il sito ufficiale per la canonizzazione di mons. Nicola Riezzo

scritti del 1998, Scritti su Mons. Riezzo

Omelia di Mons. Ruppi ai funerali di Mons. Nicola Riezzo (22 agosto 1998)

La parola dell’Apostolo ci ha ricordato che “quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli” (2 Cor 5,1 sq).

“Siamo pieni di fiducia, Fratelli e Sorelle, - ci ha detto San Paolo – e preferiamo andare in esilio dal corpo, per abitare presso il Signore”.

Quando mi sono inginocchiato, un’ora dopo il decesso, dinanzi alla salma del nostro venerato e caro mons. Riezzo, non ho avvertito nel cuore alcuna sofferenza, ma ho sentito, invece, un immenso trasporto, la gioia, cioè, di pensarlo già nel regno dei cieli, la certezza di vedere, in lui, un nostro nuovo protettore presso il trono di Dio.

L’arcivescovo Riezzo ci ha lasciato, come era suo costume e suo ardente desiderio, in punta di piedi. Se n’è andato quasi in silenzio, sommessamente, pago di aver solo fatto la volontà del Signore, di aver servito la Chiesa con umiltà e fiducia, di aver obbedito al Vicario di Cristo, al quale si è sempre sentito profondamente unito e collegato.

Il Signore lo ha chiamato il giorno prima del 71° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, per associarlo alla messa eterna del cielo.

Lo ha chiamato dopo una lunga preparazione, trascorsa in silenziosa preghiera e serena sofferenza, sempre sorretto dall’affetto dei devoti nipoti e dalla fraterna assistenza del parroco di questa chiesa matrice.

Lo hanno amato tutti; lo abbiamo amato tutti, questo santo Vescovo!

Lo hanno amato i suoi concittadini, gli innumerevoli alunni di Teologia del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, le suore salesiane dei SS. Cuori che lo ebbero, per decenni, confessore e direttore spirituale.

Lo hanno amato, soprattutto, i fedeli di Castellaneta, di Otranto, di Ugento-S.Maria di Leuca, di Lecce, che, 17 anni fa, lo riabbracciò, quando, lasciato il servizio episcopale attivo, per raggiunti limiti di età, si ritirò a Squinzano, suo paese natio, per svolgere l’umile ufficio di vice parroco, confessore, animatore di opere di culto e di carità, collaboratore dimesso, ma generoso del Vescovo, che lo ha sempre riguardato non solo come una reliquia vivente del Concilio Vaticano II, ma come la perla più splendida del clero leccese.

Mons. Riezzo non ha mai fatto cose eclatanti in vita sua, ma ha fatto in modo mirabile tutto quello che il Signore gli chiedeva di fare.

E quando gli accadde di ricevere, ad Otranto, 18 anni fa Giovanni Paolo II, in occasione del V Centenario dei BB. Martiri, lo fece con tale umiltà e tale devozione, che più volte il Santo Padre lo ha ricordato personalmente, anche in occasione della sua Visita a Lecce del 18 settembre di quattro anni addietro.
Novantaquattro anni di età, 71 di sacerdozio, una trentina di insegnamento teologico e 40 di episcopato: sono una somma di meriti assai rari, anche in tempi di prolungata longevità, come quelli presenti.

Ma c’è un tratto particolare che ha segnato la sua longeva esistenza: il Vescovo Nicola non si è mai sentito un padre della Chiesa, ma si è sempre sentito suddito e figlio della Chiesa.

Amava la Chiesa con la semplicità dei figli e la generosità dei padri. Dopo aver lungamente insegnato la teologia della Chiesa, il 29 giugno 1958 venne inserito nel Collegio apostolico, per servire l’amatissima Chiesa di Castellaneta, alla quale donò undici anni di fervido e appassionato lavoro, curandone tutte le articolazioni ecclesiali: amò i sacerdoti e i religiosi, moltiplicò le parrocchie, visitò le campagne, sostenne lo sviluppo sociale e civile di quella parte del territorio tarantino, allora più carica di affanni e di problemi di quanto non sia oggi.

