IO CREDO LA VITA ETERNA – Relazione del nostro Arcivescovo Mons. Domenico D’Ambrosio (con audio)
E’ un po’ la storia della parabola del figlio minore che va via e de maggiore che rimane ma non vive e non comprende la ricchezza della sua misericordia.
Può essere la metafora della nostra vita.
C’è però sempre una speranza: che arrivi, anche per chi si è allontanato, la nostalgia del Padre.
Certo, se guardiamo alla morte convinti che si sta camminando verso la casa del Padre, dove c’è amore ritrovato e rinnovato, perdono sicuro, accoglienza amorevole, non si ha più paura.
Ma questo è un cammino lungo perché fatichiamo nel capire e nell’accettare che Dio si prenda cura di noi, che ci sia accanto. In fondo anche gli Apostoli spesso sono dubbiosi e tentati di abbandonare Gesù: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6, 67). Dovremmo avere il sussulto e la fede di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 67).
Credere è dunque aggrapparsi a Gesù, farsi portare da Lui senza pretendere, lungo il cammino, di capire tutto.: con Lui sappiamo dove andare e siamo certi di arrivare.
Qui si comprende il vero significato della morte: se nascere vuol dire essere chiamati a un destino eterno, morire è andare incontro al compimento di tale destino.
L’attesa di questo compimento può essere messa a dura prova da sofferenze fisiche e morali, dalla morte, dalla stessa fede.
A volte , e molti Santi ne hanno fatto esperienza, si può attraversare la terribile “notte oscura”: la notte dei sensi, dello spirito, il vuoto, l’aridità, l’impotenza, persino la disperazione.
S. Giovanni della Croce così la descrive: “Il Signore ottenebra la luce e chiude la porta, ed essi annegano in questa notte la quale li lascia tanto aridi che essi non trovano alcun gusto nelle cose spirituali…, al contrario, vi trovano disgusto e amarezza… . Non si può dire con certezza quanto duri…”