All’indomani del furto sacrilego. Seccia presiede la messa di riparazione al polo oncologico
articolo ripreso da portalecce
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- di don Emanuele Tramacere
- Categoria: vita diocesana
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Sono ancora forti il rammarico e il dolore dopo gli atti vili compiuti sabato scorso nelle due cappelle ospedaliere leccesi rette da don Gianni Mattia e da don Angelo Rizzo.
E ancora risuona l’appello alla conversione che l’arcivescovo Michele Seccia ha rivolto a chi ha macchiato le sue anime di un gesto sacrilego: “Convertitevi – ha scritto nella lettera inviata ieri alla comunità diocesana (LEGGI) -! Con la vostra condotta avete tentato di spegnere il barlume di speranza dei nostri fratelli e sorelle più fragili, che ogni giorno si recano davanti ai Santissimo Sacramento per consegnare le proprie paure, angosce e fatiche. Ma vi dico anche: Coraggio! C’è misericordia per tutti, se si ritorna al Signore contriti di cuore. Che il Dio misericordioso vi doni misericordia e vi conceda il dono della speranza”.
Come annunciato ieri, stamattina alle 10,30, Seccia presiede una messa di riparazione nella cappella intitolata a San Giuseppe Moscati nel polo oncologico, dalla quale è stata trafugata una pisside con le ostie consacrate. Concelebrano con lui i due cappellani. Lo stesso faranno i sacerdoti della diocesi nella messa di oggi in tutte le chiese. L’arcivescovo ha chiesto anche di prolungare la preghiera con l’adorazione eucaristica.
“Profanare la Santa Eucarestia e quindi la speranza di tanti che ogni giorno qui vi si recano per trovare sollievo e conforto lo trovo non solo un atto deplorevole ma squallido e vergognoso. Con quale coraggio si entra in questo luogo di grande sofferenza per compiere tali crimini – si chiede don Angelo Rizzo – ?”
Di notevole impatto emotivo anche l’appello di don Gianni Mattia, al quale i ladri hanno rubato dalla sagrestia della cappella del “Fazzi”, anche il calice della sua ordinazione sacerdotale: “Ciò che vorrei tanto trovare è il calice di quando sono diventato sacerdote non per il suo valore economico che conta poco, quanto per il valore affettivo che esso rappresenta. Non devo essere attaccato alle cose materiali e lo comprendo, ma è un ricordo che mi piacerebbe conservare dopo 27 anni di sacerdozio, aver perso quel calice mi dispiace molto. Grazie a tutti voi se potrete darmi una mano a ritrovare quanto rubato”.