Mons. Nicola Riezzo » Scritti sulla Famiglia http://www.mons-nicolariezzo.org il sito ufficiale per la canonizzazione di mons. Nicola Riezzo Wed, 01 Oct 2014 18:01:16 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 La Famiglia alla luce del Magistero della Chiesa http://www.mons-nicolariezzo.org/la-famiglia-alla-luce-del-magistero-della-chiesa/ http://www.mons-nicolariezzo.org/la-famiglia-alla-luce-del-magistero-della-chiesa/#comments Thu, 25 Sep 2008 16:59:22 +0000 admin http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=63 Dal matrimonio, patto di amore coniugale, nasce la FAMIGLIA, COMUNITA’ DI AMORE CONIUTALE, attuazione naturale di tale patto.

Come nella definizione di matrimonio (cfr. “L’Eco Idruntina. 1975 pp.263-269) così nella definizione di famiglia l’amore coniugale va precisato con esattezza, in quanto l’amore coniugale:

-        è amore pienamente umano;

-        è amore totale;

-        è amore irrevocabile;

-        è amore fecondo;

-        è amore unitivo;

-        è paternità responsabile;

-        è amore pubblicamente riconosciuto.

La famiglia ha come membri non soli i coniugi, ma anche i loro figli, perché essi sono il frutto congenito dell’amore coniugale, il quale è per sua natura fecondo.

Come il matrimonio, così la famiglia (che ne è la naturale attuazione) ha come autore Dio creatore della natura umana; e tende ai medesimi fini: la trasmissione della vita umana, l’educazione della prole, ecc. ( cfr. “L’Eco Idruntina” 1975, pp.271-272).

La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la prima e vitale cellula della società: perché “nella famiglia nascono i nuovi cittadini della società umana” (Lumen Gentium n.11).

Nel sistema marxista invece la famiglia non ha come autore Dio creatore della natura umana, ma è una istituzione radicalmente storica: la storia l’ha creata, l’ha trasformata e la può superare. Non si determina però come e con che cosa va sostituita la famiglia.

Per una prudente azione pastorale è opportuno confrontare la famiglia di ieri con quella di oggi:

La famiglia di ieri: viveva in una società prevalentemente agricola; in zone rurali; era patriarcale, cioè basata sull’autorità del capo-famiglia; era numerosa nei figli; era centro di produzione economica; aveva tendenza a sottovalutare gli aspetti affettivi e volontari dei nubendi.

La famiglia di oggi: vive in una società prevalentemente industriale; si sposta nelle zone urbane; è nucleare, cioè si basa sulla parità giuridica dei coniugi; con numero ridotto di figli; è centro di consumo di beni economici, ottenuti con il reddito di un lavoro compiuto furi casa; è maggiormente fondata sulla libera scelta dei nubendi.
 

 

La famiglia cristiana

 

Come dal matrimonio nasce la famiglia, così dal matrimonio cristiano nasce la FAMIGLIA CRISTIANA: COMUNITA’ DI AMORE CONIUGALE CORROBORATA NELLA SUA VITALITA’ DA UNO SPECIALE SACRAMENTO.

“La famiglia cristiana, poiché nasce dal matrimonio che è l’immagine e la partecipazione del patto di amore di Cristo e della Chiesa, renderà a tutti manifesta la viva presenza del Salvatore nel mondo, sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli sposi, sia con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri”. (Gaudium et spes, n.48).

Tratterò della famiglia e in particolare della famiglia cristiana, alla luce del magistero della Chiesa, specialmente di:

-        Pio XI: Enc. “Divini illius Magisteri”

-        Concilio Vaticano II: “Lumen Gentium”, nn.11, 35, 41.

“Gaudium er spes”, nn. 47-52.

“Apostolicam Actuositatem”, n.11.

“Gravissimum educationis”, nn.1-3.

“Dighitatis humanae”, n.5.

-        C.E.I. Documento pastorale: “Matrimonio e famiglia oggi in Italia” – 1969.

