Il Mistero Pasquale nella Comunità Ecclesiale
Archivio Diocesano/Le Riflessioni per la Settimana Santa degli ultimi tre Arcivescovi che hanno guidato la Chiesa di Lecce.
FRANCESCO MINERVA – MESSA CRISMALE 1980
SACERDOTI, PREGATE DI PIÙ
Cari Sacerdoti è con Cristo, eterno Sacerdote, che noi dobbiamo continuamente confrontarci per essere suoi degni ministri e mantenerci all’altezza della responsabilità che ci è stata data di agire in sua persona e per sua autorità. Cristo che fa sua la missione del “Servo di Jahvè” e che si presenta come il “Buon Pastore” che dà la vita per gli uomini secondo il mandato ricevuto dal Padre. La nostra identità ed autenticità è Cristo, Sacerdote eterno; per cui occorre approfondire sempre più la conoscenza di Cristo, per conoscere e realizzare ancor più il nostro Sacerdozio, che è tutt’uno con quello di Cristo. La fedeltà di Cristo al Padre deve spronare la nostra fedeltà ferma a Cristo. Sacerdote ed Ostia è stata l’identità Sacerdotale di Cristo; cosi dev’essere pure la identità nostra saicerdotale: offrirci cioé completamente e totalmente al servizio di Cristo e della sua Chiesa in castità perfetta, in obbedienza piena, in povertà vera, annunziando ed attuando il regno di Dio. Occorre portare gioiosamente con Cristo la croce del nostro Sacerdozio, che liberamente abbiamo accettata nell’offerta di noi stessi nell’Ordinazione Sacra.
Certo non è in noi stessi che dobbiamo confidare, anche se abbiamo ricevuto il carisma dell’ordinazione Sacra, poiché questa non ci ha sottratti all’umana fragilità. La nostra forza è nella potenza della grazia ricevuta nella Sacra ordinazione; grazia che però dobbiamo continuamente ravvivare in noi, memori dell’esortazione di Paolo a Timoteo: “non trascurare il dono che è in te e che ti è stato dato con l’imposizione delle mani”. Lo stesso Apostolo dice di sé: “gratia Dei sum id quod sum; gratia Dei in me vacua non fuit”. Occorre tenere continuamente sveglia con la preghiera la grazia che i1 Signore ci ha donata; ed è necessario anche il nostro impegno quotidiano di offerta e donazione, perché essa grazia non vi rimanga soffocata dai gusti e desideri del secolo in cui viviamo. Diamo anche più tempo alla preghiera, compresa quella personale, nel raccoglimento, nella riflessione, nel colloquio intimo con il Signore. Ci sarà più facile così essere trovati fedeli al dono che Cristo ci ha elargito nella Sacra Ordinazione. Siamo grati a Dio ed a Cristo Signore della predilezione e scelta fatta di noi come ministri suoi e della Chiesa; ed impegniamoci ad essere piu intimamente uniti e conformi al Sommo ed Eterno Sacerdote Gesù Cristo, “che è lo stesso ieri, oggi ed in eterno” (Ebr. XIII, 8).
MICHELE MINCUZZI – VIA CRUCIS 1984
ESSERE ULTIMO, SCELTA DI LIBERTÀ
Questa via Crucis che ora si conclude è stata voluta come “Via Crucis degli ultimi” e abbiamo ascoltato le loro voci, le loro riflessioni che erano invocazioni per la liberazione dalla sofferenza, e per vincerla, (e sarebbe già miracolo), con l’accettazione. Ultimi siamo tutti: chi per un motivo, chi per un altro. Dio solo è il Primo l’Unico, l’Assoluto. Non mi va di distribuire i fratelli in una scala, sulla quale ci siano i primi e gli ultimi. Già l’antica saggezza latina faceva dell’amicizia una forza di unità nella eguaglianza. Quanto più la notizia portata da Gesù che il Padre ci ama come figli, che il Figlio, fattosi in tutto simile a noi, ci ama come fratelli, che lo Spirito del Padre e del Figlio ci ama con amore sponsale. Se avessimo la forza di collocarci all’ultimo posto senza autolesionismi, senza vigliaccheria, senza senso patologico di inferiorità, la società e la Chiesa se ne avvantaggerebbero in maturità, in buon senso umano, in solidarieta, in disponibilità per condividere i pesi della vita. Tutti hanno parlato, partecipando ai diversi momenti di tortura, di angoscia, di passione di Gesù. Ora fissandolo piu intensamente nel volto martoriato, la sua immagine si imprime in noi come già nella Sindone, e diventando sue viva icone non possiamo non sentirci, come Lui, gli ultimi.Non è possibile essere corpo di un capo ferito, sfigurato, irriconoscibile senza avere i suoi stessi sentimenti e senza comportarci come Lui si é comportato.
