in qualche modo il pratico abbandono dell’ordine tradizionale dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Un mio caro amico, teologo esperto e liturgista, con lo stile che gli appartiene, si esprime così:

«Poiché lo Spirito ha battezzato Cristo al Giordano e lo ha confermato in occasione della Trasfigurazione, la confermazione segna dunque il passaggio obbligato tra il battesimo ed il Sacrificio. Questo è proprio del Nuovo Testamento, dei Padri, della liturgia della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, fino alle attuali misure “pastorali” che rovesciano e distruggono l’opera di Cristo che deve ripetersi in noi, posticipando rovinosamente la cresima dopo la comunione.

Solo l’Occidente razionale ed efficientista poteva operare tanta irrazionalità e tanta inefficienza»[53].

 

73. Parole chiare, forse eccessivamente dure, ma che trovano riscontro e conferma ,autorevole nei Praenotanda del Rito della Confermazione: «La confermazione è talmente collegata con l’eucaristia che i fedeli, già segnati dal santo battesimo e dalla confermazione, sono inseriti in maniera piena nel Corpo di Cristo mediante la partecipazione all’eucaristia»[54].

Da queste affermazioni mi sembra scaturisca una conclusione abbastanza chiara: è l’eucaristia e non la cresima il termine vero del processo di iniziazione cristiana, la verifica di una fede adulta e matura, il criterio di appartenenza alla Chiesa, sì che «i problemi del postcresima sono in realtà assai più i problemi sollevati da una effettiva e stabile partecipazione all’eucaristia e alla vita della Chiesa che ne nasce. Il lamento infatti per cui si constata che dopo la cresima invece che un arruolamento alla vita della Chiesa, ha luogo invece una sorta di congedo permanente dalla vita della Chiesa, trova. appunto nell’abbandono della pratica domenicale, dell’eucaristia dunque, il suo accento concreto»[55].

 

74. Credo che questa annotazione spinga, noi responsabili primi del cammino di formazione di tanti adolescenti e di tanti giovani, ad orientare all’eucaristia il senso teologico, l’impegno e la fatica pastorale del Sacramento della cresima.

Non è possibile moltiplicare iniziative, proporre concretezza di opere e di servizi a cui orientare i nostri giovani, senza vivacizzare o tradurre per le loro attese, il senso e il significato del convito eucaristico.

Accanto al primato di questo Sacramento dovremo impegnarci per proporre e far vivere loro un’esperienza di Chiesa in cui la molteplicità delle attese e delle esigenze di tanti, trovano nell’impegno dei discepoli del Risorto una risposta convinta e generosamente disponibile.

 

75. È importante, inoltre, nell’itinerario che conduce al Sacramento e nel post-Sacramento il confronto costante con testimoni credibili che traducono nella semplicità dei gesti della loro vita di fede l’esperienza di un incontro con Cristo che rende autentico e generoso l’incontro e il servizio ai fratelli.

Sono questi i testimoni vivi, gli adulti nella fede che si fanno guide e servi di quanti, ricevuto il sigillo dello Spirito, sono investiti del compito di annunzio del Vangelo.

«La testimonianza viva delle comunità si arricchisce nella memoria dei santi e di quanti hanno lasciato il loro ricordo di esempi eroici nella promozione della giustizia e nella edificazione della pace. Non si tratta semplicemente di modelli da riprodurre nel nostro tempo, ma di persone che mostrano come la docilità allo Spirito Santo possa guidare, nelle situazioni sempre nuove della storia, a vivere in modo nuovo la fedeltà a Dio e agli uomini»[56].

 

 

 

CONCLUSIONE

76. Giunto al termine di questa fatica, ora la offro a voi, fratelli carissimi, perché dopo una personale riflessione, possiate, guidati dalla vostra esperienza e competenza pastorale, presentare alla comunità, ai vostri collaboratori, ai catechisti, ai candidati al Sacramento, l’originalità del dono dello Spirito che ci introduce alla pienezza della vita della Chiesa.

L’incontro che guida gli adolescenti e i giovani ad accogliere il dono dello Spirito è un momento importante e prezioso per la loro vita. Perciò è da proporre con grande serietà e chiarezza aprendo l’intera comunità a scoprire il ruolo e la grazia dello Spirito che stabilisce il nostro rapporto con Dio nella dimensione dei figli: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di, Dio (Rm 8,14).

 

77. Non vanifichiamo con aggiustamenti arrabattati e con parvenze illusorie di itinerari catechistici la multiforme espressione dello Spirito che siamo chiamati a. presentare nella fedeltà alla Parola da trasmettere e far amare, nel rispetto del mistero di Dio che è in ognuno di noi, nella paziente disponibilità a saper attendere, ma anche a saper stimolare perché cambino mentalità inveterate, che hanno impoverito e costretto all’angolo la ricchezza e la centralità di questo Sacramento.