-        C.E.I. Documento pastorale: “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio”- 1975.

Presenterò la famiglia cristiana nella sua vitalità intrinseca, come comunità educativa; e nella sua vitalità estrinseca, come comunità missionaria.

 

 

L’essenza dell’educazione

 

L’educazione, scrive Pio XI, consiste essenzialmente nella formazione dell’uomo, quale egli deve essere, e come deve comportarsi in questa vita terrena, per conseguire il fine sublime per il quale fu creato”. Perciò educare significa avviare una persona verso il paradiso, mediante il suo perfezionamento nella vita presente.

Da questa definizione Pio XI deduce facilmente tre corollari:

 

1)     “Tutta l’opera dell’educazione è connessa intimamente e necessariamente con il fine ultimo dell’uomo“: la glorificazione di Dio e la beatitudine dell’uomo.

Infatti educare dice perfezionamento. E un ente è perfetto quando raggiunge il suo scopo.

Una macchina, un edificio, una associazione, ecc. sono perfetti quando raggiungono il loro scopo.

 

2)     Dalla definizione di educazione balza subito l’importanza della educazione non solo, per le singole persone, ma anche per le famiglie e per tutta l’umanità, giacché la perfezione del genere umano non può non risultare dalla perfezione delle persone che la compongono.
 

3)     Infine dalla definizione di educazione risulta chiaramente l’eccellenza dell’opera dell’educatore, perché essa mira ultimamente ad assicurare la felicità eterna agli educandi dopo la morte corporale, e il loro perfezionamento nella vita presente.

 

 

L’educazione completa

 

L’educazione si chiama completa quando importa il perfezionamento di tutto l’educando in ordine al conseguimento del fine sublime per il quale fu creato.

Ora l’educando ha un corpo e un’anima, e questa ragiona ed è libera. L’educazione quindi dovrà essere fisica, intellettuale e morale.

L’educando inoltre è un essere destinato dalla natura a vivere in famiglia e nella società civile. L’educazione quindi dev’essere anche familiare e civica.

L’educando poi, essendo creatura di Dio, è un essere essenzialmente religioso, tenuto a professare la religione imposta da Dio. Ora Dio ha imposto a tutti gli uomini la religione cristiana nella forma proposta dalla Chiesa cattolica. L’educazione quindi per essere completa dovrà essere religiosa, anzi cristiana e cattolica.

Manchevole e deficiente quindi è l’educazione fisica, intellettuale, morale, familiare, civica se non tiene conto dei preziosi insegnamenti della religione cattolica riguardanti il corpo dell’uomo, la sua intelligenza e volontà, la sua vita individuale, familiare e sociale. Infatti “l’educazione cristiana comprende tutto l’ambito della vita umana sensibile e spirituale, intellettuale e morale, individuale, domestica e sociale, con per menomarla ma per elevarla, regolarla, perfezionarla secondo gli insegnamenti e la dottrina di Cristo” (Pio XI).

Similmente manchevole e deficiente è l’educazione religiosa che trascuri o neghi quanto la religione cattolica insegna nel campo strettamente religioso, specialmente riguardo all’elevazione dell’uomo al fine soprannaturale della visione intuitiva di Dio da ottenersi con mezzi soprannaturali.

Perciò l’educazione completa non può non essere se non cristiana. “Non può dirsi adeguata e perfetta l’educazione se non l’educazione cristiana” (Pio XI).

 

 

La famiglia cristiana comunità educativa per i coniugi

 

Infatti i coniugi in forza del loro reciproco amore totale si perfezionano a vicenda in tutta la persona, cioè nel campo fisico, intellettuale, morale, familiare, civico e religioso.

“La prime forma di educazione familiare è quella che i coniugi esercitano tra loro. Gli sposi trovano nel loro amore lo stimolo per un aiuto reciproco migliorare e perfezionare se stessi. Il vicendevole aiuto alla perfezione costituisce il migliore fondamento all’azione educativa dei genitori verso i figli” (C.E.I. 1969, n.13).