Promosso alla antica e rinomata Sede idruntina, il 28 aprile 1969, continuò il suo servizio episcopale senza sosta, girando da un paese all’altro, incoraggiando, stimolando e spesso anche pregando sacerdoti e fedeli, con fare dimesso e suadente, dando a tutti un esempio di bontà e di umiltà, di slancio apostolico e di zelo per il bene e lo sviluppo del Salento.

Riprese il processo dei BB. Martiri, sollecitò la costruzione di nuove chiese, predilesse il Seminario e l’Azione cattolica, visitò senza sosta i molti paesi della diocesi, alla quale rimarrà, per sempre, legato il suo nome e la eredità del suo servizio episcopale.

Le stesse qualità e lo stesso zelo pastorale, poi, pose a servizio della diocesi di Ugento-S.Maria di Leuca, della quale fu per diversi anni solerte ed insonne Amministratore apostolico. Lo ricordano ancora tutti, con la borsa in mano, accompagnato dal suo fedele autista, girare da una parte all’altra, senza dormire, mangiando spesso un panino, ma con innumerevoli rosari, recitati per strada o nelle pause delle sue innumerevoli funzioni religiose.

Del suo lungo insegnamento teologico gli rimase attaccato addosso lo spirito di chiarezza, la precisione del linguaggio, la fedeltà al Magistero, l’ansia di donare ai piccoli e ai grandi, ai vicini e ai lontani la parola della salvezza. Quando, rientrato nella diocesi natia, poteva aiutarmi per le cresime o poteva anche amministrarle in questa chiesa, sentiva forte il bisogno della catechesi e non mancava di supplire personalmente alla impreparazione dei cresimandi, giovani o adulti, con lunghe esortazioni e paterni discorsi.

Del Vaticano II, di cui è stato a pieno titolo padre conciliare, per tutto il tempo del suo svolgimento, parlava volentieri come dell’esperienza ecclesiale più grande, ma i suoi pensieri erano sempre rivolti alla Scrittura, ai Padri, all’insegnamento del Papa. Viva, però, era in lui la collegialità episcopale; costante il desiderio di vivere in sintonia con i Vescovi della regione e della nazione.

Godeva, infatti, immensamente quando, dopo le assemblee generali, gli portavo gli atti e i documenti discussi o approvati: era per lui, quasi un rivivere la gioia di tante riunioni, alle quali partecipava con molta attenzione e prolungato silenzio, intervenendo solo quando era necessario e quando c’era qualcosa di serio, da dire o da proporre.

Dell’ultima tappa della sua vita terrena, quella trascorsa qui, a Squinzano, non c’è molto da dire, se non che è vissuto in grande povertà e grande umiltà, quasi senza farsene accorgere. Fino a quando ha potuto, ha sempre partecipato al ritiro mensile del Clero, alle celebrazioni solenni, ai vari incontri diocesani e foraniali, sempre silenzioso dimesso, seduto all’angolo, desideroso di essere ignorato. E quando lo si invitava a porsi al centro, a prendere il posto che gli spettava, era sempre riluttante, memore delle massima, divenuta la sua ultima regola di vita: ama nesciri et pro nihilo reputari.

Molti anni fa, un giorno, si spogliò di tutte le insegne episcopali e me le portò a Lecce, perché le vendessi per il nuovo seminario. Al mio sorriso e alla comprensibile resistenza ad accogliere quello che, più che dono, era, invece, una vera spoliazione, mi rispose secco: “Fate quello che volete! Importante è che queste cose non ce le abbia più io!”.

E non dico della carità fatta a seminaristi e fedeli poveri e della sua insistenza, perché si ponesse mano alla costruzione della nuova chiesa nella zona di espansione di Squinzano e della gioia, quando potemmo insieme benedire il suolo e la prima pietra della piccola costruzione, intitolata alla Madonna di Fatima.

