#DONDONATO50. ‘Una sempre più fruttuosa missione sacerdotale per la gloria di Dio’
articolo ripreso da portalecce
In occasione del 50° anniversario di sacerdozio dell’arcivescovo di Otranto, mons. Donato Negro che si celebra domani 15 luglio, Portalecce pubblica una serie di interventi non solo per festeggiarlo ma soprattutto per fare memoria ed invitare la comunità diocesana leccese, di cui egli è figlio, alla preghiera per lui e per le vocazioni al sacerdozio.
È con immensa gioia fraterna che mi unisco al rendimento di grazie al Signore per il Giubileo d’oro dell’ordinazione presbiterale dell’arcivescovo Donato Negro, per noi leccesi carissimo don Donato.
Gioia immensa fu per la Chiesa di Lecce quel 15 luglio 1972 quando l’indimenticabile mons. Francesco Minerva lo ordinò presbitero: una vera festa per tutti noi sacerdoti di mezza età che guardavamo con fiducia alle nuove generazioni sacerdotali della Chiesa leccese negli anni di crisi vocazionale in tutta Italia.
Per la sua solida formazione culturale e spirituale, per la sua passione allo studio e l’attenzione ai problemi vocazionali manifestate egregiamente nel seminario regionale, mons. Minerva lo inviò subito a Roma per completare gli studi accademici e nello stesso tempo dirigere spiritualmente gli alunni del Seminario minore romano.
È fu proprio lì che l’anno successivo nel novembre 1973 avvenne il mio primo incontro di vescovo, appena eletto, con lui, giovanissimo sacerdote. Ebbe così inizio la nostra fraterna amicizia.
Successivamente, anche se da lontano, ho avuto modo di conoscerlo, stimarlo e apprezzarlo nei diversi e impegnativi compiti pastorali affidatigli dai suoi vescovi.
Mons. Minerva lo nominò prima vicerettore e poi rettore nel seminario diocesano: una esperienza educativa e formativa solida, svolta alla luce del Decreto Conciliare “Optatam totius“.
Mons. Mincuzzi gli affidò l’ufficio di provicario generale della diocesi, vera palestra di formazione pratica per il governo pastorale di una diocesi.
Mons. Ruppi lo nominò parroco in San Pietro in Lama per dargli la possibilità di fare esperienza pastorale diretta a contatto col popolo: una esperienza breve ma ricca di iniziative tese alla costruzione di una parrocchia come comunità di comunità, famiglia di famiglie, tutta missionaria e tutta ministeriale.
Simultaneamente altri incarichi nel campo della cultura, dell’insegnamento e della gioventù lo hanno messo a generoso e competente servizio della nostra Chiesa di Lecce, culminato a livello più ampio nel 1990 con la nomina a rettore del Pontificio seminario regionale a Molfetta.
Durante le frequenti riunioni a Molfetta della Conferenza episcopale pugliese della quale ero membro, ho avuto modo non solo di incontrarlo più spesso, ma anche di notare con quanta diligenza, competenza e dedizione svolgeva il delicato compito di accompagnare i futuri sacerdoti nella loro formazione umana, spirituale, culturale e pastorale alla luce dell’Esortazione di Giovanni Paolo II “Pastores dabo vobis” pubblicata in quegli anni, anche perché solidamente attrezzato dalle due prestigiose lauree in pedagogia e in teologia .
Unanimi erano la stima e l’apprezzamento sia dei vescovi sia della Santa Sede. E con gioia di tutti fu accolta il 22 dicembre 1993 la sua nomina di vescovo nella stessa diocesi di Molfetta, come successore del Venerabile Servo di Dio Mons. Tonino Bello.
Con la sua ordinazione episcopale, alla quale ho avuto la grazia di concelebrare e imporgli le mani, la nostra amicizia e soprattutto la nostra fraternità sacerdotale, come figli della Chiesa madre di Lecce, si arricchiva del vincolo ulteriore della successione apostolica. Un’amicizia fraterna leale, sincera, la nostra, anche se chiamati a servire la Chiesa in sedi più lontane geograficamente, ma che ci rendevano sempre più vicini spiritualmente.
Non potrò dimenticare i suoi inviti per diverse celebrazioni a Molfetta. Mi è rimasta soprattutto impressa quella della conclusione del Congresso eucaristico diocesano del 3 maggio1998 e del processo diocesano di canonizzazione del Servo di Dio don Ambrogio Grittani, che era stato mio professore di latino.
Ho colto allora il segreto delle numerose vocazioni sacerdotali nella sua diocesi: l’adorazione eucaristica notturna con le famiglie e l’amore intensamente eucaristico del suo pastore che dalla contemplazione e dalla preghiera traeva il fascino e il vigore di un’azione pastorale intensa, lungimirante, creativa, propositiva, aperta al dialogo, attenta ai segni dei tempi e alle sfide sempre nuove alla missione della Chiesa, come risulta anche dalle sue dotte e concrete Lettere pastorali che sempre mi mandava.
Devotissimo dei Santi Martiri di Otranto fin da ragazzo, sono solito fare ogni anno un pellegrinaggio personale. La nomina di don Donato ad arcivescovo di Otranto nel 2000 mi ha offerto e mi offre la possibilità di cementare la nostra amicizia, anche perché nella successione apostolica abbiamo in comune diversi predecessori.
Un’amicizia costante, la nostra, vissuta soprattutto in due reciproci eventi giubilari: nel 2003 egli da Otranto venne a Palermo in occasione del mio cinquantesimo di sacerdozio e io nel 2018 da Roma mi recai a Otranto per il venticinquesimo del suo episcopato.
Grande festa comune fu il 12 maggio 2013 concelebrare insieme con Papa Francesco per la canonizzazione dei Martiri Otrantini, il cui annuncio gioioso era stato dato l’11 febbraio a noi cardinali da Papa Benedetto XVI poco prima di quello tristissimo della sua rinunzia al Sommo Pontificato.
Momenti particolari di grazia sono state le due ordinazioni episcopali da lui presiedute: a Molfetta di mons. Felice di Molfetta e a Otranto di mons. Vincenzo Pisanello, mio quarto successore oritano. Sono stato presente per suo gentile invito.
E allora, come anche nella conclusione del Congresso mariano diocesano del 16 maggio 2010, testimonianza del suo grande amore filiale per la Mamma celeste, ho avuto modo di apprezzare in lui la fluidità della parola profonda, chiara, incisiva di chi si nutre della Parola di Dio, la dignità e la bellezza delle celebrazioni liturgiche, rivelatrici di un cuore sacerdotale compreso del mistero che contengono, e la paternità soave e forte di una carità pastorale che sa donarsi al clero e ai fedeli come segno accogliente di comunione ecclesiale e stimolo a una formazione permanente necessaria per rispondere alla fondamentale e universale vocazione alla santità e alla missione.
L’apprezzamento dei vescovi italiani, che gli hanno affidato importanti compiti nazionali, e dei vescovi pugliesi, che lo hanno eletto loro presidente, ne è la conferma più significativa.
Auguro di cuore al carissimo confratello Donato lunghissimi anni di vita in buona salute, in crescente santità e in sempre fruttuosa missione sacerdotale per la gloria di Dio, per l’edificazione del suo popolo e per la gioia di quanti lo conosciamo, lo stimiamo e lo amiamo.
*arcivescovo emerito di Palermo