“I coniugi cristiani hanno la propria vocazione per essere l’uno all’altro e ai figli i testimoni della fede e dell’amore di Cristo. La famiglia cristiana proclama ad alta voce le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata” (Lumen gentium n.41).

“I coniugi cristiani, compiendo in forza del sacramento del matrimonio il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio” (Gaudium et spes,  n.48).

Questo è il pensiero tradizionale della Chiesa. Ecco una pagina di Tertulliano: “Che coppia felice è quella di due fedeli, animati della stessa speranza, dallo stesso ideale, da una stessa dottrina di vita!

Entrambi fratelli in Cristo, e suoi servi, senza divisione nella carne e nello spirito, pregano insieme, digiunano insieme, si istruiscono a vicenda, si esortano e si aiutano scambievolmente.

Uniti si recano in chiesa, uniti partecipano al banchetto del Signore, hanno in comune angosce e gioie.

Nessuno di loro ha segreti da nascondere, nessuno fugge l’altro o gli è di peso.

Volentieri fanno visita ai malati e assistono i bisognosi: fanno elemosina senza mala voglia.

Non si segnano di nascosto, non rendono grazie con paura, non benedicono a bocca chiusa.

Cantano insieme inni e salmi e fanno a gara a chi meglio celebri le lodi del Signore.

Gesù Cristo, vedendo e ascoltando tutto questo, ne gioisce e manda loro la sua pace. Dove sono questi due, lì si trova Cristo”. ( Tertulliano “Ad uxorem”, 2,9. M.L. 1,415).

 

 

La famiglia cristiana comunità educativa dei genitori verso i figli

 

L’educazione della prole appartiene AI GENITORI per diritto:

-        divino naturale (il figlio riceve l’esistenza per legge naturale dai genitori, appartiene ad essi e la natura dà ai genitori un amore tenero e generoso che li spinge a sacrificarsi gioiosamente per il bene dalla prole);

-        inalienabile e inviolabile da parte dello Stato e di qualsiasi istituto educativo;

-        anteriore al diritto all’educazione da parte dello Stato (perché prima di essere cittadino l’uomo deve esistere, e l’esistenza non l’ha dallo Stato, ma dai genitori);

-        non assoluto e dispotico, ma subordinato al fine ultimo dell’uomo, e alla legge divina naturale e positiva.

Per maggiore chiarezza noto che l’educazione della prole appartiene anche:

 

-        ALLA CHIESA per diritto divino positivo, perché Gesù ha comandato agli apostoli e ai loro successori di predicare il Vangelo;

-        ALLO STATO per diritto divino naturale, però limitatamente alla promozione del bene comune temporale, con funzione sussidiaria e complementare dell’opera educativa della famiglia, la quale perciò non può essere assorbita o sostituita. Ne segue che ogni monopolio educativo o scolastico da parte dello Stato è ingiusto e illecito. (Pio XI).

 

Al pensiero cristiano si oppone il sistema marxista nel quale i compiti educativi spettano alla società socialista, per cui la famiglia agirà come delegata della società stessa, da essa controllata, e in essa trovando la ragione della sua esistenza e della sua funzione.

Il diritto dei genitori ad educare la prole è affermato chiaramente anche dal Concilio Vaticano II:

“Quanto agli sposi insigniti della dignità e responsabilità di padre e di madre, adempiranno diligentemente il dovere dell’educazione dei figli, soprattutto religiosa, che prima di ogni altri spetta a loro.

Prevenuti dall’esempio dei genitori e dalla preghiera in famiglia, i figli e tutti quelli che convivono nell’ambito familiare, troveranno più facilmente la strada della formazione umana, della salvezza e della santità”. (Gaudium et spes, n.48).

Similmente in «Lumen gentium», n.59 e in “Apostolicam actuositatem”, n.11, dove è affermato che “i coniugi cristiani sono per i loro figli i primi araldi nella fede ed educatori”.