Essendo Dio, dice S. Paolo, l’Apostolo dell’amore ardente svuotò se stesso e si fece l’ultimo, che obbedisce offrendo la vita per darci il segno più forte dell’amore che salva. Questa sera noi diciamo: nel tuo volto straziato, sporco di sangue, di polvere noi vediamo il nostro volto di ultimi, di poveri, di semplici, amanti, quasi con furia, perché scontenti di quanto possiamo essere e compiere per Te e per i fratelli. Noi vediamo senza paura la nostra morte. La società, la Chiesa soffrono pericolosi squilibri e vivono in condizione di permanente conflitto, perché tutti siamo tentati (e talvolta cediamo) di essere i primi sia nel piccolo, sia nel grande ambiente. La scelta di essere ultimo, piccolo, povero, non preoccupato oltre la prudente misura e scelta di libertà e di pace. Ricordando la Parola di Gesù: gli ultimi saranno i primi, ci lasciamo nella certezza della prossima gioia della Pasqua di Resurrezione. Lo dico a me e a ciascun Gesu Risorto, il Vivente, la vita ci sazierà di luce, di fiducia, di entusiasmo per la vita nella misura in cui avremo accettato la condizione di essere ultimo. Chi pensa che quanto abbiamo meditato porti a dare le dimissioni alla vita, e in contraddizione con il suo nome di cristiano e con la sua presenza sotto la Croce di Gesù. Tu sei il Mistero per esserti fatto ultimo. Noi ci abbandoniamo a Te! (Lecce, Piazza S. Oronzo, 20 aprile 1984).
COSMO FRANCESCO RUPPI – PASQUA 2002
IL PASSAGGIO DI DIO
Pasqua è il passaggio di Dio, che libera il popolo dalla schiavitù e dona a noi Cristo Risorto, speranza e auspicio di Resurrezione e di vita. Celebrando il Risorto, celebriamo Cristo vivente, che cammina con noi sempre e ci guida sulla via della verità e della vita. Purtroppo, non tutti si accorgono di questopassaggio e quelli che se ne accorgono non sempre ne sono coinvolti fino al cambiamento della vita. Eppure, non c’è Pasqua, senza conversione; non c’è Pasqua, senza un reale e concreto ritorno a Dio. In questa prospettiva, pur nella ristrettezza dei tempi e nell’attuale marasma civile, sociale e politico, celebriamo anche quest’anno la Pasqua di risurrezione, riaffermando la fede nel Risorto e la speranza nella nostra resurrezione. “Se Cristo è Risorto – afferma l’Apostolo Paolo – anche noi possiamo e dobbiamo risorgere!”. La Resurrezione, però, non è un fatto automatico, ma è frutto di coscienza e di volontà. È l’uomo che deve risorgere, ogni uomo, e con lui, anche la famiglia, la comunità civile e la comunità ecclesiale che devono risorgere per avviarsi verso una nuova vita, fatta di libertà, giustizia e pace, ma anche di carità e di grazia. La grazia di Cristo Risorto, infatti penetra nei nostri cuori e nella nostra vita e ci rende protagonisti di un mondo nuovo, in cui tutti gli uomini si sentono fratelli e sorelle.
La terra del Salento si è distinta in questi anni per la sua vitalità e per il suo costante, spesso eroico impegno di accoglienza dei profughi ed immigrati. Ma, sullo sfondo di questa ben riconosciuta caratteristica, vi è un mare di sofferenza e di problemi: un nuovo rigurgito di criminalità e microcriminalità, la disoccupazione giovane e intellettuale, la diffusione di case da gioco, la carenza di strutture civili e sociali, il problema ecologico, la litigiosità tra le forze politiche, con gratuite aggressioni degli uni verso gli altri… costituiscono alcuni dei mali, che la nostra società è chiamata a risolvere con tenacia e sapienza, ritrovando la gioia di lavorare insieme e sempre, mirando al bene delle nostre popolazioni. In questo frangente storico particolarmente difficile e delicato, celebriamo il passaggio di Dio, nella fiducia che tutti accolgano il Cristo Risorto, offerto dallo Spirito nella Chiesa e imparino a vivere nella luce della resurrezione. È l’augurio che rivolgiamo di cuore alla comunità cristiana, al Salento e al popolo di Puglia, nella certezza che il bene è più forte del male e nella speranza di poter realizzare un mondo migliore.