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Atti del 1975, Scritti di Mons. Riezzo, Scritti sul Matrimonio

Il fidanzamento alla luce del Magistero della Chiesa

Il fidanzamento è la reciproca promessa di matrimonio tra un uomo e una donna.

Il fine del fidanzamento è la preparazione al matrimonio.

Considero il fidanzamento in senso largo, il quale include non solo la preparazione prossima al matrimonio ma anche quella remota; e non importa necessariamente un documento sottoscritto dai due fidanzati e da due testimoni o dal parroco (fidanzamento in senso stretto, di cui al can. 1017).

Il fidanzamento, in quanto preparazione al matrimonio, esige che i fidanzati si conoscano a fondo reciprocamente nel campo:

 

-       fisico (di comune accordo domandare al medico una cartella medica comune)

-       psichico (carattere, malattie mentali, gusti, ecc.)

-       morale (virtù, vizi, ecc.)

-       religioso (ateo, acattolico, ecc.)

-       economico (un cuore ed una capanna non bastano);

e maturino il loro amore libero e totale, che il patto coniugale consacrerà indissolubilmente.

In cosa di tanta importanza è prudente che il fidanzamento, in media, duri almeno un anno.

Inoltre, siccome è difficile veder chiaro quando lo sguardo è appannato dal sentimento amoroso, è ragionevole che i fidanzati chiedano consiglio ai genitori, agli amici fidati e a qualche consultorio prematrimoniale di indubbio indirizzo cattolico.

D’altra parte, come afferma sapientemente il Concilio, “è compito dei genitori e dei tutori guidare i più giovani nella formazione di una nuova famiglia con il prudente consiglio, presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno sopra tutto evitare  di obbligarli, con forme di pressione diretta o indiretta, ad un determinato stato di vita o alla scelta di una determinata persona” (Gaudium et spes, n.52).

Il fidanzamento per natura sua non è indissolubile. La promessa di matrimonio, anche se si tratti di fidanzamento in senso stretto, e non vi sia una giusta causa che scusi l’adempimento, non dà diritto ad esigere la celebrazione del matrimonio; dà solo diritto al risarcimento di eventuali danni (can. 1017, p.3).

Il fidanzamento va sciolto quando l’amore coniugale non è attuabile, per es. per incompatibilità di carattere, per malattia grave incurabile, per mancanza di accordo sul domicilio, quando uno dei due è un pervertito, un onanista, un divorziato, un ateo intollerante della religiosità dell’altro, ecc.

Ed ora tratterò del fidanzamento in relazione alle virtù della fede, della castità, della religione e della prudenza. 

 

 

Il fidanzamento e la virtù della fede

 

Il fidanzamento, in quanto preparazione al matrimonio, importa che i fidanzati credano che il loro futuro patto coniugale è un sacramento istituito da Gesù Cristo, che santificherà il loro amore coniugale libero, totale, irrevocabile, fecondo, con paternità responsabile, e riconosciuto pubblicamente. A tutte queste verità  si aggiungono le altre che sono ad esse connesse, nella panoramica della teologia. Si avrà allora la piena consapevolezza della necessità che nella parrocchia, come luogo ordinario, si curi l’evangelizzazione dei fidanzati, da parte del Parroco, delle famiglie dei nubendi, di coppie di sposi ben formati, di un medico cattolico, ecc.

Si propongono tre forme di evangelizzazione, distinte per la loro diversa ampiezza di trattazione:

 

1)    corso catecumenale al matrimonio, con il quale le grandezze, i valori, gli impegni e gli (durata minima: nove mesi, con incontri settimanali); obblighi della vita cristiana e del futuro stato di vita matrimoniale sono posti in luce adeguata;

 

2)    corso per fidanzati: un medico, una coppia di sposi e un sacerdote espongono i vari aspetti del matrimonio cristiano, (durata: una settimana);

 

3)    colloquio pastorale del parroco con i fidanzati (almeno tre incontri). C.E.I., 1975, nn.78-82.