Inoltre la C.E.I. (1969) sapientemente ricorda ai genitori i seguenti punti di notevole importanza:

 

1)     La necessità che l’educazione sia opera congiunta dei genitori. Padre e madre sono i primi diretti responsabili della formazione, anche religiosa, dei figli. Il ruolo paterno e il ruolo materno, lo spirito di paternità e quello di maternità, sono egualmente necessari.

 

2)     La necessità di non rinunciare all’esercizio rispettoso, fermo e fiducioso dall’autorità verso la prole, intesa come servizio di amore, praticata col metodo del dialogo, resa credibile dalla testimonianza dell’esempio, al fine di aiutare la persona del figlio a conquistare una progressiva capacità di libero e responsabile orientamento.

 

3)     L’importanza dell’educazione indiretta, ossia del clima familiare, fatto di spirito religioso, di serenità, di semplicità, di sincero affetto, aperto ai valori e agli interessi che oggi sono diffusi nella società civile e nella Chiesa.

 

4)     La necessità che i genitori non cedano a nessuno i loro compiti educativi, ma li sappiano esercitare con senso di responsabilità, collaborando con gli organismi civili ed ecclesiali che possono aiutarli nell’opera educativa, specialmente per quanto riguarda la scuola.

 

5)     La necessità che l’amore verso i figli (che è indispensabile) sia guidato dalla ragione che cerca il loro perfezionamento:

 

-        non un amore solo sentimento ed emozione (amore cieco);

-        non una sottile compiacente ricerca di sé (amore egoistico);

-        non un amore patologico (amore possessivo, ansioso, iperprotettivo).

 

 

La famiglia cristiana comunità educativa dei figli tra loro e verso i genitori

 

1)      “La famiglia, alimentata dall’amore, è la prima, insostituibile comunità educativa. L’uomo e la donna, i genitori e i figli, quotidianamente costruiscono in essa se stessi,fino alla pienezza della maturità umana e cristiana. Nell’amore ogni persona si apri all’altra, superando l’egoismo, rispettando e valorizzando la dignità e le qualità dell’altra persona, offrendo e accogliendo con intelligenza e generosità il contributo per il reciproco perfezionamento” (C.E.I., 1969, n.12).

“Nella famiglia i figli si educano vicendevolmente, come è provato dall’esperienza delle famiglie numerose. E’ la prima forma di coeducazione, che può influire in modo efficace sull’equilibrio ed integrale sviluppo della personalità dei giovani” (C.E.I., 1969, n.13).

 

2)      Inoltre “nella famiglia l’educazione avviene anche da parte dei figli verso i genitori. Crescendo insieme, nel dialogo con i figli, i genitori sono stimolati a ripensare gli orientamenti di fondo della vita, a valutare gli ideali di cui i giovani si fanno portatori, a rinnovare la coerenza della propria esistenza” (C.E.I., 1969, n.13).

“I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono, a loro modo, alla santificazione dei genitori. Risponderanno infatti ai benefici ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con devozione e fiducia, e saranno a loro vicini, come si conviene a figli, nelle avversità e nella solitudine della vecchiaia” (Gaudium et spes, n.48).

 

 

La famiglia cristiana comunità missionaria

 

1)      La famiglia cristiana deve essere cordialmente aperta al dialogo col mondo per un impegno autenticamente umano e cattolico, superando ogni forma di egoismo e di pregiudizio, di classe, di razza, di religione. L’ideale della chiesa missionaria può offrire alla famiglia cristiana un valido aiuto pedagogico.

 

2)      E’ necessario che la famiglia sappia promuovere un’autentica educazione sociale, allontanando la tentazione di realizzare, chiudendosi in se stessa, la propria perfezione.

 

3)      Importante è l’educazione alla povertà. Questa consiste nell’insegnare ai giovani, con la parola e con l’esempio, che il denaro è soltanto un mezzo; che bisogna sentire come proprio il dramma della povertà di tanta parte dell’umanità; che è dovere rinunziar a qualche cosa di proprio per aiutare chi è nel bisogno.

