l’Undena con Portalecce/8. Perché non vi è traccia nel martirologio romano?

l’Undena con Portalecce/8. Perché non vi è traccia nel martirologio romano?

articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino

Il nome Oronzo è, senza dubbio, di matrice classica e, secondo mons. Raffaele de Simone, non era da escludere l’ipotesi che, fra le illustri famiglie romane, non vi fosse anche una gens orontia.

 

 

È noto che il Martirologio Romano ignora la figura del patrono leccese ma registra le memorie di alcuni personaggi omonimi. Alla data del 22 gennaio vengono, ad esempio, celebrati i Santi Oronzio, Vincenzo e Vittore, martiri del IV sec., nel corso della persecuzione dioclezianea, a Gerona in Spagna e traslati poi ad Embrun in Gallia dove divennero alquanto celebri durante il VI-VII sec.

Il 27 agosto viene invece ricordata la passione di Sant’Aronzio, martire nella città di Potenza, sotto l’imperatore Massimiano. Lo stesso è celebrato ancora il 1° settembre insieme ad altri undici martiri, definiti suoi fratelli. Proprio la figura del Sant’Aronzio potentino è stata, in alcuni casi, considerata quale chiave di volta della questione oronziana. È opportuno, tuttavia, notare come nessuno di questi santi omonimi (o quasi) del martire salentino sia mai stato definito vescovo. È da ricordare poi che, nella letteratura oronziana, il nome del santo assume diverse varianti come “Oronzo”, “Orontio” oppure “Oronzio”.

Ma perché la figura del primo vescovo pugliese e quelle dei martiri suoi compagni non si ritrovano fra le pagine del Martirologio Romano? In verità, il personaggio di San Giusto è incluso nell’opera ma senza alcun rimando alla tradizione leccese. Sono invece i profili di Oronzo e Fortunato ad essere del tutto assenti. Anche se è necessario sottolineare come essi non siano gli unici santi a risultare esclusi. Com’è noto, il card. Cesare Baronio (1538-1607) fu autore degli Annales Ecclesiastici (una storia del Cristianesimo dalle origini al 1198) e ricevette da Papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1502-1585) il compito di unificare i diversi martirologi allora esistenti in un solo catalogo, il Martirologio Romano appunto. La poderosa opera venne completata nel 1586 ma subì nelle epoche successive diverse revisioni, non ultima quella voluta da Urbano VIII (Maffeo Barberini, 1568-1644) che, con una serie di decreti, aveva avocato alla Sede Apostolica qualsiasi giudizio in merito di santità. A quanto pare, durante i suoi lavori, il Baronio chiese notizie anche a Lecce in merito ai santi locali ma non ebbe risposta alcuna. È questo, secondo Sante de Sanctis, il motivo per cui i nomi dei futuri patroni della città non furono registrati nel Martirologio. Un’eco di questa biasimevole pigrizia è riscontrabile anche in una lettera del padre domenicano Tommaso Angiullo da Noci a Leonzio De Angelis allegata al famoso scritto seicentesco Lecce Rosata

 

 

Condividi questo post