 

 

Fidanzati  atei

 

1)    Nel caso che i fidanzati battezzati non abbiano la fede cristiana e chiedano il matrimonio religioso per convenienza sociale, per l’insistenza delle rispettive famiglie, ecc.) si deve evitare il facile consenso, espressione di lassismo, e il facile rifiuto, espressione di rigorismo, (perché la Chiesa non è un’istituzione puramente burocratica, né una comunità di perfetti). Si rifiuti il sacramento del matrimonio solo dopo aver tentato invano di ottenere dai fidanzati la fede cristiana (almeno in germe) mediante la comprensione, il dialogo, l’evangelizzazione nello spirito della fratellanza cristiana. (C.E.I. 1975, n.91-96). Questa sembra la migliore soluzione.

 

2)     Nel caso che solo un fidanzato dichiari di aver rinunziato definitivamente alla fede cristiana, in preparazione al matrimonio (per analogia con il matrimonio misto) si chieda alla parte che ha conservata la fede cristiana la dichiarazione che allontanerà da sé il pericolo prossimo di perdere la fede, e farà tutto quanto è in suo potere affinché tutta la prole >sia battezzata ed educata cattolicamente. Di questa dichiarazione sarà informata la parte che ha perduta la fede cristiana.

 

3)    Con queste cautele la Chiesa ammette i fidanzati a celebrare il matrimonio, nella speranza che il coniuge credente aiuti l’altro a giungere alla fede e a crescere in essa. (C.E.I., 1975, n.94).

 

 

Fidanzamento e matrimonio misto

 

Il matrimonio misto è il matrimonio contratto da un cattolico con un acattolico sia battezzato sia non battezzato.

In Italia il matrimonio misto diventa sempre meno raro, a causa dell’ emigrazione e del turismo.

Presento il pensiero della Chiesa sul matrimonio misto, esposto principalmente nei seguenti documenti:

-       S. Congr. per la Dottrina della Fede: Istruzione “Matrimonii sacramentum” del 18-3-1966.

-       S. Congr. per la Chiesa orientale: “Crescens matrimoniorum” del 22-2-1967, p.829.

-       Paolo VI. Lettera Apostolica “Matrimonia mixta”, del 31-3-1970 (cfr. “L’Eco Idruntina”, 1970, p.130). E’ il principale documento.

-       C.E.I.: Norme per i matrimoni misti, del 25-9-1970 (cfr. L’Eco Idruntina”, 1970, p. 269).

-       C.E.I. : Indicazioni pastorale per i matrimoni misti. 1972 (cfr. “L’Eco Idruntina”, 1972, p.215).

-       Rituale “Sacramento del Matrimonio”. Ediz. Della C.E.I. del 30-3-1975.

 

 

La dottrina fondamentale della Chiesa sul matrimonio misto (cfr. Paolo VI, l.c.)

 

1)    La Chiesa sconsiglia il matrimonio misto per i seguenti motivi:

-       Il matrimonio misto, proprio perché è conseguenza della diversità di religione e della divisione esistente tra i cristiani, non giova ordinariamente alla ricomposizione dell’unità tra tutti i cristiani: esso ordinariamente introduce un elemento di divisione nella famiglia.

-       Il matrimonio misto, a causa della diversità di vita religiosa degli sposi, rende difficile nella stessa famiglia lo adempimento delle leggi divine, specialmente per quanto riguarda la partecipazione al culto a Dio nella Chiesa, e l’educazione cattolica della prole, tenendo presente che entrambi i coniugi hanno il dovere dell’educazione della prole.

-       Il matrimonio misto presenta al coniuge cattolico il pericolo di indifferenza o di negazione in materia religiosa.

2)    La Chiesa non impedisce in modo assoluto il matrimonio misto, perché è un diritto naturale dell’uomo contrarre matrimonio e generare la prole.

3)    La Chiesa con le sue leggi e la sua azione pastorale provvede a regolare le cose in modo tale che da una parte sia tutelato il predetto diritto a contrarre matrimonio e dall’altra sia garantito l’assoluto rispetto delle leggi divine che obbligano la parte cattolica a conservare la propria fede, a fuggire il pericolo prossimo di perderla e a provvedere, per quanto è possibile, al battesimo e alla educazione cattolica della prole.