 

78. Conseguenza di queste affermazioni è l’invito a non concedere, con facilità, sconti che immiseriscono e avviliscono il dono di Dio.

Le indicazioni e gli orientamenti pastorali contenuti in questo documento hanno valore normativo.

Non possono pertanto essere disattesi o lasciati cadere.

Entrano in vigore dal 16 aprile 1995, Domenica di Pasqua, Risurrezione del Signore.

79. Affido allo Spirito Consolatore le nostre attese, le nostre speranze e la nostra certezza nel saperci guidati da lui nella professione di fede e nella testimonianza da dare al Cristo, convinti che l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo ,che ci è stato dato (Rm 5,5).

Sia per tutti noi il Consolatore

che insegna e ricorda,

lo Spirito di verità che rende testimonianza

e ci guida alla verità tutta intera,

lo Spirito che con i suoi desideri ci porta

alla vita e alla pace,

lo Spirito Santo che scende su di noi

e ci fa testimoni del Risorto,

fino agli estremi confini della terra,

lo Spirito che intercede con insistenza

per noi credenti,

con gemiti inesprimibili.

 

 

 

 

 

Termoli, 16 aprile 1995

Domenica di Pasqua, Risurrezione del Signore

 


[1] PONTIFICIO ISTITUTO LITURGICO S. ANSELMO (a cura di), Anamnesis, 3/1 La liturgia, i Sacramenti, teologia e storia della celebrazione, Genova 1989, 11-14.

[2] M. AUGÉ, Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Roma 1993, 32.

[3] R. FALSINI, La cresima, Milano 1989, 10.

[4] Cfr. R. F ALSINI, La cresima degli adulti battezzati, in Rivista di Pastorale Liturgica, Brescia 1991/3, 25.

[5] LG, 11.

[6] SC, 71.

[7] PAOLO VI, Divinae Consortium Naturae, Costituzione Apostolica sul Sacramento della confermazione, in Rito della Confermazione, Città del Vaticano 1979, 14.

[8] RC, 23.

[9] Cfr. RICA, 306-313.

[10] RC, 11.

[11] CCC, 1306

[12] CCC, 11.

[13] R. F ALSINI, op. cit., 30-31.

[14] M. AUGÈ, op. cit., 40.

[15]R. F ALSINI, op. cit. ,13.

 

[16] A. NOCÈNT, Lo Spirito sceglie il cristiano…, in Parola, Spirito e Vita, Bologna 1979 (4), 256.

[17] Ivi, 257 -258.

[18] C. ROCCHETTA, I Sacramenti della fede, Bologna 1982,300.

[19] Ivi, 302.

[20] Ivi, 303.

 

[21] DCN, 16.

[22] RC, 25.

[23] R. FALSINI, op. cit., 52.

[24] CCC, 1305.

[25] Cfr. LG, 26; RC, 7; CCC, 1312.

[26] CDC, can. 882; CCC, 1313.

[27] R. FALSINI, op. cit., 54.

 

 

[28] CCC, 1304.

 

[29] CDC, can. 891.

[30] CEI, Delibera n. 8, del 23 dicembre 1983, entrata in vigore il 23 gennaio 1984.

[31] CDC, can. 892.

[32] CDC, can. 893, 2.

[33] CDC, can. 874.

[34] RICA, Introduzione, 1.

[35] RICA, 43.

[36] Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Città del Vaticano 1992, 155.

[37] R. FALSINI, op. cit., 18-19.

[38] RC, 13.

[39] RC, 4.

 

 

[40] Cfr. SC, 71.

[41] RC, 9.

 

[42] M. MAGRASSI, Liturgia: la Chiesa in preghiera, Bari 1992, 25.

[43] R. FALSINI, op. cit., 32.

[44] SC, 114.

[45] M. MAGRASSI, op. cit., 27.

[46] E. LODI (a cura di), Assemblea santa. Manuale di liturgia . pastorale, Bologna 1991, 516.

 

 

[47] Messaggio per la XXX Giornata Mondiale per le Vocazioni, 2 maggio 1993.

[48] CEI, Io ho scelto voi. Il catechismo dei giovani/l, Roma 1993, 242.

 

[49] M. L. MAZZARELLO, Fanciulli e ragazzi: un’età potenzial­mente vocazionale, in Vocazioni 5/1993, 19.

 

[50] S. GIANELLI, La crescita vocazionale dei fanciulli e dei ragazzi nella comunità cristiana, in Vocazioni 5/1993, 22-23.

[51] CEI, Io ho scelto voi, op. cit, 243-244.

 

 

[52] S. GIANELLI, in Vocazioni 5/1993, 24.

 

[53] T. FEDERICI, La liturgia dono divino della libertà, Palermo 1979, 64.

[54] RC, 16.

[55] A. CAPRIOLI, Il senso della confermazione in Servizio della Parola /256, Brescia 1994, 19.

 

 

[56] CEI, Sarete miei testimoni, Catechismo dei fanciulli/3, Roma 1991, 98.