Messa Crismale: ConSacrati… Mandati…

Messa Crismale: ConSacrati… Mandati…

L’Omelia dell’Arcivescovo Mons. Domenico D’Ambrosio durante la Messa Crismale. 

“Interceda per tutti noi, fratelli e sorelle, la Vergine Santa, la nostra Madre Maria e ci aiuti a ridire il no­stro si nell’urgenza dell’ora presente in cui più impe­riosa che mai deve risuonare la buona notizia di Gesù. Alla vigilia della loro canonizzazione siamo certi, e la vogliamo chiedere, della protezione e invocazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ci sostengano e ci facciano sentire e gustare la passio­ne della buona e gioiosa notizia, il vangelo da portare ai poveri e a quanti attendono l’ora della salvezza”.

FRATELLI MIEI, SIETE INSOSTITUIBILI

In questo giorno santo e benedetto accolgo tutti voi, fratelli e sorelle, in questa nostra Chiesa Cattedrale, convocati e radunati per condividere la pienezza di grazia unica di questa Eucaristia nella quale il vescovo con tutti i presbiteri vive e celebra la ricchezza incredibile e inesti­mabile del dono che ci fa partecipi dell’unico Sacerdozio di Cristo Signore. Questa celebrazione è la manifestazione Sacramentale più alta della comunione dei presbiteri con il loro Vesco­vo. In questa celebrazione saranno benedetti i santi Oli e conSacrato il crisma per la vita cristiana.

Voi, cari presbiteri, rinnoverete nelle mani di colui che il Signore ha voluto come pastore e guida di questa santa Chiesa, messaggero, testimone ed ‘economo della grazia divina’. Ogni giorno rendo grazie al Signore per la ricchezza insostituibile della vostra presenza e del vostro diuturno e quotidiano impegno al servizio del Regno e nella dedizione generosa e gratuita ai vostri fratelli.

CIRENEI PER AMORE

Oggi ancor più prego e imploro per voi e sono certo di poter contare sulla vostra preghiera e su quella dei fratelli qui convenuti perché non mi sottragga al compito imma­ne che mi è stato affidato, convinto e consapevole dei miei limiti e delle mie mancanze, ma ancor più deciso nel portare con voi, con serenità e gioia, il quotidiano peso che ci vede e ci vuole ad immagine di Cristo, il pastore e guardiano delle nostre anime.

Credo che in questa nostra Chiesa sono molti i ‘cirenei per amore’ che aiutano me e voi presbiteri a portare la Croce del servizio alla Chiesa nell’obbedienza che non chiede ma che ama e dona.

LA FRAGRANZA DELL’OLIO

In questa celebrazione domina la soave fragranza dell’o­lio, nutrimento e sollievo del nostro corpo:

– per gli ammalati nel corpo e nello spirito perché dall’un­zione ottengano conforto e siano liberati da ogni malattia, angoscia e dolore”;

– per i catecumeni “perché compren­dano più profondamente il Vangelo di Cristo e assumano con generosità gli impegni della vita cristiana”;

– perché “ l’olio sia crisma di salvezza per tutti i rinati dall’acqua e dallo Spirito e li renda partecipi della vita eterna e commensali al banchetto della gloria “ (cf. liturgia della benedizione degli oli).

LA VOCAZIONE DEGLI ‘UNTI’

Ora leggendo e meditando la parola del profeta Isaia e la proclamazione che di essa Gesù fa nella sinagoga di Nazaret, soprattutto noi presbiteri, veniamo invitati a ri­leggere la nostra vocazione di ‘unti del Signore’ nelle sue originali e profetiche caratteristiche: ConSacrati dal Signore: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me… mi ha conSacrato con l’unzione (Is 61,1,).

Fratelli miei, non ci siamo autocandidati al ministero. Dio ci ha chiamati. Pur nella contraddizione fragile che ci appartiene, c’è stata e ci deve essere la nostra continua, obbedien­te risposta. Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, come premessa necessaria per un annuncio di verità e di grazia, ci ricorda che “chiunque voglia predicare, prima dev’essere disposto a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta… e … accettare di essere ferito per primo da quella parola che ferirà gli altri” (EG 149).

