‘Sorelle nel nome di Oronzo’ il giorno dopo. Prime considerazioni a margine dell’evento
articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino
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Nel momento in cui, sabato scorso, l’arcivescovo Michele Seccia ha impartito ai fedeli convenuti la benedizione finale è come se un voto fosse stato sciolto, come se qualcosa di storico si fosse compiuto.
Le Chiese di Lecce e di Ostuni, dopo lunghissimo tempo, si sono idealmente riabbracciate. E lo hanno fatto nel modo più significativo, celebrando l’Eucarestia nel luogo in cui il comune padre nella fede, Sant’Oronzo, offrì la sua estrema testimonianza al Vangelo. Ad affiancare mons. Seccia nella liturgia i sacerdoti don Maurizio Ciccarese e don Andrea Gelardo che hanno avuto il piacere di accogliere il parroco della basilica cattedrale della Città Bianca, mons. Piero Suma, in rappresentanza dell’arcivescovo Domenico Caliandro e del vicario episcopale della diocesi brindisina-ostunese mons. Fabio Ciollaro. Il ritrovarsi insieme intorno all’altare della chiesa extraurbana ha rinnovato quel vincolo di sangue e di dna spirituale che unisce le due comunità pugliesi rendendole davvero sorelle nel nome di Oronzo.
La ricorrenza della terza domenica di ottobre, che rievoca la salvezza del capoluogo salentino dal terremoto del 12 Ottobre 1856 e che, stando agli scritti di Salvatore Morelli (1824-1880), veniva un tempo commemorata con un solenne pellegrinaggio al santuario da parte dei cittadini leccesi, è stata dunque l’occasione per tornare a riflettere sulle antiche radici cristiane del nostro territorio. Radici di cui risulta sempre più necessaria una riscoperta. In tale ottica è da intendere la presentazione del pregevolissimo volume Orontius, pubblicato con l’importante contributo del Museo di Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale presieduto dall’avv. Michele Conte, che ha fatto seguito alla cerimonia religiosa. Molto apprezzata da parte dei presenti è stata la relazione del prof. Dino Ciccarese, autentica memoria storica della cultura ostunese.
L’incontro tra le due Chiese salentine ha segnato comunque un passo in avanti nell’ottica di quella “coralità oronziana” a livello regionale tanto desiderata dai devoti ma quasi del tutto da edificare. I fedeli leccesi hanno però da riprendere piena coscienza del significativo valore del loro essere “figli di Oronzo”. Ignorare o trascurare il proprio padre nella fede, il fondatore della Lecce cristiana, vuol dire ignorare molto di sé stessi, non conoscere la propria storia né la propria identità. Dimenticare il passato implica l’impossibilità di leggere con senso critico il presente e dunque di poter costruire un futuro migliore. Lo stesso sito del santuario fuori le mura – purtroppo mortificato dall’attuale rete stradale ed incredibilmente sconosciuto a molti – sta gradualmente riacquisendo la dignità che gli spetta, soprattutto grazie alla vicina parrocchia del Cuore Immacolato. L’auspicio è che possa essere sempre più venerato e visitato per poi poter stabilire un cammino di spiritualità oronziana che possa unirlo al santuario del Monte Morrone ed alle sacre grotte di Turi e Massafra.