 

4)      Importanza fondamentale assume l’educazione alla pace che la famiglia tanto contribuirà a portare nel mondo quanto l’avrà realizzata in se stessa (C.E.I., 1969, n.14).

 

5)      “E’ stato sempre dovere dei coniugi, ma oggi costituisce la parte principale del loro apostolato, manifestare e comprovare con l’esempio della propria vita l’indissolubilità e la santità del vincolo matrimoniale; affermare con forza il diritto e il dovere, assegnato ai genitori e ai tutori, di educare cristianamente la prole; difendere la dignità e la legittima autonomia della famiglia” (Apost. Actuos., n.11).

“La famiglia cristiana proclama ad alta voce, sia le virtù presenti nel regno di Dio, sia la speranza della vita futura beata. Così con il suo esempio e la sua testimonianza accusa il mondo di peccato ed illumina quelli che cercano la verità” (Lumen gentium, n.36).

 

 

La famiglia cristiana chiesa domestica

 

Il concilio vaticano II (Lumen gentium, n.11) chiama la famiglia cristiana “chiesa domestica”.

La famiglia cristiana è chiesa domestica in questo (come la chiesa universale) è comunità salvifica, a causa della sua vitalità educativa e missionaria. Perciò l’espressione “chiesa domestica” sintetizza i due aspetti della famiglia cristiana di comunità educativa alla salvezza e di comunità missionaria.

Questo è il pensiero del magistero della Chiesa, perché chiama la famiglia “chiesa domestica” in quanto:

 

-        è segno nel mondo della presenza del Salvatore (C.E.I., 1969, n.12);

-        annunzia il Vangelo con la parola, l’azione e la vita (C.E.I., 1969, n.59);

-        riceve l’amore di Cristo che salva e lo annunzia agli altri (C.E.I., 1975, n.47);

-        ha la missione di salvezza e di testimonianza (C.E.I., 1975, n.209);

-        è comunità dove i genitori devono essere per i propri figli, con la parola e con l’esempio, i primi educatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale (Lumen gentium, n.11).

 

 

La famiglia cristiana santuario domestico della chiesa

 

Il Concilio (Apostolicam actuositatem, n.11) chiama la famiglia cristiana santuario domestico, in quanto nella famiglia cristiana, come in un tempio, i suoi membri, uniti nel mutuo affetto, fanno l’orazione a Dio in comune, formando così una comunità orante, (come la chiesa universale).

Nella famiglia le forme di preghiera potranno essere varie: il rosario, una pagina meditata del Vangelo, lodi, vespro e compieta della Liturgia delle ore, ecc.

Non manchi la preghiera dei pasti, perché spesso è l’unico momento in cui la famiglia può effettivamente trovarsi unita.

Il giorno del Signore va celebrato in forma solenne in famiglia. Ci si prepari proficuamente alla liturgia domenicale con una meditazione comunitaria di tutti i membri della famiglia, fatta il sabato, sui brani della Bibbia del giorno successivo.

“L’intera vita della famiglia sia santificata:

-        con la celebrazione devota dei battesimi dei figli;

-        con il loro primo incontro con Gesù Eucaristico;

-        con la loro Cresima;

-        con la Comunione pasquale di tutta la famiglia;

-        con il ricordo di anniversari particolari;

-        con la celebrazione di opere penitenziali in comune, ecc.” (C.E.I., 1969, n.16).

 

 

Sollecitudine  per i  divorziati

 

Si deve aver cura particolare dei divorziati annunziando loro la dottrina della Chiesa riguardante il matrimonio e aiutandoli con carità cristiana nella decisione di riparare alla loro posizione irregolare. Ciò posto, si osservino le seguenti norme:

 

1)     IL DIVORZIATO.

