gioia per un traguardo che vivrò ‘in famiglia’

gioia per un traguardo che vivrò ‘in famiglia’

articolo ripreso da portalecce

Si avvicinano i giorni della festa per celebrare i venticinque anni di carità della Fondazione Regina Pacis in Moldavia.

 

 

A spegnere le venticinque candeline con don Cesare Lodeserto, sacerdote leccese fidei donum, arriveranno a Chișinău – e si fermeranno dal 24 al 28 settembre prossimi – l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta accompagnato dall’arcivescovo emerito Michele Seccia, da dodici sacerdoti e da due diaconi. “La Chiesa di Lecce – confida il sacerdote – è la mia famiglia e mai ho pensato che potesse essere qualcosa di diverso, anche nei momenti difficili”.

Non è un bilancio quello che traccia don Cesare ma il racconto di un’esperienza che ha unito – in opere concrete di carità – due Chiese sorelle, quella di Lecce e quella moldava, e che, in qualche modo, ha ridisegnato anche la sua vita di prete con sfumature decisamente missionarie.

 

Don Cesare, i 25 anni di presenza della Fondazione Regina Pacis in Moldavia segnano una tappa fondamentale nella relazione tra la Chiesa di Lecce, dove la Fondazione ha mosso i primi passi e la Chiesa di Chișinău dove, invece, essa è approdata nel segno della carità. Con quali sentimenti stai vivendo questa ricorrenza?

I miei sentimenti sono di gioia. Per far comprendere lo stato d’animo faccio riferimento ai sentimenti di chi attende con ansia la propria famiglia. La Chiesa di Lecce è la mia famiglia e mai ho pensato che potesse essere qualcosa di diverso, anche nei momenti difficili. Infatti, la vera ricorrenza è proprio l’arrivo dell’arcivescovo, con un bel numero di confratelli. Tutto questo è un dono stupendo. Devo dire che anche la comunità diocesana e lo stesso vescovo mons. Anton Cosa, si preparano a vivere questa visita come un momento importante per la Chiesa moldava. I miei sentimenti sono quelli di tanti altri confratelli qui in Moldavia, dei collaboratori della Fondazione Regina Pacis, tutti consapevoli che questo evento sarà occasione di crescita nella comunione ecclesiale. Due realtà diocesane che camminano insieme da ben venticinque anni si ritrovano insieme ed è il quarto arcivescovo metropolita di Lecce che arriva in Moldavia. Tutto questo ha un significato.

 

Il servizio della Fondazione in Moldavia è coinciso in questo quarto di secolo con il tuo ministero presbiterale che ha assunto un’impronta quasi totalmente missionaria… Insomma, la Moldavia ti ha cambiato anche come prete?

Ben 25 anni di sacerdozio, su quaranta, sono stati vissuti in Moldavia e sempre con lo spirito del missionario, cioè di colui che deve spendere la propria vita, rinunciando a qualcosa che non appartiene alla condizione del missionario. Potrei fare un elenco abbastanza lungo delle rinunce in questi 25 anni, ma il vero valore è in tutti quegli “eccomi” che hanno dato un senso alla dimensione missionaria della mia presenza in Moldavia. Anche il distacco dalla famiglia ha un peso, ma io ringrazio tutti i miei familiari perché mi hanno sempre compreso e sostenuto. La missione, ovunque essa sia, ti cambia, libera la mente e il cuore dalle tante cose che altrove sono ritenute indispensabili, rende diverso lo sguardo rivolto a coloro che sono i destinatari del tuo ministero. La missione va vissuta da “innamorati di Dio”, altrimenti è bene tornare nella propria terra e svolgere tranquillamente il ministero assegnato. La missione ti insegna che la solitudine è un valore, la preghiera ed il confronto con la Parola di Dio un cibo necessario, la fatica e la sofferenza un percorso necessario. Tutto con gioia!

 

Nella celebrazione di questa ricorrenza è inevitabile il ricordo dell’arcivescovo Ruppi…

Il ricordo di mons. Ruppi in questi giorni direi che è scontato. Il vero ricordo è quello di ogni giorno, è il ricordo della sua telefonata quotidiana la sera, solo per chiedere di che cosa avessi bisogno. Mons. Ruppi per me è stato un “padre” e lui solo ha conosciuto fino in fondo le mie sofferenze ed anche le reali motivazioni di tante vicende, che ormai appartengono al passato, pur se le ferite fanno ancora male. Lui mi ha sempre detto di andare avanti e non temere. Ed è ciò che ho fatto. La sua scomparsa per me è stato un momento difficile, però lui prima di morire mi ha affidato alla bontà di mons. Anton Cosa, vescovo di Chișinău. I successori do mons. Ruppi non mi hanno fatto mancare attenzione e vicinanza, soprattutto mons. Michele Seccia, con la sua paternità. Oggi la Chiesa di Lecce vive il dono della presenza di mons. Angelo Raffaele Panzetta e la sua scelta di venire in Moldavia con un gruppo numeroso di sacerdoti è un segno chiaro della sua attenzione a questa missione.

