IUBILAEUM ORONTIANUM LYCIENSE. La statua argentea del duomo e quella in stucco di Sant’Irene/2

IUBILAEUM ORONTIANUM LYCIENSE. La statua argentea del duomo e quella in stucco di Sant’Irene/2

articolo ripreso da portalecce
e scritto da Andrea Pino

La statua argentea di Sant’Oronzo, a grandezza naturale, esprime tutta l’abilità dello scultore Francesco Citarella e dell’argentiere Vincenzo Caruso.

 

 

 

Essa, però, è la riproduzione, pressocché fedele, della statua collocata al centro dell’altare dedicato al santo, situato nel transetto sinistro della chiesa di Sant’Irene a Lecce, nota anche come chiesa dei Teatini.

L’altare, attribuito a Francesco Antonio Zimbalo (1567-1631 ca.), fu edificato nel 1630. Originariamente dedicato a San Gaetano Thiene, dopo varie vicende, fu intitolato al santo patrono.

La statua di Sant’Oronzo, della chiesa di Sant’Irene, anch’essa a grandezza naturale, posta su un alto piedistallo, per meglio adeguarla allo spazio della nicchia, presenta un’iconografia chiara. Il santo vescovo, vestito in abiti pontificali, rivolge lo sguardo al cielo, e mentre innalza la mano destra in atto di pregare, abbassa la sinistra in segno di protezione sullo stemma della città, che gli viene presentato da un puttino alato, che svolge anche il compito di sorreggere il pastorale.

L’opera, osservata a distanza, sembra essere in pietra leccese. Ad un’analisi più attenta e, soprattutto, ravvicinata, risulta in stucco: di tale materiale sono le parti anatomiche, mentre il panneggio potrebbe essere in cartapesta, rivestita da uno spesso strato di gesso.

Per quanto riguarda l’autore, il Sant’Oronzo dei Teatini è da attribuire, senza esitazioni, ad Antonio Maccagnani (1809-1892).

Sull’argomento, così scriveva Guglielmo Paladini (1882-1965): Per la erezione del prezioso monumento furono scelte varie commissioni di cittadini e di sacerdoti per raccogliere le spontanee offerte dei leccesi. Il disegno fu affidato al rinomatissimo artista leccese Antonio Maccagnani. Lo scultore fu il Cavaliere D. Francesco Citarella e l’argentiere Vincenzo Caruso, entrambi artisti napoletani. (“L’Ordine”, 30 maggio 1942)

Questo, invece, il contributo di Michele Paone (1938-2001): Parimenti interessanti sono le sculture e i dipinti ancora presenti in S. Irene, come, … il gesso di S. Oronzo, plasmato il 1864 da Antonio Maccagnani per la statua argentea del protettore conservata in Cattedrale, … (Chiese di Lecce, II volume, 1979)

Per la data di esecuzione, è da escludere che sia il 1860. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che Maccagnani non compare per nulla negli accordi tra il municipio e gli artefici napoletani. Si può, quindi, ipotizzare che l’opera sia stata realizzata prima, o molto prima: nel 1837 (prima epidemia) o nel1854 (seconda epidemia). In altri termini, in occasione degli eventi, l’amministrazione comunale, per non mancare al voto del popolo leccese, avrebbe richiesto al rinomatissimo artista leccese una statua in stucco del santo protettore, da collocare in Sant’Irene, la chiesa di patrocinio della cittadinanza. Quando, poi, le finanze lo consentirono, si provvide ad affidare l’incarico, per l’esecuzione della statua in argento, ai signori Citarella e Caruso, con l’impegno di attenersi, riguardo al modello, al Sant’Oronzo dei Teatini.

Antonio Maccagnani è il maggiore esponente della scultura leccese in cartapesta nell’Ottocento. Assumendo l’eredità di Pietro Surgerte (1742-1827), noto come Maestro Pietro de li Cristi, ebbe, nei decenni centrali del secolo, dagli anni ’30 agli anni ’70, quasi l’esclusiva della statuaria in cartapesta. La tradizione della cartapesta leccese venne poi ripresa e rilanciata, pena la sua estinzione, da Achille De Lucrezi (1827-1913), il quale, formando e sostenendo una vasta schiera di discepoli e di operatori, contribuì in maniera decisiva all’affermazione di un’attività che, tra Otto e Novecento, costituì uno dei settori economici più importanti della città.

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