Per anni ed anni, pur essendo tanto stimato dal clero e dal popolo, egli se n’è stato in questo tempio come l’ultimo dei fedeli. Lo hanno visto tutti seduto alla sedia, al confessionile, all’altare, in sagrestia e tutti fino a pochi anni fa lo hanno visto girare lentamente per il paese, visitare gli ammalati, recare l’Eucaristia, donare a molti i segni nascosti della sua carità.

Vescovo munifico e amabile, come san Nicola; pastore, come tutti i sacri pastori, mons. Riezzo è stato soprattutto un cristiano esemplare: fedele coi fedeli, cristiano coi cristiani!

L’altro giorno, come Gesù nel vangelo che ci è stato ricordato, il vescovo Nicola Riezzo ha reclinato il capo e si è addormentato per sempre, celebrando la sua pasqua eterna.

Come Gesù, anch’egli è vissuto sulla Croce del ministero, ma ha sempre sentito la gioia e la serenità del servizio episcopale.

La Croce non lo ha mai schiacciato, né mai si è lasciato sopraffare dalle angosce e dalle angustie pastorali.

Mons. Riezzo viveva con gli occhi fissi in Dio.

Guardava i problemi del mondo sub specie aeternitatis; considerava le cose della terra come veicolo, per raggiungere il Signore. Da tutto quello che è accaduto negli ultimi cinquant’anni di storia, ha tratto una sola conclusione: che è il Signore a tenere i fili della storia; è lui il padrone della messe; è lui che guida la Chiesa nella buona e nella cattiva sorte.

E’ vissuto come un profeta.

E’ morto come un patriarca!

Come Paolo, anche lui può dire oggi, a mezza voce: fidem servavi, cursum consummavi.

E noi, prima di dare alla sua salma la benedizione liturgica, benediciamo il Signore di avercelo dato come padre e maestro, come fulgido esempio di zelo pastorale e di cristiana pietà.

Nell’ultimo incontro che ebbi con lui, qualche settimana addietro, mentre era rannicchiato in poltrona, quasi fosse già in attesa di partire, gli chiesi di pregare per il nostro Sinodo diocesano, per il Seminario, per il Papa. Mi rispose con un filo di voce: “prego, prego sempre per tutti! pregherò per sempre!”.

Questo è il Vescovo della Chiesa, che ha già raggiunto il Vescovo delle anime nostre, Cristo Signore, al quale ha consacrato la sua lunga esistenza e dal quale, ne siamo certi, ha già ricevuto il premio della gloria che non ha fine.

Noi preghiamo per lui e per le diocesi che egli ha servito e amato. Preghiamo per il Papa e i Vescovi, a Lui uniti nel Collegio episcopale, e, ricordando la sua figura, umile e amabile, seguiamo il suo esempio di pietà, di amore alla Chiesa e ai poveri, di donazione totale alle anime.

“Vita mutatur, non tollitur” diremo tra poco nel prefazio “la vita non è tolta, ma è solo cambiata”.

Il Vescovo Nicola non è morto, ma vive più di prima. Vive in Dio, vive con la Beata Vergine di cui era devotissimo, con San Nicola, i BB. Martiri Idruntini, ma vive anche nel cuore delle Chiese che ha servito e nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto, venerato e amato.

Prega per noi, carissimo mons. Riezzo, prega per la Chiesa e per il mondo. Ottienici dal Signore la fortezza della fede, la pietà, lo slancio apostolico, che ha sempre segnato la tua lunga giornata terrena.

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- Articolo su Il PAESE NUOVO che informa dell'avanzamento del processo di Canonizzazione -DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE 17 aprile 2008, n. 311  pubblicato sul Bollettino Regionale  Anno XXXIX BARI, 30 APRILE 2008 N. 69 per  l'Autorizzazione alla  tumulazione privilegiata di Mons. Nicola Riezzo.
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