L’antica festa di Sant’Oronzo attraverso il fascino dei grandi manifesti della Tipografia dei Buttazzo

L’antica festa di Sant’Oronzo attraverso il fascino dei grandi manifesti della Tipografia dei Buttazzo

Quella che si leggeva sui muri della città; fermi, lì in piedi, agli angoli delle strade, con la testa all’insù. Quella di alcuni giorni prima; delle attese, delle aspettative, delle critiche e dei consensi, tra gli inevitabili mugugni. Quella religiosa e civile, delle cerimonie Sacre e delle manifestazioni laiche e socio-culturali.

È la festa dei santi patroni Oronzo, Giusto e Fortunato, che annualmente veniva annunciata dai manifesti che narravano in anticipo lo svolgersi dei festeggiamenti così come concordato dal Comitato feste e dalla Curia leccese.

Veri artisti di quel modo di comunicare al popolo dei fedeli furono i proprietari e gli operai della Tipografia del Commercio. Nel 1933 la società tra il padre Umberto (1879-1969) e il figlio Antonio Buttazzo (1905-1957), cambia nome e da Tipografia La Teatrale si trasforma in Tipografia del Commercio, allargando il campo operativo, troppo ristretto all’attività dello spettacolo iniziata nel 1926.

La tipografia raggiunge il suo massimo sviluppo con la guida di Antonio Buttazzo che si specializza in quelli che egli stesso definirà «manifesti artistici lampo».

Si producono manifesti da assemblare con 12, 24 e 36 fogli, totalmente composti a mano con fregi e marchi. Spesso si utilizzano due o tre colori, il che comporta il passaggio del foglio più volte in macchina; un gioco e un calcolo geometrico tra pieni e vuoti che, al termine, deve offrire un unico gradevole e preciso risultato. Il manifesto è prova principale dell’attività della tipografia di Antonio Buttazzo, specializzata in grandi formati, veri e propri capolavori in un tripudio, in un fuoco d’artificio di caratteri e inchiostri.

Della lunga attività della stamperia Buttazzo molto si è perduto tra le pieghe inesorabili del tempo, ma qualcosa si è salvata, grazie alle cure dell’ultimo erede di quella antica tradizione, Alberto Buttazzo, figlio di Antonio, che custodisce nel suo opificio-museo (in via dei Perroni 21, nei pressi della chiesa San Matteo a Lecce), alcune testimonianze di ciò che fu una fervida impresa a conduzione familiare svolta nel corso di decenni.

Dalle foto (concesse dall’amico Gianni Carluccio), potrete avere un’idea del lavoro che, per giorni interi, impegnava gli ideatori, i compositori e gli stampatori di quei “programmi”. Senza contare l’attenzione che gli attacchini comunali (spesso analfabeti) dovevano porre nell’incollare i fogli assemblandoli, uno di seguito all’altro, tenendo conto del fregio di cornice e della prosecuzione del testo.

Le cinque testimonianze salvate si riferiscono ai “solenni festeggiamenti” degli anni: 1948, 1949, 1978, 1983 e 1986. Senza poter entrare nei dettagli, possiamo però notare come, nel tempo, sia cambiato l’impianto del lungo “lenzuolo”. Dall’incipit iniziale, ampio nei primi anni e poi scomparso del tutto, alla partecipazione ai concerti delle bande musicali e delle orchestre a quelle dei complessi rock e ai singoli cantanti “di grido”.

Una festa tutta da pregustare.

Dino Levante

 

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