IL VESCOVO DOMENICO… UN FLORIDO CAMMINO EPISCOPALE

IL VESCOVO DOMENICO… UN FLORIDO CAMMINO EPISCOPALE

SACERDOTE SANTO, VITTIMA PERFETTA 

Il brano di una Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo del 2008 a quarant’anni dalla morte di San Pio da Pietrelcina.

Sacerdote e vittima è l’esemplarità piena, è la conformità totale a Cristo Gesù che attraversa tutta la vita e il ministero del nostro Santo, sì che si può affermare che i valori esistenziali e fondanti la ricchez­za del Sacerdozio, in Padre Pio si sono espressi e realizzati appieno. Giovanni Paolo II, il Papa che ha saputo deli­neare nei suoi vari interventi l’identità Sacerdo­tale di Padre Pio, diceva che “un aspetto essen­ziale del Sacro ministero e ravvisabile nella sua (di Padre Pio) vita, è l’offerta che il Sacerdote fa di se stesso, come vittima di espiazione e di riparazione per i peccati degli uomini”. Sappiamo, e molti di noi per averne avuta per­sonale e diretta conoscenza, che questa verità trovava in p. Pio pienezza di espressione nella celebrazione della Messa, che era “la quotidiana e sofferta tensione di identificare la propria to­tale auto-donazione con l’auto-offerta del Figlio di Dio sul calvario, il luogo ove la sua missione a corredimere raggiungeva, nello spasimo, il suo apice, nonché la sua esplicitazione”. Affermazioni che tentano di narrare il ‘mistero tremendo’ che Padre Pio viveva quotidianamen­te entrando in esso, per dono e grazia, condi­videndo nella sua carne la passione di Cristo, vittima per tutti noi. La croce di Cristo che redime il mondo con­tinua ad essere piantata nella storia non come emblema o monumento in stridente contrasto con il rifiuto egoistico della compassione, ma come quotidiana condivisione del dolore del mondo che i tanti cirenei accolgono per portare a salvezza il tormento dell’uomo che non sa scoprire, per farla sua in prospettiva di salvezza, la tenerezza dell’amore del Padre che cerca e attende i figli dispersi. “Nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, c’è una ‘capienza’ davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzio­ne. Lo stupore deve accompagnare in modo speciale il ministero dell’Eucaristia.

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Infatti è lui, grazia alla facoltà datagli nel Sacramento dell’ordinazione Sacerdotale, a compiere la conSacrazione”. La lode, la benedizione e la gratitudine devono accompagnare la nostra celebrazione. È troppo grande il dono, sono misere e sciatte a volte le nostre risposte. La gratitudine al Padre per il dono che ci è stato fatto non può non farci avvertire che il ministero che ci fa presiedere l’eucaristia è un ‘ministero di bellezza’. Scrive Benedetto XVI: “La liturgia ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritas splendor”. Non siamo chiamati ad animare l’assemblea, ma a presiederla, a offrire all’assemblea la possibi­lità della comprensione e della celebrazione del mistero nel suo splendore e nella sua unica bellezza che ci viene data da contemplare. Il ‘grato stupore’ per il mistero che ogni giorno celebriamo deve essere al cuore e al centro del nostro ministero. Nell’Eucaristia sappiamo che lo Spirito santifica la Chiesa, ma santifica anche il presbitero che la celebra. Di questa azione trasformante e santificante dello Spirito Padre Pio è frutto: “La messa era per lui la ‘fonte e il culmine’, il ‘perno e il centro’ di tutta la sua vita e di tutta la sua opera”. Siamo chiamati come presbiteri a scoprire e a vivere il mistero che celebriamo, che ci lascia nello spazio e nel tempo ma ci accosta al non-spazio e al non-tempo, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste. Dunque pienamente inseriti nella storia e nelle vicende del tempo ma capaci di condurre l’as­semblea ‘in alto’. Come ministri che presiedono la celebrazione siamo chiamati a far cogliere all’assemblea convocata la puntuale fedeltà e presenza alla storia che deve saper leggere e interpretare i segni del passaggio sanante e santificante di Dio.

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