Perciò la Chiesa non mette sullo stesso piano, né in sede dottrinale, né in sede di legge canonica, il matrimonio di un cattolico con un battezzato non cattolico, e il matrimonio di un cattolico con un non battezzato.

In conformità a questi principi Paolo VI ha promulgato le seguenti norme (integrate dalla  C.E.I.):

 

 

Norme giuridiche per i matrimoni misti

 

1)    Il matrimonio tra due persone battezzate, di cui una sia cattolica e l’altra non cattolica, costituendo di per sé un ostacolo alla completa fusione spirituale tra i coniugi, non è lecitamente contratto, senza dispensa dell’Ordinario del luogo. (Impedimento di mista religione).

 

2)    Il matrimonio tra due persone delle quali una non è battezzata e l’altra è battezzata nella Chiesa cattolica, o ricevuta nella Chiesa cattolica (dalla eresia o dallo scisma), è invalido senza la previa dispensa dell’Ordinario del luogo. (Impedimento di disparità di culto).

 

3)    Dai suddetti impedimenti la Chiesa, tenuto conto delle condizioni e delle circostanze di tempo, di luogo e di persona non si rifiuta di dispensare, sempre che ci sia la giusta causa.

 

4)    Per ottenere dall’Ordinario del luogo la dispensa dall’impedimento di mista religione o di disparità di culto, la parte cattolica deve dichiararsi disposta ad allontanare da sé il pericolo di perdere la fede.

Essa inoltre ha l’obbligo grave di formulare la promessa sincera che farà tutto quanto sarà in suo potere, perché tuta la prole sia battezzata ed educata nella Chiesa cattolica.

 

5)    Di tali promesse, a cui è tenuta la parte cattolica, dovrà essere tempestivamente informata la parte non cattolica, in modo tale che risulti chiaro che questa è consapevole della promessa e dell’obbligo della parte cattolica.

 

6)    Ad entrambe le parti siano illustrate le finalità e le proprietà essenziali del matrimonio, che nessuno dei due contraenti dovrà escludere.

 

7)     ”Le dichiarazioni e le promesse, di cui al n.4, siano date dalla parte cattolica normalmente per iscritto dinnanzi all’Ordinario o a un suo delegato (che può essere il parroco), il quale le porterà a conoscenza della parte cattolica”. (C.E.I., 1970).

“E’ auspicabile che su tale punto i nubendi prendano, prima delle nozze, una decisione comune che salvaguardi l’unità della vita coniugale; una decisione che sia ispirata al rispetto della coscienza e alla reciproca buona volontà, non già all’indifferentismo o al dispotico prevalere di una parte sull’altra”. (C.E.I., 1972).

 

8)    I matrimoni misti devono essere contratti secondo la forma canonica (can. 1094), la quale forma è richiesta per la loro validità.

“Sono eccettuati i matrimonio tra un cattolico (di rito orientale o di rito latino) e un battezzato di rito orientale, per i quali la forma canonica è obbligatoria per la liceità; invece per la validità basta la presenza del ministro sacro, salvi gli altri punti da osservarsi secondo il diritto”. (S.Congr. per la Chiesa orientale: 22.2. 1967).

 

9)    Se vi sono difficoltà gravi che impediscano l’osservanza della forma canonica, gli Ordinari del luogo hanno diritto di dispensare dalla forma canonica per il matrimonio misto.

“Motivi gravi per la dispensa sono ritenuti sia di legame di parentela o speciale dovere di rapporti sociali e di amicizia di una delle due parti con il ministro cattolico, sia la resistenza validamente fondata della parte non cattolica nei riguardi della celebrazione del matrimonio con la forma canonica”. (C.E.I., 1970).