BELLEZZA E GRAVITÀ DELLA MISSIONE

Fortificati, rinvigoriti e sostenuti dallo Spirito che ci ha con­Sacrati dobbiamo avvertire la bellezza e, nel contempo, la gravità della missione che ci è stata affidata invocando, contemplando, ascoltando quanto il Signore ci consegna della sua Parola da donare, consapevoli e convinti che abbiamo “la bellissima e difficile missione di unire i cuori che si amano. Quello del Signore e quello del suo popo­lo” (EG 143). Quando la Parola è proclamata alla santa assemblea convocata, noi che di questa parola siamo stati costituiti annunciatori, non dobbiamo dimenticare che durante il tempo dell’annunzio “i cuori dei credenti fanno silenzio e lasciano che parli Lui. Il Signore e il suo popolo si parlano in mille modi direttamente, senza intermediari” (LG 143).

La Parola che portiamo ai fratelli:

– deve annunziare sempre ‘l’amore salvifico di Dio’;

– non deve imporre la verità;

– è fonte di gioia e invito a un impegno deciso e forte che non si lascia intristire dalla fatica e dalle pene di ogni giorno;

– chiamati inoltre “a fasciare le piaghe dei cuori spezzati” (Is 61,1), Papa Francesco ci mette in guardia dall’accon­discendere “ai fatalismi e alle pusillanimità”.

LA PAROLA, FONTE DI OGNI GIOIA

Non possiamo non aiutare i molti che chiedono a noi il balsamo della consolazione, “a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la croce”, a non cedere alla tentazione che fa morire o impone il silenzio alla speranza, che si condannano o, forse molto più spesso, sono condannati a tirare i remi in barca. Gesù ci manda a proclamare la libertà ai prigionieri. Troppe, insidiose, malefiche, masche­rate, camuffate le trappole che insidiano la nostra libertà.

Schiavizzati dal denaro, da una cultura spersonalizzante che ci cattura con le sue conquiste di libertà che non az­zerano i valori etici fondanti che normano la nostra stessa identità, che tenta di sminuire in un’assurda e innaturale identità di genere l’irrinunciabile ruolo del padre e della madre, la Parola di Dio è libertà, è affrancamento anche da queste nuove schiavitù spesso sbandierate e reclamiz­zate come conquiste di libertà.

PROCLAMARE LA LIBERTÀ AI PRIGIONIERI

Solo la parola di Dio è in grado di sottrarci alla vera schiavitù, quella del peccato, della incapacità a fare della nostra vita e delle nostre scelte, una lineare e coerente fedeltà al progetto che la sequela di Cristo domanda a tutti noi. Guardandoci attorno, soprattutto in questo difficile momento storico , scopriamo i prigionieri e gli schiavi dei nostri egoismi, delle nostre insensibilità, delle nostre assenze, se non dei nostri rifiuti a farci carico delle attese dei poveri, degli odierni cercatori di pane materiale sempre più in aumento.

A loro deve giungere la parola del profeta che Gesù fa sua nella sinagoga di Nazaret: “lo Spirito del Signore mi ha mandato a proclamare ai pri­gionieri la gioia” (Lc 4,18). Una parola che deve liberarli dalla schiavitù della miseria perché i discepoli di Cristo sanno che a loro, attraverso una carità solidale, è deman­dato la lotta per allentare le spire soffocanti e affamanti di quella ingiusta forma di schiavitù che è la fame.

LA FEDELTÀ, GARANZIA DELL’ANNUNZIO

L’oracolo di Isaia si compie in Gesù che non solo spiega ma attualizza in sé la parola di Dio. Per i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, è Lui la parola vera ed efficace della salvezza. Lui la attualizza, la compie. Non è una semplice profezia per il futuro. è l’oggi di Dio nella nostra storia. Dunque la parola risuonata in questa santa assemblea oggi si compie ancora una volta per tutti noi. E il dono dello Spirito conSacrandoci ci invia ad annunziare la gioia dell’anno di grazia del Signore.

Cari fratelli presbiteri, ancora una volta il dono dello Spirito ci costituisce e con­Sacra per la missione e l’annunzio. è la nostra priorità assoluta. In questo annunzio dobbiamo vivere e mostrare la passione, l’amore forte e intenso per Cristo, per la sua parola, per la comunità che il Signore ci affida. Deve essere chiaro a tutti noi che la credibilità dell’an­nunzio scaturisce dalla fedeltà personale, dalla testimo­nianza, dall’operosità e dal quotidiano, intenso, gratuito servizio al Vangelo del Regno.

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