Gli esercizi spirituali per tutti. Come una finestra aperta sul cielo limpido delle Beatitudini
articolo ripreso da portalecce
C’è una profonda differenza fra il dire e l’annunciare, tra l’ammaestrare e il convertire, fra spiegare il testo sacro e il mostrarne la forza profetica.
Tutto questo è apparso subito evidente a chi ha avuto il pacere di ascoltare l’arcivescovo coadiutore mons. Angelo Panzetta che, per quattro giorni, ha tenuto gli esercizi spirituali nella affollatissima chiesa parrocchiale di San Bernardino Realino, alla periferia della città, nel diretto coinvolgimento di tutto il popolo di Dio.
Questa novità procedurale, questa voluta vicinanza alla quotidianità, è molto simile all’esperienza antica della missione popolare e, al pari della missione, aiuta la riflessione e la conversione, facilita l’incontro efficace con la verità e fa sentire il calore dell’amicizia di Dio. In qualche modo la missione, libera dalla pesantezza delle abitudini restituisce la capacità di stupirsi e di meravigliarsi, e consente a ciascuno di ritrovare, nei gesti d’ogni giorno, il senso e la responsabilità della propria vocazione. È come aprire una finestra difronte al cielo limpido delle beatitudini, là dove il dialogo con il Signore diventa facile, fluido e liberatorio.
Fine conoscitore del testo sacro, mons. Panzetta non parlava del testo sacro, ma ne annunciava la verità e quando scavava nei significati delle parole, non si ergeva come esegeta, ma come innamorato testimone di una sorgente a disposizione di tutti. Il suo era un continuo rinvio all’Autoredel brano che commentava ed un invito a considerare le comunità per le quali la lettera era stata dettata e quindi poi anche la comunità che s’era posta in ascolto: un ascolto attentivo, che genera iniziativa, che sollecita a mettersi in viaggio, a muoversi, a farsi popolo in cammino.
Possiamo ben dire che l’arcivescovo Panzetta ha dettato gli esercizi spirituali, nel senso antico di questa espressione, perché ha certamente spiegato, ma ha anche chiesto di scrivere, persino sulla carta, e principalmente di imprimere nella memoria. Anzi, ha più volte ripreso il discorso, per coglierne i punti salienti, per rammentare e quindi per fermare meglio ogni passaggio, per sollecitare ad avviare l’azione, le buone opere, la conversione, che nella Quaresima trova un suo tempo propizio.
Il dettare implica sempre una parola che viene offerta perché chi l’ascolta possa tradurla in operazioni specifiche: lo scrivere, il tradurre e il trasferire in operazioni, in gesti, in atteggiamenti e quindi in comportamenti conseguenti e coerenti.
Il popolo di Dio presente in San Bernardino Realino ha mostrato sorpresa e gradimento, stupore e comprensione, rispetto e devozione. Veniva in mente l’immagine di Giovanni Paolo II che, parlando degli esercizi spirituali dettati sistematicamente dal card. Martini nella cattedrale di Milano, diceva: “nulla può sostituire la presenza del vescovo … che personalmente spiega la Parola a coloro che ha radunato attorno a sé…”, come “…un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt. 13,52). Il tesoro non è suo, e mons. Panzetta più volte lo sottolineava. “Guardate in alto – egli diceva -; è lassù, la sorgente della verità”. E poi verso la conclusione ha voluto aggiungere: “vi consegno un compito per casa: rileggete la Prima lettera di San Pietro. Per intero. E meditatela”.
Una grande e bella esperienza di umile fraternità.
*già direttore de L’Ora del Salento