‘Essere dono di sé e della propria vita’. De Castro a Lecce per presentare ‘Il bimbo e le belve’
articolo ripreso da portalecce
Stasera, alle 18:30, nella chiesa di Sant’Elisabetta, annessa a Palazzo Scarciglia in Via Libertini a Lecce, sarà presentato il libro “Il bimbo e le belve” di Viliam Amighetti e Roberto De Castro.

Il prof. De Castro, oggi diviso tra Lecce e Piacenza, custodisce un legame profondissimo con la sua terra. Originario di San Pietro Vernotico, nell’arcidiocesi di Lecce, dove affondano le radici della sua famiglia e i ricordi più intimi, mantiene uno speciale attaccamento a Lecce e alla sua comunità, arricchito dal ricordo felice delle estati trascorse a Gallipoli.
L’autore dialogherà con mons. Antonio Montinaro, presidente della Fondazione Splendor Fidei, e con Antonio Tarentini, avvocato onorario dello Stato. L’incontro sarà introdotto dai saluti dell’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta e del prefetto Natalino Manno. L’evento è promosso dalla Fondazione Splendor Fidei e da ArtWork.
“Il bimbo e le belve” è un racconto che intreccia memoria, testimonianza e riflessione etica. Al centro vi è la storia vera di Thien Nhan, neonato abbandonato nella foresta vietnamita, gravemente mutilato dagli animali e sopravvissuto miracolosamente per tre giorni fino al ritrovamento da parte di alcuni monaci.
La sua vicenda si lega a quella del chirurgo pediatrico Roberto De Castro che, nel corso della sua carriera – tra Bologna, Regno Unito, Arabia Saudita, Bangladesh e altri paesi – ha sviluppato tecniche innovative per la ricostruzione genitale nei bambini. Informato del caso di Thien Nhan, De Castro accettò di intervenire, avviando un percorso di cura che cambiò la vita del bambino e, in molti sensi, anche la sua.
Il volume segue i viaggi, le missioni chirurgiche, le collaborazioni con medici locali e internazionali e la nascita dell’associazione “Thien Nhan & Friends”, che offre assistenza a bambini con gravi malformazioni o mutilazioni. Non si tratta quindi di una semplice biografia, ma di un racconto corale che intreccia vicende personali, professionali e spirituali, con al centro il messaggio che la fragilità non è un limite, ma lo spazio in cui si manifesta la forza della vita.
De Castro è chirurgo pediatrico di fama internazionale. Ha portato competenze cliniche di altissimo livello nei paesi in via di sviluppo, unendo rigore scientifico e attenzione alla dimensione etica della medicina. Autore di saggi e articoli, ha sempre considerato la cura come un gesto che riguarda l’interezza della persona.
Prof. De Castro, quanto e come la storia di Thien ha cambiato la sua vita?
Profondamente. È stato un incontro fatidico, che il destino mi ha benevolmente riservato, pur nella drammaticità di quanto accaduto a Thien Nam neonato, ma con il miracolo della sua sopravvivenza e il fascino straordinario della sua vita successiva. Da quell’incontro è nato a sua volta un altro “miracolo”: le missioni mediche umanitarie volontarie in Vietnam, alle quali da 15 anni dedico un impegno costante e che hanno ormai assunto rilievo istituzionale e notorietà internazionale. Nella prossima missione, prevista a novembre e della durata di quattro settimane, oltre ai bambini vietnamiti, opereremo anche pazienti provenienti dalle Maldive, dal Sudan e dal Bangladesh.
In che modo l’esperienza di chirurgo ha influito sul suo rapporto con la fede?
Non è semplice per me rispondere, per una naturale discrezione nel parlare di un tema così intimo e personale. La fede, la mia fede, si è progressivamente rafforzata nel corso degli anni: le difficoltà della vita, le sfide della professione e le scelte da compiere mi hanno spesso spinto a chiedere aiuto, a cercare sostegno, nella fede. Vi ho trovato sempre una grande consolazione!
La presentazione del suo libro qui a Lecce coincide con l’inizio dell’ottobre missionario. In che modo la missione, soprattutto verso i poveri e a sostegno dei Paesi in via di sviluppo, può essere letta oggi non solo come annuncio del Vangelo, ma anche come servizio, volontariato e dono concreto della propria vita?
Questa coincidenza mi fa molto piacere. In questa occasione il libro viene ripresentato e discusso in un contesto diverso, che per me è fonte di nuove riflessioni. Ho avuto esperienze di missioni mediche umanitarie nel senso più autentico del termine, in particolare in Bangladesh, dove sono stato cinque volte negli anni a lavorare in un piccolo ospedale costruito dai Padri Saveriani su un terreno donato dal vescovo di Khulna. Lì, con le Suore Infermiere e davanti a una fila interminabile di famiglie povere che non avrebbero avuto altra possibilità di ricevere cure, le giornate iniziavano con la preghiera e proseguivano ininterrotte fino a sera. In quel contesto ho sentito profondamente di svolgere un servizio, un dono concreto e cristiano attraverso il mio lavoro. Le missioni in Vietnam hanno caratteristiche diverse: si tratta di interventi chirurgici altamente specialistici e selezionati, sempre rivolti ai poveri ma accompagnati anche da attività di insegnamento e condivisione con i medici locali. Esperienze diverse, eppure le accomuna la speranza di custodire il senso più autentico di ogni missione: essere dono di sé e della propria vita.