“In caso di dispensa dalla forma canonica rimane fermo l’obbligo della celebrazione del matrimonio misto nella debita forma pubblica dinnanzi ad un legittimo ministero di culto: per evidenziare in questo modo il carattere religioso del matrimonio”. (C.E.I., 1970 e 1972).

 

10) “La parte cattolica è tenuta a trasmettere l’attestato dell’avvenuto matrimonio al proprio parroco, che curerà la annotazione in margine sul libro dei battesimi, con l’aggiunta della dispensa concessa.

Nell’ ipotesi che l’ attestato non sia trasmesso, il parroco della parte cattolica non mancherà, dopo congruo tempo di attesa, di  domandare direttamente al ministro acattolico un estratto della celebrazione del matrimonio”. (C.E.I. 1970 e 1972).

 

 

Norme liturgiche per i matrimoni misti

 

11)  ”Se il matrimonio è celebrato tra un cattolico e un battezzato non cattolico, si deve usare il rito del matrimonio senza la Messa (cfr. Rituale, nn.40-57). Se poi la circostanza lo richiede, si può, con il consenso dell’Ordinario del luogo, usare il rito del matrimonio durante la Messa. (cfr. Rituale, nn.21-39): omettendo la comunione di quello che tra gli sposi non è cattolico, perché tale comunione non è consentita dalla legge generale”. (Rituale n.10).

 

12) ” Se il matrimonio è celebrato tra un cattolico e un non battezzato, si deve usare il rito riportato nel Rituale ai nn.58-72″. (Rituale n.10).

 

13) E’ proibita la celebrazione del matrimonio dinnanzi al sacerdote o al dicono cattolico, e il ministro acattolico, che celebrino simultaneamente il rito rispettivo.

E’ parimenti esclusa, sia prima che dopo la celebrazione cattolica, un’altra celebrazione religiosa del matrimonio per la formulazione o per il rinnovamento del consenso matrimoniale. “E’ ovvio che tale proibizione si ispira non ad una discriminazione del valore rituale, ma ad una considerazione di carattere ecumenico e pedagogico: una sola celebrazione liturgica, presieduta dal rispettivo ministro, assolve al suo significato sacramentale”. (C.E.I., 1972).

“Il ministro acattolico può intervenire ala rito cattolico con qualche lettura biblica, con parole di augurio e con preghiere in comune.

Eguale modo di partecipazione è possibile al sacerdote cattolico che sia presente al rito non cattolico”. (C.E.I., 1972).

 

 

Norme pastorali per i matrimoni misti

 

14)  Gli Ordinari dei luoghi e i parroci procurino che non manchi mai al coniuge cattolico ed ai figli nati da matrimoni misti, l’aiuto spirituale necessario per l’adempimento dei loro obblighi di coscienza.

Esortino lo stesso coniuge cattolico a tenere sempre presente il dono divino della fede cattolica, dando ad essa testimonianza con dolcezza e rispetto, forte della sua buona coscienza.

Aiutino i coniugi nello sviluppo dell’unità della vita coniugale e familiare, che, se sono entrambi cristiani, trova il suo fondamento anche nel loro battesimo.

E’ pertanto auspicabile che i pastori cattolici stabiliscano con i ministri delle altre comunità religiose opportune relazioni, informandole a sincere lealtà e illuminata fiducia.

 

15) Sono abrogate tutte le pene stabilite dal can. 2319.

 

16) L’Ordinario del luogo può concedere la sanzione in radice di un matrimonio misto, adempiendo alle condizioni di cui ai nn.4 e 5 delle presenti norme e osservando quanto il diritto stabilisce.

 

 

Il fidanzamento e la virtù della castità

 

“I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con amore casto” (Gaudium et spes, n.49). La castità mette la sessualità a servizio dei valori a cui deve tendere, cioè a servizio dell’amore totale e della trasmissione della vita fisica, nello stato matrimoniale. Perciò la morale cattolica dichiara gravemente illeciti i rapporti intimi prematrimoniali, perché solo il patto coniugale (che tra i cristiani dev’essere celebrato per la validità, nella forma canonica) sancisc e in mani era irreversibile e def initiva la decisione di due persone di appartenersi come coniugi. Non si è marito e moglie prima del matrimonio. Ogni atto che viola la legge morale è un atto che viola il vero amore. (C.E.I., 1969, n.18), la “fuga” dei fidanzati è gravemente peccaminosa.

