JUBILAEUM ORONTIANUM LYCIENSE. La statua argentea oggi svelata: la restauratrice racconta
articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino
La splendida statua argentea ottocentesca della cattedrale è tornata al suo antico splendore e, stasera 20 agosto, al termine dei primi vespri della domenica presieduti dall’arcivescovo Michele Seccia, alle 19, verrà solennemente svelata e presentata ai fedeli dopo essere già stata trasferita in duomo ieri mattina (LEGGI).
Per l’occasione abbiamo incontrato la Mariana Cerfeda che, insieme al collega Giuseppe Tritto, ha svolto i lavori di restauro.
Dott.ssa Cerfeda, lei si è preso cura del simulacro argenteo di Sant’Oronzo. Un bene artistico di notevolissimo valore ma soprattutto un tesoro affettivo per i devoti e per la storia della città. Può descriverci le emozioni provate durante questa esperienza?
Da leccese, la statua di Sant’Oronzo ha per me, oltre all’indiscutibile rilevanza storico-artistica, un importante valore simbolico, religioso ed identitario. Nel 2020 mi sono già occupata del restauro del Sant’Oronzo di Ostuni, tuttavia mi fermavo spesso a pensare che sarebbe stato un privilegio poter restaurare quello della mia città che, anno dopo anno, vedevo uscire in processione mortificato da pessime condizioni conservative. Pertanto, quando mi è stato proposto di eseguirne il lavoro ne sono stata entusiasta ed onorata.
La statua argentea, realizzata nel 1864, ha 158 anni! Potrebbe descriverci l’opera ed in quali condizioni versava prima del suo intervento?
L’opera, in argento e rame dorato, opera napoletana dell’argentiere Vincenzo Caruso su disegno dell’artista Maccagnani, si compone di più parti, talune condotte a fusione, altre “tirate a martello” ed incise, assemblate tra loro grazie ad un diffuso utilizzo di perni e farfalle. Non è dato sapere durante un secolo e mezzo quanti interventi si siano succeduti sulla statua. Di certo sappiamo che ve ne sono stati almeno due, nel 1979 e nel 2002, in quanto gli autori degli interventi di “riparazione” hanno apposto la loro firma e la data sulle tavole posticce inserite dagli stessi con la finalità di fungere da struttura interna di ancoraggio delle lamine posteriori. Tuttavia, ci siamo trovati dinanzi ad un’opera fortemente alterata sia da degrado materico dovuto alle ossidazioni dei metalli ma anche strutturale dovuto dall’intervento antropico.
Quanto è durato il suo lavoro di restauro e quali sono state le eventuali criticità cui si è dovuto far fronte?
Sono stati sei mesi di intenso lavoro, preceduti da una fase di attenta progettazione. Sono emerse svariate problematiche, dovute a vecchi interventi di manutenzione, utilizzando tuttavia criteri e materiali che nulla hanno a che vedere col restauro moderno. La statua è stata interamente smontata per procedere ad una pulitura di tutte le parti che la costituiscono, anche in quelle zone interne e non raggiungibili agevolmente. Lo smontaggio ha reso necessario una minuziosa fase di catalogazione di ogni singola lamina o perno di ancoraggio. La pulitura è stata particolarmente impegnativa in quanto non si trattava solo di eliminare le alterazioni materiche dell’argento ma di condurre una pulitura graduale e calibrata, conservando la patina nobile e di conseguenza il fascino antico del bene caratterizzato dai dolci passaggi tra le parti lucide e quelle satinate, cosa che non avverrebbe con una pulitura “a specchio” che appiattirebbe tutti i dettagli decorativi. Numerosissime erano le perforazioni, dovute a maldestri interventi del passato, in cui le maestranze, per ovviare anche al più piccolo errore di montaggio, hanno praticato nuovi fori per far coincidere le lamine. A ciò si aggiunge il diffuso utilizzo di viti e perni non idonei sia per forma che per materiale, soggetti anch’essi ad ossidazione. Si è resa dunque necessaria una revisione critica del montaggio attraverso uno studio stilistico del garbo e delle decorazioni, che hanno permesso anche la correzione di alcuni errori commessi precedentemente. In luogo della struttura interna aggiunta in passato si è studiato un nuovo sistema di ancoraggio delle lamine posteriori del piviale, utilizzando perni inossidabili che vanno a sostituirsi a quelli non originali.