 

La visita in Moldavia, per la prima volta, dell’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta, accompagnato da mons. Seccia, da dodici sacerdoti e da due diaconi, conferma e rafforza la comunione tra le due Chiese e soprattutto apre a nuove prospettive in un futuro che è ancora tutto da scrivere.

La visita dell’arcivescovo Panzetta, accompagnato da mons. Michele Seccia per me è qualcosa di meraviglioso e sono grato a loro per aver voluto dedicare un po’ del loro tempo a questo viaggio. Questa è la visita della mia Chiesa alla Chiesa alla quale sono stato affidato. Non è la visita a don Cesare, ma l’incontro con una comunità, quella moldava, che ha conosciuto in venticinque anni la bontà della Chiesa di Lecce. Sono sicuro che questo sarà lo spirito con il quale l’attuale arcivescovo di Lecce vivrà questo viaggio. Il programma prevede la visita alle opere della Fondazione Regina Pacis, ma anche l’incontro con la comunità moldava nella cattedrale e con altre quattro comunità parrocchiali. Nella celebrazione della chiesa cattedrale ci saranno quasi tutti i sacerdoti della diocesi di Chișinău, insieme alle religiose. L’obiettivo è quello di consolidare la comunione tra le due Chiese, perché le opere che sono sotto il titolo della Fondazione Regina Pacis sono le opere realizzate dalla Chiesa di Lecce in venticinque anni. Non condivido che si parli delle opere di don Cesare: assolutamente no! Io sono stato uno strumento, come lo è stato don Massimiliano Mazzotta con la sua presenza, i diversi volontari che sono venuti da Lecce, le stesse Suore Salesiane dei Sacri Cuori che sono state in Moldavia otto anni. Questa è la Chiesa di Lecce, per cui le prospettive possono essere quelle di una continuità, che oggi l’Ufficio missionario diocesano sta alimentando. Ci vuole tempo, preparazione, studio delle lingue, coraggio nella carità e convinzione nella fede. Va ricordato che esiste anche una presenza importante ed istituzionale della Chiesa di Lecce all’interno del Tribunale ecclesiastico moldavo, con la presidenza di don Antonio Sozzo e la collaborazione di don Vincenzo Martelladon Gianmarco Errico e don Andrea Gelardo.

 

In cosa si concretizza oggi l’opera della Fondazione? Quali sono i rapporti con la diocesi e con il vescovo Cosa e quali sono gli obiettivi che vi siete posti oltre le emergenze che purtroppo non mancano mai, ultima in ordine di tempo, la guerra nella vicina Ucraina.

Oggi la Fondazione Regina Pacis è un ente della diocesi di Chișinău, come lo è la Caritas ed altri. È il vescovo di Chișinău che nomina il presidente ed il consiglio di amministrazione. Quindi parliamo di una realtà totalmente inserita nella Chiesa locale, pur conservando la Fondazione il legame con la Chiesa di Lecce. Con il passare del tempo anche la mia presenza si è inserita totalmente nella vita della diocesi, infatti, oggi sono il vicario generale della diocesi, sono parroco di due parrocchie e svolgo altri servizi per il bene della Chiesa locale. Questo è stato possibile anche perché nel corso degli anni sono riuscito a formare un gruppo di laici, primo fra tutti Ilie Zabica, che dirigono la Fondazione in modo eccezionale. Infatti, uno dei successi della Fondazione è proprio la formazione dei laici e la loro autonomia gestionale. Le opere della Fondazione sono sotto gli occhi di tutti. Abbiamo due case-famiglia, due mense per i poveri, una scuola nel carcere minorile, un centro pastorale per la comunità italiana ed altri progetti che hanno sempre come obiettivo i bambini e le famiglie. Un impegno importante è stato quello dell’accoglienza dei rifugiati ucraini, che ancora oggi procede, anche se in forma molto ridimensionata, rimangono soprattutto l’assistenza sanitaria e l’accoglienza degli anziani. Non mi pongo domande sul futuro, perché in questi venticinque anni ho lasciato che fosse la Divina Provvidenza a segnare il cammino della mia presenza missionaria e della Fondazione Regina Pacis. Certamente vedere la presenza in Moldavia di qualche confratello mi renderebbe felice. Anche questo è nelle mani di Dio!

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