Inoltre il Concilio ammonisce: “I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, sopra tutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell’amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze”. (Gaudium et spes, n.49).

“I fanciulli e i giovani devono ricevere, man mano che cresce la loro età, una positiva e prudente educazione sessuale”. (Gravissimum educationis, n.1).

 

 

Il  fidanzamento  e  la  virtù  della  religione

 

“Comprendiamo come la castità prematrimoniale possa essere ardua e dura, e, spesso, per motivi sia personali sia ambientali, particolarmente difficile. Ma la grazia che Dio offre a quanti vogliono seguire la sua legge d’amore, la rende possibile” (C.E.I., 1975, n.77).

E questa grazia si ottiene in abbondanza con l’esercizio della virtù della religione: con la partecipazione completa alla S.Messa, con la frequenza del sacramento della riconciliazione, con giornate di ritiro o di esercizi spirituali, con l’aggregazione a qualche associazione cattolica, ecc.

Nessun comandamento di Dio (compreso il sesto) è impossibile ad osservarsi se vi è la preghiera e la buona volontà di evitare anche l’occasione prossima del peccato, per es. l’intimismo egoistico dei fidanzati.

“Deus impossibilia non jube,

sed subendo monet:

et facere quod possis, (buona volontà)

et petere quod non possis (preghiera)

et Ipse adjuvat un possis”. Conc. Di Trento (Denz. 804 e 828).

 

 

L’ età per sposare

 

La nuova legge italiana dispone che i nubendi non possono contrarre matrimonio prima del compimento del diciottesimo anno di età.

Riguardo al matrimonio concordatario è prudente osservare tale legge, per due motivi:

 

1)    è una norma ragionevole , essendo rara la piena maturità per il matrimonio, prima della suddetta età;

2)    è opportuno non rendere difficile la trascrizione dell’atto di matrimonio concordatario di sposi non diciottenni, nei registri di stato civile.

 

Nel caso che vi siano gravi motivi, i fidanzati possono ottenere dalla competente autorità civile di essere ammessi al matrimonio all’età di 16 anni compiuti. In questa ipotesi, cessa ogni difficoltà per la trascrizione del matrimonio concordatario di sposi sedicenni nei registri di stato civile, e si potrebbe procedere alla celebrazione di tale matrimonio, da parte del parroco.

Per gli sposi poi che non hanno compiuto i sedici anni, si faccia opera di persuasione a differire il loro matrimonio sino all’età stabilita dalla legge italiana.

 

 

Direttive  pastorali

 

1)     Gli sposi cattolici non devono compiere il matrimonio civile, né prima né dopo il matrimonio religioso, perché lo Stato Italiano riconosce gli effetti civili al sacramento del matrimonio, mediante la sua trascrizione nei registri di stato civile, fatta a richiesta del parroco (C.E.I., 1975, nn.99-101).

 

2)     Ogni comunità parrocchiale deve curare con grande impegno che la preparazione al matrimonio dei fidanzati non sia insozzata dalla loro “fuga”.

 

3)     La preparazione dei fidanzati mediante un colloquio con il parroco, avvenga alcuni mesi prima del matrimonio, perché allora essi non hanno la preoccupazione per i preparativi della festa nuziale.

 

4)     Non si trascuri la preparazione dei fidanzati mediante corsi o itinerari catecumenale, svolti (se è necessario) a base interparrocchiale.

 

5)     Particolare cura sia rivolta ai fidanzati non credenti.

 

6)     Non manchi qualche ritiro spirituale per fidanzati, a base parrocchiale o interparrocchiale, nell’Oasi BB.Martiri Idruntini in S.Cesarea Terme.

 

+ NICOLA RIEZZO Arcivescovo

 

(Da “L’Eco Idruntina” n.11 – dicembre 1975)

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