All’indomani del furto sacrilego. Seccia presiede la messa di riparazione al polo oncologico

All’indomani del furto sacrilego. Seccia presiede la messa di riparazione al polo oncologico

articolo ripreso da portalecce

Sono ancora forti il rammarico e il dolore dopo gli atti vili compiuti sabato scorso nelle due cappelle ospedaliere leccesi rette da don Gianni Mattia e da don Angelo Rizzo.

 

 

E ancora risuona l’appello alla conversione che l’arcivescovo Michele Seccia ha rivolto a chi ha macchiato le sue anime di un gesto sacrilego: “Convertitevi – ha scritto nella lettera inviata ieri alla comunità diocesana (LEGGI) -! Con la vostra condotta avete tentato di spegnere il barlume di speranza dei nostri fratelli e sorelle più fragili, che ogni giorno si recano davanti ai Santissimo Sacramento per consegnare le proprie paure, angosce e fatiche. Ma vi dico anche: Coraggio! C’è misericordia per tutti, se si ritorna al Signore contriti di cuore. Che il Dio misericordioso vi doni misericordia e vi conceda il dono della speranza”.

Come annunciato ieri, stamattina alle 10,30, Seccia presiede una messa di riparazione nella cappella intitolata a San Giuseppe Moscati nel polo oncologico, dalla quale è stata trafugata una pisside con le ostie consacrate. Concelebrano con lui i due cappellani. Lo stesso faranno i sacerdoti della diocesi nella messa di oggi in tutte le chiese. L’arcivescovo ha chiesto anche di prolungare la preghiera con l’adorazione eucaristica.

“Profanare la Santa Eucarestia e quindi la speranza di tanti che ogni giorno qui vi si recano per trovare sollievo e conforto lo trovo non solo un atto deplorevole ma squallido e vergognoso. Con quale coraggio si entra in questo luogo di grande sofferenza per compiere tali crimini – si chiede don Angelo Rizzo – ?”

Di notevole impatto emotivo anche l’appello di don Gianni Mattia, al quale i ladri hanno rubato dalla sagrestia della cappella del “Fazzi”, anche il calice della sua ordinazione sacerdotale: “Ciò che vorrei tanto trovare è il calice di quando sono diventato sacerdote non per il suo valore economico che conta poco, quanto per il valore affettivo che esso rappresenta. Non devo essere attaccato alle cose materiali e lo comprendo, ma è un ricordo che mi piacerebbe conservare dopo 27 anni di sacerdozio, aver perso quel calice mi dispiace molto. Grazie a tutti voi se potrete darmi una mano a ritrovare quanto rubato”. 

 

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