Il divorziato può ricevere il sacramento della riconciliazione a condizione:

-        che si penta del peccato di aver violata, con il divorzio, la legge divina dell’indissolubilità del matrimonio;

-        che consideri (vivente il coniuge) valido il suo matrimonio, e nullo il divorzio.

 

2)     IL DIVORZIATO RISPOSATO CIVILMENTE.

Il divorziato risposato civilmente può ricevere il sacramento della riconciliazione a condizione:

-        che si penta del peccato di aver violata, con il divorzio, la legge divina dell’indissolubilità del matrimonio; e del peccato di aver contratto, dopo il divorzio, il matrimonio civile (proibito dalla Chiesa);

-        che consideri (vivente il coniuge) valido il suo primo matrimonio, e nullo il divorzio;

-        che consideri nullo il matrimonio civile, e che escluda i relativi rapporti sessuali e la loro occasione prossima (la coabitazione).

 

3)     IL CONIUGE DEL DIVORZIATO RISPOSATO.

Il coniuge del divorziato risposato civilmente può ricevere il sacramento della riconciliazione a condizione:

-        che consideri nullo il suo matrimonio civile;

-        che escuta i relativi rapporti sessuali e la loro occasione prossima (coabitazione).

 

4)     LA SEPOLTURA CRISTIANA.

Il divorziato, essendo peccatore pubblico, non può avere la sepoltura cristiana (can. 1240), tranne che, prima di morire, abbia dato qualche segno di pentimento davanti a un testimone.

 

 

Direttive pastorali

 

1)      L’azione pastorale abbia come oggetto la famiglia come comunità, mediate una

Evangelizzazione più frequente e accurata.

 

2)      La famiglia dev’essere soggetto di pastorale, essendo i coniugi dotati di grazie e di esperienze pastorali. Perciò nei consigli pastorali sia presente qualche coppia cristiana.

 

3)      Vanno curati i gruppi di spiritualità familiare, mediante ritiri spirituali ed incontri di studio sulla famiglia. Si avranno così coniugi esemplari e ben preparati all’apostolato di sostegno delle famiglie che si trovino in difficoltà, o in situazioni irregolari: i divorziati, i concubini, ecc.

 

4)      Nella famiglia cristiana siano incoraggiate e protette le vocazioni dei figli verso la missione sacerdotale, la vita religiosa e l’apostolato degli Istituti secolari (C.E.I., 1969, n.104).

 

5)      E’ doveroso richiamare l’attenzione sul problema dell’occupazione, in modo da evitare i disagi e i drammi delle migrazioni (C.E.I., 1969, n.20).

 

6)      Nessuno, in modo particolare nei primi anni, dovrebbe essere privo di una famiglia. Perciò i coniugi cristiani che mediante l’adozione speciale o l’affiliazione accolgono i bambini abbandonati o rimasti soli, compiono un’opera sociale e di apostolato altamente meritoria (Apost. Actuos., n.11).

 

7)      Curare le associazioni dei genitori per contribuire alla retta educazione dei loro figli nella scuola.

 

8)      Il sacerdote entri nelle famiglie come amico e consigliere. Le occasioni sono varie. Rimane opportuna la benedizione pasquale delle famiglie, la quale però dovrebbe essere fatta in orario extra lavorativo, con calma e disponibilità di tempo e suddivisa per alcuni mesi.

 

9)      La pastorale familiare tenga conto delle statistiche di un comportamento sociale o psicologico, perché sono utili per conoscere, nella loro estensione, un’opinione o un fenomeno (il divorzio, l’aborto, ecc.) e ci sollecitano a conoscere la causa. Ma le statistiche, per sé, non sono criterio per giudicare che un’opinione o un fenomeno, a causa della loro estensione, siano espressione di un valore autentico. Le statistiche ci indicano l’essere, la situazione di fatto, ma non ci indicano per se stesse il dover essere, cioè la bontà di un’opinione o di un fenomeno umano.

 

+ NICOLA RIEZZO Arcivescovo

 

(da “L’Eco Idruntina” n.12 – dicembre 1975)

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