Fedeli e vigilanti nel servizio

Fedeli e vigilanti nel servizio

Data: 24/08/2010

Omelia per gli anniversari di Ordinazione presbiterale – Chiesa San Giovanni Evangelista Monastero delle Benedettine – Lecce 31 luglio 2010

O Padre,
che hai costituito il tuo unico Figlio
Sacerdote sommo ed eterno,
concedi a coloro che egli ha scelto
come suoi ministri e dispensatori
dei santi misteri,
di essere fedeli e vigilanti nel servizio,
fino al giorno della sua venuta

1. Siano rese grazie al Signore per il dono grande che ha voluto per molti di noi che partecipiamo a questa Eucaristia nel ricordo grato del giorno in cui il dono dello Spirito ci ha resi partecipi dell’unico Sacerdozio di Cristo Gesù. E’ lui il Signore della storia, il Redentore e Salvatore dell’uomo che ci ha scelti, ci ha chiamati. Non c’è spazio, fratelli carissimi, per accampare privilegi o diritti per una realtà che è dono gratuito.

Ci ha scelti: leggere o capirne il perché è perdita di tempo se non ingerenza e arroganza nei pensieri e nei progetti del Padre.

A questa scelta c’è stata una nostra risposta che è passata in un lungo, forse faticoso lavoro di discernimento, in una sorta di distinguo e di scuse che accampavano i nostri limiti e i nostri difetti, quasi che Dio non sia capace di tirare dalle pietre i figli di Abramo.

Quanto spessore di pazienza ha dovuto il Padre dilatare per noi!

Non è in nostro potere fermare i tempi e le scelte di Dio e l’urgenza dell’annunzio della sua parola:

– non contano le nostre labbra impure come quelle di Isaia
– non può attardarci la giovane età come per Geremia
– non fa testo il nostro giudizio sul rifiuto di coloro a cui siamo mandati: la pretesa di Giona
– non serve di fronte alla elezione divina la povertà o l’anonimato delle origini come Amos, pastore e raccoglitore di sicomori
– né conta davanti a Colui che sceglie, il blasone della nobiltà delle origini Sacerdotali, come Ezechiele e Zaccaria

C’è un solo atteggiamento che il Signore pretende da noi scelti per il suo servizio. Un gesto che oggi a fronte dei 60, dei 25, dei 45, insomma degli anni del nostro servizio Sacerdotale, siamo chiamati a rinnovare di fronte al Dio Altissimo: una rinnovata, ribadita risposta: libera, chiara, decisa, radicale, definitiva.
Una risposta che rinnova il nostro impegno di fedeltà, una risposta che compromette Cristo Gesù con noi e, di rimando, compromette noi con Cristo.
Una risposta che per non smarrirsi o perdere i connotati della fedeltà a tutta prova, ha bisogno della forza, della costanza e del sostegno della preghiera.

2. Carissimi presbiteri, cari diaconi, cari seminaristi, nel rendere grazie al Signore per il dono inestimabile della chiamata, siamo rimandati al rinnovato, generoso, purificato ove ce ne fosse bisogno: Sì, Signore. Eccomi, manda me.

Questo sì rinnovato invera e rinnova la nostra fedeltà a Dio e al suo progetto:
– una fedeltà che nono patteggia e non pretende
– una fedeltà non rabberciata e formalmente ineccepibile
– una fedeltà che forse talvolta passa anche attraverso l’esperienza del peccato e della caduta, ma che non si rende acquiescente al male, che non misura con i centimetri della legge la generosità dell’amore
– una fedeltà che non si misura e non può tollerare le facili autoassoluzioni che un lassismo purtroppo imperante e che ha fatto capolino anche tra noi, moltiplicano nel nostro itinerario di santità che domanda l’ascesi, la ricerca della santità che passa attraverso forme di penitenza vere, che ci fanno soffrire. Non so si dire, certo o forse,, non quelle del Santo Curato d’Ars. Non ne saremmo capaci in alcun modo! Ma possiamo ,anzi dobbiamo provarci e. allenarci

Ma deve tornare nel nostro vocabolario l’ascesi fatta di penitenze, privazioni, rinunzie che una vita diversa e rasserenata anche dal punto di vista economico ha eliminato dai moderni dizionari entrati ormai nella biblioteca della nostra vita.

3. Tutto questo ci viene chiesto da quell’ essere vigilanti nel servizio della colletta della liturgia che stiamo celebrando.

Fratelli miei, un cumulo di miserie a volte può sovrastare anche la vita di noi conSacrati nel momento in cui il metro di giudizio delle nostre scelte, della nostra fedeltà, parte da noi. La parola di Giovanni Battista che il Vangelo ci ha proclamato risuona oggi, qui, per noi: Non ti è lecito. Il rischio che corriamo, ed è storia dei nostri giorni che crea sofferenza e disagio anche nel nostro ministero, esposti come siamo al giudizio tranciante dei media che non fanno sconti, anzi dilatano ancor più una falsa cassa di risonanza, è quello di camuffare, di accasarci con le nostre superficialità, si arricchisce con la nostra ‘professionale capacità’ dei distinguo che misurano e giocano al ribasso la generosa e piena fedeltà che ci viene richiesta. Per tutto questo c’è questa parola che non può non ingenerare timore e tremore: Non ti è lecito.

4. Ringraziamo il Signore per il dono con cui ci ha gratificati, senza alcun nostro merito,

Invochiamo la sua misericordia su limiti, errori, peccati.

Che l’intercessione di Sant’Ignazio di Loyola e la testimonianza della santità forte e radicale di S. Giovanni Maria Vianney, aiutino tutti noi a raccogliere la sfida di una fedeltà santa e di una vigilanza esigente che il Signore domanda alla sua Chiesa, alla nostra Chiesa in un momento in cui i riflettori accecanti di errori e limiti umani esageratamente e malevolmente accesi, sembrano far smarrire e rendere incerta e difficile la chiara linea dell’orizzonte a cui guardiamo per raggiungerlo e conquistarlo:

fedeltà a Cristo
fedeltà alla Chiesa

perché continui ancor più ad essere sale per ridare gusto e luce vera, non artefatta, per farci uscire dalle tenebre.

Lecce 31 luglio 2010,
memoria di Sant’Ignazio di Loyola

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio