Mons. Nicola Riezzo » webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org il sito ufficiale per la canonizzazione di mons. Nicola Riezzo Wed, 01 Oct 2014 18:01:16 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Omelia di Mons. Ruppi ai funerali di Mons. Nicola Riezzo (22 agosto 1998) http://www.mons-nicolariezzo.org/omelia-di-mons-ruppi-ai-funerali-di-mons-nicola-riezzo-22-agosto-1998/ http://www.mons-nicolariezzo.org/omelia-di-mons-ruppi-ai-funerali-di-mons-nicola-riezzo-22-agosto-1998/#comments Sat, 04 Oct 2008 11:06:08 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=87 La parola dell’Apostolo ci ha ricordato che “quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli” (2 Cor 5,1 sq).

“Siamo pieni di fiducia, Fratelli e Sorelle, - ci ha detto San Paolo – e preferiamo andare in esilio dal corpo, per abitare presso il Signore”.

Quando mi sono inginocchiato, un’ora dopo il decesso, dinanzi alla salma del nostro venerato e caro mons. Riezzo, non ho avvertito nel cuore alcuna sofferenza, ma ho sentito, invece, un immenso trasporto, la gioia, cioè, di pensarlo già nel regno dei cieli, la certezza di vedere, in lui, un nostro nuovo protettore presso il trono di Dio.

L’arcivescovo Riezzo ci ha lasciato, come era suo costume e suo ardente desiderio, in punta di piedi. Se n’è andato quasi in silenzio, sommessamente, pago di aver solo fatto la volontà del Signore, di aver servito la Chiesa con umiltà e fiducia, di aver obbedito al Vicario di Cristo, al quale si è sempre sentito profondamente unito e collegato.

Il Signore lo ha chiamato il giorno prima del 71° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, per associarlo alla messa eterna del cielo.

Lo ha chiamato dopo una lunga preparazione, trascorsa in silenziosa preghiera e serena sofferenza, sempre sorretto dall’affetto dei devoti nipoti e dalla fraterna assistenza del parroco di questa chiesa matrice.

Lo hanno amato tutti; lo abbiamo amato tutti, questo santo Vescovo!

Lo hanno amato i suoi concittadini, gli innumerevoli alunni di Teologia del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, le suore salesiane dei SS. Cuori che lo ebbero, per decenni, confessore e direttore spirituale.

Lo hanno amato, soprattutto, i fedeli di Castellaneta, di Otranto, di Ugento-S.Maria di Leuca, di Lecce, che, 17 anni fa, lo riabbracciò, quando, lasciato il servizio episcopale attivo, per raggiunti limiti di età, si ritirò a Squinzano, suo paese natio, per svolgere l’umile ufficio di vice parroco, confessore, animatore di opere di culto e di carità, collaboratore dimesso, ma generoso del Vescovo, che lo ha sempre riguardato non solo come una reliquia vivente del Concilio Vaticano II, ma come la perla più splendida del clero leccese.

Mons. Riezzo non ha mai fatto cose eclatanti in vita sua, ma ha fatto in modo mirabile tutto quello che il Signore gli chiedeva di fare.

E quando gli accadde di ricevere, ad Otranto, 18 anni fa Giovanni Paolo II, in occasione del V Centenario dei BB. Martiri, lo fece con tale umiltà e tale devozione, che più volte il Santo Padre lo ha ricordato personalmente, anche in occasione della sua Visita a Lecce del 18 settembre di quattro anni addietro.
Novantaquattro anni di età, 71 di sacerdozio, una trentina di insegnamento teologico e 40 di episcopato: sono una somma di meriti assai rari, anche in tempi di prolungata longevità, come quelli presenti.

Ma c’è un tratto particolare che ha segnato la sua longeva esistenza: il Vescovo Nicola non si è mai sentito un padre della Chiesa, ma si è sempre sentito suddito e figlio della Chiesa.

Amava la Chiesa con la semplicità dei figli e la generosità dei padri. Dopo aver lungamente insegnato la teologia della Chiesa, il 29 giugno 1958 venne inserito nel Collegio apostolico, per servire l’amatissima Chiesa di Castellaneta, alla quale donò undici anni di fervido e appassionato lavoro, curandone tutte le articolazioni ecclesiali: amò i sacerdoti e i religiosi, moltiplicò le parrocchie, visitò le campagne, sostenne lo sviluppo sociale e civile di quella parte del territorio tarantino, allora più carica di affanni e di problemi di quanto non sia oggi.

Promosso alla antica e rinomata Sede idruntina, il 28 aprile 1969, continuò il suo servizio episcopale senza sosta, girando da un paese all’altro, incoraggiando, stimolando e spesso anche pregando sacerdoti e fedeli, con fare dimesso e suadente, dando a tutti un esempio di bontà e di umiltà, di slancio apostolico e di zelo per il bene e lo sviluppo del Salento.

Riprese il processo dei BB. Martiri, sollecitò la costruzione di nuove chiese, predilesse il Seminario e l’Azione cattolica, visitò senza sosta i molti paesi della diocesi, alla quale rimarrà, per sempre, legato il suo nome e la eredità del suo servizio episcopale.

Le stesse qualità e lo stesso zelo pastorale, poi, pose a servizio della diocesi di Ugento-S.Maria di Leuca, della quale fu per diversi anni solerte ed insonne Amministratore apostolico. Lo ricordano ancora tutti, con la borsa in mano, accompagnato dal suo fedele autista, girare da una parte all’altra, senza dormire, mangiando spesso un panino, ma con innumerevoli rosari, recitati per strada o nelle pause delle sue innumerevoli funzioni religiose.

Del suo lungo insegnamento teologico gli rimase attaccato addosso lo spirito di chiarezza, la precisione del linguaggio, la fedeltà al Magistero, l’ansia di donare ai piccoli e ai grandi, ai vicini e ai lontani la parola della salvezza. Quando, rientrato nella diocesi natia, poteva aiutarmi per le cresime o poteva anche amministrarle in questa chiesa, sentiva forte il bisogno della catechesi e non mancava di supplire personalmente alla impreparazione dei cresimandi, giovani o adulti, con lunghe esortazioni e paterni discorsi.

Del Vaticano II, di cui è stato a pieno titolo padre conciliare, per tutto il tempo del suo svolgimento, parlava volentieri come dell’esperienza ecclesiale più grande, ma i suoi pensieri erano sempre rivolti alla Scrittura, ai Padri, all’insegnamento del Papa. Viva, però, era in lui la collegialità episcopale; costante il desiderio di vivere in sintonia con i Vescovi della regione e della nazione.

Godeva, infatti, immensamente quando, dopo le assemblee generali, gli portavo gli atti e i documenti discussi o approvati: era per lui, quasi un rivivere la gioia di tante riunioni, alle quali partecipava con molta attenzione e prolungato silenzio, intervenendo solo quando era necessario e quando c’era qualcosa di serio, da dire o da proporre.

Dell’ultima tappa della sua vita terrena, quella trascorsa qui, a Squinzano, non c’è molto da dire, se non che è vissuto in grande povertà e grande umiltà, quasi senza farsene accorgere. Fino a quando ha potuto, ha sempre partecipato al ritiro mensile del Clero, alle celebrazioni solenni, ai vari incontri diocesani e foraniali, sempre silenzioso dimesso, seduto all’angolo, desideroso di essere ignorato. E quando lo si invitava a porsi al centro, a prendere il posto che gli spettava, era sempre riluttante, memore delle massima, divenuta la sua ultima regola di vita: ama nesciri et pro nihilo reputari.

Molti anni fa, un giorno, si spogliò di tutte le insegne episcopali e me le portò a Lecce, perché le vendessi per il nuovo seminario. Al mio sorriso e alla comprensibile resistenza ad accogliere quello che, più che dono, era, invece, una vera spoliazione, mi rispose secco: “Fate quello che volete! Importante è che queste cose non ce le abbia più io!”.

E non dico della carità fatta a seminaristi e fedeli poveri e della sua insistenza, perché si ponesse mano alla costruzione della nuova chiesa nella zona di espansione di Squinzano e della gioia, quando potemmo insieme benedire il suolo e la prima pietra della piccola costruzione, intitolata alla Madonna di Fatima.

Per anni ed anni, pur essendo tanto stimato dal clero e dal popolo, egli se n’è stato in questo tempio come l’ultimo dei fedeli. Lo hanno visto tutti seduto alla sedia, al confessionile, all’altare, in sagrestia e tutti fino a pochi anni fa lo hanno visto girare lentamente per il paese, visitare gli ammalati, recare l’Eucaristia, donare a molti i segni nascosti della sua carità.

Vescovo munifico e amabile, come san Nicola; pastore, come tutti i sacri pastori, mons. Riezzo è stato soprattutto un cristiano esemplare: fedele coi fedeli, cristiano coi cristiani!

L’altro giorno, come Gesù nel vangelo che ci è stato ricordato, il vescovo Nicola Riezzo ha reclinato il capo e si è addormentato per sempre, celebrando la sua pasqua eterna.

Come Gesù, anch’egli è vissuto sulla Croce del ministero, ma ha sempre sentito la gioia e la serenità del servizio episcopale.

La Croce non lo ha mai schiacciato, né mai si è lasciato sopraffare dalle angosce e dalle angustie pastorali.

Mons. Riezzo viveva con gli occhi fissi in Dio.

Guardava i problemi del mondo sub specie aeternitatis; considerava le cose della terra come veicolo, per raggiungere il Signore. Da tutto quello che è accaduto negli ultimi cinquant’anni di storia, ha tratto una sola conclusione: che è il Signore a tenere i fili della storia; è lui il padrone della messe; è lui che guida la Chiesa nella buona e nella cattiva sorte.

E’ vissuto come un profeta.

E’ morto come un patriarca!

Come Paolo, anche lui può dire oggi, a mezza voce: fidem servavi, cursum consummavi.

E noi, prima di dare alla sua salma la benedizione liturgica, benediciamo il Signore di avercelo dato come padre e maestro, come fulgido esempio di zelo pastorale e di cristiana pietà.

Nell’ultimo incontro che ebbi con lui, qualche settimana addietro, mentre era rannicchiato in poltrona, quasi fosse già in attesa di partire, gli chiesi di pregare per il nostro Sinodo diocesano, per il Seminario, per il Papa. Mi rispose con un filo di voce: “prego, prego sempre per tutti! pregherò per sempre!”.

Questo è il Vescovo della Chiesa, che ha già raggiunto il Vescovo delle anime nostre, Cristo Signore, al quale ha consacrato la sua lunga esistenza e dal quale, ne siamo certi, ha già ricevuto il premio della gloria che non ha fine.

Noi preghiamo per lui e per le diocesi che egli ha servito e amato. Preghiamo per il Papa e i Vescovi, a Lui uniti nel Collegio episcopale, e, ricordando la sua figura, umile e amabile, seguiamo il suo esempio di pietà, di amore alla Chiesa e ai poveri, di donazione totale alle anime.

“Vita mutatur, non tollitur” diremo tra poco nel prefazio “la vita non è tolta, ma è solo cambiata”.

Il Vescovo Nicola non è morto, ma vive più di prima. Vive in Dio, vive con la Beata Vergine di cui era devotissimo, con San Nicola, i BB. Martiri Idruntini, ma vive anche nel cuore delle Chiese che ha servito e nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto, venerato e amato.

Prega per noi, carissimo mons. Riezzo, prega per la Chiesa e per il mondo. Ottienici dal Signore la fortezza della fede, la pietà, lo slancio apostolico, che ha sempre segnato la tua lunga giornata terrena.

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Ed ora un nuovo lavoro ci attende http://www.mons-nicolariezzo.org/ed-ora-un-nuovo-lavoro-ci-attende/ http://www.mons-nicolariezzo.org/ed-ora-un-nuovo-lavoro-ci-attende/#comments Fri, 26 Sep 2008 15:16:19 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=84 Paolo VI ha concluso l’anno della fede con una solenne liturgia in piazza S. Pietro durante la quale ha fatto una lunga professione di fede.

Egli ha parlato come “Pastore della Chiesa universale” a cui “incombe il dovere di adempiere al mandato di confermare i fratelli nella fede”, in nome e in piena comunione spirituale con tutto il popolo di Dio. Perciò il suo “credo” è il “credo” di tutto il popolo di Dio espresso mediante il suo capo; è una professione di fede che senza essere una definizione ex cathedra, è una “ferma testimonianza alla verità divina, affidata alla Chiesa perché essa ne dia l’annunzio a tutte le genti”.

La professione di fede del Papa è provvidenziale, perché rispondente “in misura appropriata al bisogno di luce sentito da fedeli turbati a causa dell’inquietudine che agita alcuni ambienti moderni in relazione alla fede: inquietudine dovuta ad “una specie di passione per i cambiamenti e le novità”, al soggettivismo immanentistico e all’esteo di ipotesi arbitrarie”.

La professione di fede del Papa attinge alla parola di Dio contenuta nella S. Scrittura e nell’im morale tradizione della Chiesa santa: parola di Dio custodita, insegnata, spiegata, diffusa dal magistero della Chiesa, reso infallibile dall’assistenza dello Spirito Santo.

Perciò cordialmente con animo profondamente grato ci associamo alla fede del Sommo Pontefice specialmente riguardo alle verità offuscate in questi anni in alcuni ambienti cattolici: la verginità perpetua della Madonna; il peccato originale; il battesimo dei bambini; la natura sacrificale della Messa; l’esistenza degli angeli; la transustanziazione; la presenza reale di Gesù dopo la Messa; la natura del Regno di Dio.

In modo particolare ringraziamo il Sommo Pontefice per la fede nell’incomparabile dono divino del magistero della Chiesa fonte dell’unità dei cristiani: “Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale. Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli, e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo”.

Ma non bisogna fermarsi qui.

La professione di fede del S. Padre ci impegna a studiarla ed approfondirla e sopra tutto a viverla. Ce lo dice il Papa nel discorso te fedeli, commentando la Professione di fede.

“Una professione riassuntiva della verità della fede esige uno studio, uno sviluppo, un approfondimento; è questo il dovere di tutti i credenti.

Ed è questo parimenti il compito dei maestri, dei teologi, dei predicatori, ai quali questo momento storico della Chiesa offre una stupenda missione, quella di penetrare, di purificare, si esprimere gli enunciati della fede in termini nuovi, belli, originali, vissuti, comprensibili i sempre identici ed immutabili tesori della rivelazione, “nella stessa dottrina, nello stesso senso, nello stesso pensiero”, come disse il Concilio Vaticano primo.

Un lavoro quindi che, si può dire, ricomincia, cioè succede all’affermazione della fede, che l’anno testè concluso ci ha dato la felice occasione di pronunciare. Dobbiamo rimetterci tutti ad uno studio serio della nostra religione; e speriamo che in ogni Paese si abbia una nuova e originale fioritura di letteratura religiosa.

Ma vi è un’altra conseguenza che scaturisce da una professione della fede, è la coerenza della vita con la fede stessa. Non avremo mai dato sufficiente importanza a questa coerenza tra la fede e la vita. Non basta conoscere la Parola di Dio, bisogna viverla. Conoscere e non applicare la fede alla vita sarebbe una grave illogicità, sarebbe una seria responsabilità. La fede è un principio di vita soprannaturale ed insieme un principio >di vita morale. La vita cristiana nasce dalla fede, ne gode l’incipiente comunione ch’essa stabilisce fra noi e Dio, fa circolare il suo infinito e misterioso pensiero nel nostro, ci dispone a quella comunione vitale, che unisce la nostra appena creata esistenza con l’increato e infinito Essere, ch’è Dio; ma nello stesso tempo introduce nella nostra mente e nel nostro operare un impegno, un criterio spirituale e morale, un elemento qualificante la nostra condotta: ci fa cristiani”.

Ed eccoci alla conclusione.

La professione di fede del Papa esige un approfondimento della fede, ed una maggiore coerenza della nostra vita con essa. Un nuovo lavoro ci attende.

Stringiamoci intorno al Pastore della Chiesa universale e facciamo che il suo “Credo” sia il “credo” luminoso e vivificante di tutto il popolo di Dio.

+ Nicola Riezzo Vescovo

Diocesi di Castellaneta, Bollettino diocesano, agosto 1968.

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Un grande dono del Signore http://www.mons-nicolariezzo.org/un-grande-dono-del-signore/ http://www.mons-nicolariezzo.org/un-grande-dono-del-signore/#comments Fri, 26 Sep 2008 14:48:59 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=82 Un grande dono del Signore è il Papa. Perché?

Egli è la roccia sulla quale il Signore edifica la sua Chiesa, affinché dia unità e solidità a tutti i cristiani come loro capo visibile (Mt. 16, 18).

Egli è colui al quale il Signore affida come a suo vicario le chiavi della sua Chiesa (Mt. 16, 19).

Egli è colui al quale il Signore comanda di confermare, illuminare, guidare i fratelli nella fede (Lc. 22, 31-32).

Egli è colui al quale il Signore dà la missione di pascere gli agnelli e le pecorelle del suo gregge che è la Chiesa: annunziando la parola di Dio, proponendo le sue direttive, portando la vita soprannaturale della grazia divina (Gv. 20, 15-18).

E come tale si è presentato il Santo Padre nel suo pellegrinaggio ad Otranto il 5 ottobre c.

Il Papa Giovanni Paolo II è un grande dono del Signore perché, come nostro maestro, padre e pastore per volontà di Gesù, nell’omelia della Messa ci ha presentati i nostri beati 800 Martiri come eroici testimoni di Cristo nella fede, nella speranza e nell’amore cristiano, per cui sono graditi a Dio come un olocausto, viventi presso di Lui nell’amore, portavoce della grazia e della misericordia divina per i loro fratelli e sorelle sulla terra. Questi Martiri del 1480 hanno poi richiamato alla mente del Santo Padre i Martiri del nostro secolo, e in particolare i Martiri della non distante eroica Chiesa di Albania. Perciò, ha concluso il Papa, “essere spiritualmente vicini a tutti coloro che soffrono violenza a causa della loro fede è un dovere speciale di tutti i cristiani”. “Non dimentichiamo i Martiri dei nostri tempi. Non comportiamoci come se essi non esistessero”.

Il Papa Giovanni Paolo II è un grande dono del Signore perché, come nostro padre, maestro e pastore per volontà di Gesù, alla fine della Messa ha rivolto un affettuoso pensiero alla Madonna del Passo che sostenne gli 800 Martiri nella prova suprema del loro amore; e ha esortato “ogni cristiano e le famiglie cristiane” alla recita quotidiana del Rosario, per attingere coraggio e fiducia nel cammino della vita.

Il Papa Giovanni Paolo II è un grande dono del Signore perché, come nostro padre, maestro e pastore per volontà di Gesù, nella cattedrale, prendendo occasione del grandioso mosaico pavimentale ” enciclopedia per immagini”, ha richiamato i Vescovi, i Sacerdoti e i Religiosi all’importanza della catechesi e all’impegno che devono porre in essa. Degne di profonda meditazione sono le sue direttive: “La Chiesa in questo ventesimo secolo è invitata da Dio e dagli eventi, – i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio – a rinnovare la sua fiducia nell’azione catechistica come in un compito assolutamente primordiale. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato”.

Il Papa è un grande dono del Signore perché, come nostro padre, maestro e pastore per volontà di Gesù, sul Piazzale degli Eroi ha presentato ai giovani gli 800 Martiri Otrantini come mirabile esempio di amore alla Patria terrena e di autenticità della fede cristiana, per cui li ha esortati ad essere giovani di fede certa, forte, gioiosa e operosa, “di fronte alle suggestioni di certe ideologie contemporanee, che esaltano e proclamano l’ateismo teoretico o pratico”.

Il Papa Giovanni Paolo II è un grande dono di Dio perché, come nostro padre, maestro e pastore per volontà di Gesù, nell’aeroporto di Galatina ha esortato tutti a mantenere ferma la fede in Cristo, come fecero i Martiri di Otranto, nei momenti della prova e della sofferenza, e di fronte al turbinio della storia. Infatti “Gesù è la nostra pace, e guida gli avvenimenti per il bene di coloro che amano Dio umilmente e lo servono nei loro fratelli”.

Un grande dono del Signore è il Papa Giovanni Paolo II nel suo pellegrinaggio ad Otranto il 5 ottobre c. come nostro maestro, padre e pastore per volontà di Gesù. Per tale dono rendiamo grazie al Signore nostro Dio.

+ NICOLA RIEZZO

Arcivescovo

Da “L’ECO IDRUNTINA”, settembre-ottobre 1980.

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Nella pace dei giusti http://www.mons-nicolariezzo.org/nella-pace-dei-giusti/ http://www.mons-nicolariezzo.org/nella-pace-dei-giusti/#comments Fri, 26 Sep 2008 14:13:48 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=76 Dal 20 agosto, S.Ecc. Mons. Nicola Riezzo, Arcivescovo Emerito di Otranto, è nella Casa del Padre per il meritato premio del servo buono e fedele.

Il rito funebre, che il 22 agosto è stato celebrato nella Chiesa Madre di Squinzano, paese nativo e residenza ultima del defunto, è stato presieduto da S.Ecc. Mons. Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Metropolita di Lecce; molti i concelebranti, tra i Vescovi e sacerdoti, provenienti da diverse diocesi. Mons. Riezzo era ben noto al clero pugliese, che lo stimava e lo amava.

Profondamente raccolti erano i numerosi fedeli, consapevoli di aver conosciuto in Mons. Riezzo un vescovo santo e di partecipare alla sua messa esequiale non tanto per pregare in suo suffragio quanto per affidarsi alle sue preghiere.

S.Ecc. Mons. Riezzo ha vissuto la sua lunga vita (94 anni) prevalentemente in seminario o a contatto immediato con i seminaristi e con i loro educatori.

Seminario di Lecce (diocesi di origine): i cinque anni del ginnasio e i primi cinque anni di sacerdozio (1927-32), come superiore e come docente di lettere. Almo Collegio Capranica e Pontificia Università Gregoriana – Roma: per la frequenza dei corsi filosofici e teologici con relativa laurea in filosofia e in sacra teologia. Pontificio Seminario Regionale di Assisi (1932-1934): docente di filosofia nel liceo. Pontificio Seminario Regionale di Molfetta (1934-1958): titolare della cattedra di teologia dommatica e di ascetica e mistica.

Vescovo di Castellaneta (1958-1969) e, successivamente, Arcivescovo di Otranto (1969-1981), vive in episcopio, contiguo ai rispettivi seminari, ma presente, con paterna discrezione, nella vita dell’istituto, soprattutto presente nell’animo dei seminaristi per la sua semplicità e bontà, per la sua disponibilità ad ascoltarli, per la sua santità.

Entrato in diocesi il 1 giugno 1969, festa della SS. Trinità, S. Eccellenza si dimostrò subito molto vicino ai seminaristi, in particolare a quelli di liceo e di teologia. Volentieri accettava l’invito a celebrare la messa nella cappella del seminario, accoglieva con affabile semplicità i seminaristi per un doveroso saluto all’inizio e alla fine dell’anno scolastico, per gli auguri di S. Nicola, del Santo Natale e della Pasqua.

Incontrando i seminaristi, abbozzava sempre un sorriso paterno, rivolgeva loro una parolina di incoraggiamento e volentieri li riceveva in episcopio per colloqui privati; faceva questo soprattutto con i liceali e con i teologi.
Quasi ogni domenica, gradiva consumare il pranzo con i seminaristi, con i quali, poi, s’intratteneva nell’atrio in affabile conversazione, esortandoli ad essere solerti in tutto anche durante la ricreazione e… nel gioco del pallone.

Era sempre paternamente attento alla vita dell’istituto; avvertiva forte la sua responsabilità di vescovo verso il “cuore della diocesi”, ne presiedeva i consigli plenari (inizio e fino anno scolastico – consigli trimestrali); ogni anno convocava due o tre volte le commissioni del seminario: commissione per la formazione e commissione per l’economia, con le quali discuteva i problemi dell’istituto.

Per Mons. Riezzo punto fondamentale nella vita del Seminario era la formazione spirituale e culturale, fondate su una salda educazione umana.

Esortava i seminaristi a radicare la propria vita in Cristo Gesù attraverso la meditazione, specialmente durante le vacanze in famiglia, la partecipazione alla messa quotidiana, la frequenza dei sacramenti. Desiderava che amassero incessantemente Gesù.

Sac. Antonio Pasca

Da “IL NOSTRO SEMINARIO”, mensile del Centro Diocesano per le vocazioni, Archidiocesi di Otranto, nn. 9-10 settembre-ottobre 1998, Anno XL.

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Comunicazione del primo incontro sulla figura del Servo di Dio http://www.mons-nicolariezzo.org/comunicazione-primo-incontro-sulla-figura-del-servo-di-dio/ http://www.mons-nicolariezzo.org/comunicazione-primo-incontro-sulla-figura-del-servo-di-dio/#comments Fri, 26 Sep 2008 13:45:03 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=72 ARCIDIOCESI DI LECCE

Postulazione Causa di Canonizzazione

del Servo di Dio Mons. Nicola Riezzo

 

Una vita esemplare è sempre motivo di arricchimento e di crescita per una comunità. La testimonianza di vita di Mons. Nicola Riezzo, di cui è in corso la causa di beatificazione e canonizzazione, è un dono immenso che merita di essere accolto con gioia e gratitudine.

 

L’ufficio di Postulazione, insieme con i Parroci,

i Sacerdoti e le Autorità civili di Squinzano, città natale del Servo di Dio,

in collaborazione con il Comitato che spontaneamente si è costituito,

promuove un primo incontro sulla figura del Servo di Dio, dal titolo

 

Mons. Nicola Riezzo, l’uomo di Dio e il pastore di tutti

 

Relatore: il Rev.mo Mons. Quintino Gianfreda,

Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Otranto

 

Giovedì 1 Giugno 2006 – ore 19,30

Auditorium della Casa Famiglia – Parrocchia “S. Nicola” – Squinzano

Squinzano, 4seohunt.com/www/www.mons-nicolariezzo.org. 16 maggio 2005

IL POSTULATORE

Prof. Don Luigi Manca

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Mons. Nicola Riezzo. L’uomo di Dio e il pastore di tutti. http://www.mons-nicolariezzo.org/mons-nicola-riezzo-luomo-di-dio-e-il-pastore-di-tutti/ http://www.mons-nicolariezzo.org/mons-nicola-riezzo-luomo-di-dio-e-il-pastore-di-tutti/#comments Thu, 25 Sep 2008 18:15:24 +0000 webmaster http://www.mons-nicolariezzo.org/?p=44 A parlare della figura dell’Arcivescovo NICOLA RIEZZO a Squinzano, sua patria natia e comunità di residenza dal 1981 fino alla sua morte (20-8-1998), si ha il cammino spianato.
Lo stile, semplice ma esemplare della sua alta testimonianza di “ministro del Signore”, è ancora oggi vivo nel ricordo e nell’ammirazione unanime dei Presbiteri, delle Comunità cristiane e dei cittadini tutti di Squinzano.
Egli ha vissuto qui i suoi ultimi 17 anni di vita (1981-1998), spendendosi quotidianamente, nello studio e nell’apostolato, con lo stesso e medesimo zelo e dedizione che Lo hanno caratterizzato nel suo lungo molteplice ministero pastorale: di presbitero, di docente nei Seminari Regionali (Assisi e Molfetta), di Vescovo di Castellaneta prima (1958-1969) e di Arcivescovo di Otranto poi (1969-1981).

In Lui c’è stata – ed era marcata – una perfetta linea di continuità: ovunque e sempre è stato innanzitutto “uomo di Dio”, in una vita intensa di pietà coltivata nella preghiera e nella grazia dei Sacramenti con l’Eucaristia al centro. Senza enfasi alcuna a Lui ben si addice, e realmente Lo raffigura, il brano della lettera agli Ebrei: Ogni pontefice, preso di tra gli uomini, è costituito in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio (Eb 5, 1). E’ stata sempre prioritaria e fondamentale in Lui tale dimensione interiore assimilata, in ciò aiutato dallo studio sistematico della Sacra Teologia, che, prima di essere dottrina insegnata, è stata fonte e nutrimento nella sua elevata formazione di mente e di cuore.

Una fede così granitica e consapevole che ha saputo trasmettere ed infondere, come formatore, in tante generazioni di presbiteri e laici nella nostra Regione ecclesiastica. La Puglia intera gli è debitrice di tanto prezioso dono. E lo ricorda con profonda riconoscenza.

Nella confidenza e dimestichezza con la teologia dommatica, aveva scoperto i suoi tre grandi amori: l’Eucaristia, la Vergine Maria, il Papa. E nel parlarne, diverse volte la commozione dell’animo lo tradiva, facendo affiorare negli occhi e sul volto sorridente un gioioso, tenero pianto.

Ci si accorgeva che era il suo essere a vibrare, suscitando e trasmettendo anche negli altri stupore e suasiva ammirazione.

Personalmente ho conosciuto mons. Riezzo fina dal 1951 nel Seminario Regionale di Molfetta. Ma ho avuto modo di essergli collaboratore molto vicino soprattutto come Cancelliere Arcivescovile in tutti gli anni del suo episcopato in Otranto.

Di lui come Pastore mi limito ad offrire, in questa sede, un breve quadro del suo governo (1° parte) ed ad evidenziare alcune linee guida del suo magistero episcopale (2° parte).

I – IL GOVERNO DELL’ARCIDIOCESI

Promosso Arcivescovo di Otranto il 28 aprile 1969, dopo aver governato per circa 11 anni la diocesi di Castellaneta (1958-1969), dette inizio al suo ministero ad Otranto il 1° giugno 1969 divenendo, nel maggio 1970, anche Amministratore Apostolico della diocesi di Ugento-S.Maria di Leuca, da Lui affettuosamente denominate “diocesi sorelle”.

Nel governo dell’Arcidiocesi egli operò assiduamente, avendo come “bussola” i documenti del Concilio Vaticano II, al quale aveva partecipato, e quelli post-conciliari, facendosi promotore in diocesi di quel “rinnovamento” ecclesiale, obiettivo alto del Vaticano II.

Mi limito ad alcuni provvedimenti del suo governo.

1. Visite Pastorali

Due le visite pastorali da Lui compiute, entrambe incentrate sulla “Parrocchia”. Momenti preziosi per “conoscere” da vicino le singole comunità e verificarne la vitalità.

La prima indetta nella solennità di Cristo Re, il 26 novembre 1972 ed avviata nel gennaio successivo.
La seconda indetta nella solennità dell’Immacolata (8 dicembre 1977) ed iniziata nella Quaresima del 1978.

In particolare, questa seconda visita pastorale, considerava la Parrocchia in rapporto alla “Promozione umana” (tema ecclesiale di rilievo, in quegli anni) con riferimento esplicito “ai documenti postconciliari pubblicati principalmente nell’ultimo quinquennio”.

Di particolare rilievo, nell’apposito “Questionario-Direttorio” redatto per lo svolgimento della Visita, è l’impostazione tematica circa i sacramenti dell’iniziazione cristiana, considerati e trattati come un cammino unitario: non tre sacramenti isolati ed autonomi, ma tre tappe sacramentali, evidenziando l’unitarietà intrinseca che lega i tre sacramenti.

Tale aspetto richiamò l’attenzione nazionale soprattutto dei teologi pastoralisti, che manifestarono interesse notevole perché da tale visione poteva intravedersi, almeno abbozzata, una nuova linea pastorale in ordine al conferimento dei tre sacramenti: battesimo, cresima ed eucaristia come scansione progressiva nel cammino di iniziazione cristiana. Un percorso ancora oggi aperto e allo studio.

2. Scuola di Teologia per Laici

In tutto il suo episcopato fu costante la preoccupazione della formazione dei laici; e in tale direzione favorì, fin dall’inizio, una forte attenzione ai catechisti parrocchiali, promuovendone la preparazione, in parte tenuta personalmente da Lui stesso, fino a giungere nel 1978 a veri percorsi formativi, organicamente incentrati intorno a quattro discipline: Pedagogia catechistica, Sacra Scrittura, Teologia dommatica, Liturgia.

3. Erezione del Seminario per il Ginnasio

V eniva dai Seminari e conosceva bene le dinamiche formative.

Fu una delle prime riforme che pensò ed attuò (30 settembre 1969). Dopo un convegno con Educatori e Docenti del Seminario e con la consultazione del Presbiterio diocesano, considerato anche il numero dei seminaristi diocesani e l’accoglienza in quegli anni dei seminaristi del ginnasio della diocesi di Ugento-S.Maria di Leuca, decise lo sdoppiamento del seminario minore, sempre in Otranto, con sedi ed Educatori distinti, mosso da un’unica motivazione: “per una più efficace opera educativa a beneficio dei giovani seminaristi”. Un esperimento ardito, ma che pure portò i suoi frutti.

4. Erezione di nuove Parrocchie

Ne eresse quattro, e per una quinta preparò il terreno.

Tre a Galatina, il più popoloso centro dell’arcidiocesi.

In ordine: parrocchia di S.Rocco (20-6-1969), di S.Biagio (11-02-1970), di S.Sebastiano (01-12-1970). La quarta ad Otranto: Parrocchia di Maria SS.ma Immacolata (25-3-1972).

L’altro luogo a cui pensava era Collepasso, ove poi – secondo il suo disegno – il suo successore Mons. Vincenzo Franco provvide ad erigerla nel 1984, assegnandole il titolo “Cristo Re dell’Universo”, che già lui aveva accolto e coltivato.

5. Fondo di Solidarietà Sacerdotale

In attuazione delle indicazioni conciliari (Presbyterorum ordinis, 21), istituì, con relativo Statuto, un fondo diocesano di intervento in favore del clero anziano e bisognoso. Tale fondo – scriveva – “vuole essere un mezzo concreto con cui la diocesi idruntina va incontro ai casi di bisogno del clero diocesano”. Ma contemporaneamente rilevava che “è necessario si accompagni una ulteriore maturazione di mentalità che il presbiterio diocesano è una famiglia, di cui il Vescovo è il Padre” (CD, 28). L’iniziativa aveva tutto il profumo di una “primizia” ecclesiale, da altri poi assunta e seguita.

II – LINEE GUIDA DEL SUO MAGISTERO EPISCOPALE

1. Il forte e vissuto “sentire cum Ecclesia”

Era una costante sollecitudine pastorale offrire come fondamento della vita cristiana una chiara conoscenza e ferma adesione al Magistero della Chiesa. Negli anni vissuti ad Otranto è stata sua assidua premura presentare i vari documenti del Papa e dei Vescovi italiani, facendoli oggetto di aggiornamento teologico-pastorale per Presbiteri, Religiosi e Laici. Il bollettino diocesano “L’Eco Idruntina” è lì a documentare il vigile e premuroso accompagnamento della Comunità diocesana, aiutandola a camminare in comunione con le altre Chiese italiane nei percorsi dei progressivi programmi pastorali che venivano proposti: evangelizzazione e sacramenti, evangelizzazione e promozione umana. Mensilmente nel bollettino diocesano faceva sentire su tali temi la sua voce di Pastore con interventi tematici organici. Quello del Magistero della Chiesa è stato fin dall’inizio un punto fermo.

Il 1° giugno 1969, nell’omelia d’inizio del suo ministero episcopale in Otranto, tra l’altro ci diceva: “la venerazione, l’attaccamento al magistero infallibile della Chiesa, l’attaccamento al Papa, l’amore al Papa; l’amore al Papa senza confini, senza restrizioni; amore al Papa anche quando costa sacrifici e grandi sacrifici”.

Si coglieva con naturalezza che questo era il suo sentire più autentico che, con semplicità di parole ma con intensità d’animo, lo voleva imprimere in tutti quale condizione necessaria per essere e vivere come Comunità cristiana.

In tale fondamentale riferimento si è sempre mostrato fermo e deciso, ma senza clamori, anche quando avvertiva suo dovere di Pastore intervenire su posizioni o tentennamenti che potevano suscitare sul piano dottrinale turbamento o creare incertezza. Affiorava la responsabilità del Maestro, coniugata sempre con l’afflato del Padre.

2. Marcato connotato della teologia e spiritualità “paolina”

Già il motto episcopale “Charitas Christi urget nos” (La Carità di Cristo ci spinge) è un esplicito segno ed un enunziato programmatico. La “Charitas Christi” che ha animato l’episcopato di mons. Riezzo è stata sulla scia luminosa dell’autentica fisionomia della Chiesa, quale edificazione quotidiana della carità.

Del resto, egli giungeva ad Otranto già “esperto” nel governo pastorale, così formulato a consuntivo del suo decennio episcopale a Castellaneta: “quanto decoro e prestigio Egli ha dato alla nostra diocesi con la mite fragranza delle sue squisite virtù, con la paterna saggezza del suo governo, con la suadente luce della sua dottrina, con il grande fervore del suo zelo, con la meravigliosa molteplicità delle sue opere, con la sua spiccata sensibilità pastorale di fronte alle esigenze spirituali, morali e sociali dell’attuale momento storico”.

Sempre nell’omelia di inizio del ministero in Otranto, così si esprimeva: “La carità! Virtù fondamentale del cristianesimo: <<Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con moneygram international money order tutte. le forze; amerai il prossimo tuo come te stesso>>. Amore fraterno, carità cristiana, unione nel Signore e quindi unione soprannaturale: deve essere la nostra caratteristica. Teniamoci uniti, camminiamo uniti nella vita che conduce alla salvezza eterna, al paradiso… Se ci sarà questa unione soprannaturale, avremo un miracolo morale: digitus Dei est hic, c’è l’impronta soprannaturale di Dio… Trattiamoci da fratelli: tutti fratelli, tutti fratelli! Ci può essere un fratello maggiore, un fratello minore come nelle nostre famiglie, ma tutti fratelli! Ed in questa luce dobbiamo guardarci in faccia: noi sacerdoti con voi fedeli; io Vescovo con i miei confratelli nel sacerdozio”.

Inoltre, Gli era familiare nella sua predicazione il riferimento al “Corpo mistico di Cristo”. Una visione cardine del suo magistero episcopale, che insieme coniuga le dimensioni pneumatologica, cristologica ed ecclesiologica della teologia cattolica. C’era in Lui come una naturale immedesimazione con la teologia paolina così come emerge dalle lettere ai Romani, ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Colossesi.

Una citazione per tutte. Nella “Lettera pastorale” sulla Chiesa particolare (25-3-1980), anche in preparazione all’imminente evento ecclesiale del quinto centenario dei martiri del 1480, così scriveva: “perché la nostra diocesi sia una comunità più vitale, occorre che, con maggiore impegno, studiamo insieme, riflettiamo insieme, esaminiamo insieme, lavoriamo insieme: sempre animati dalla carità cristiana, e sapendo cogliere la luce che viene dal Magistero della Chiesa e in particolare dal Papa. Nella diocesi è “veramente presente ed agisce la Chiesa di Cristo”; e la Chiesa di Cristo è una, è comunione, è il Corpo Mistico di Cristo, è la famiglia di Dio. “Vivendo la verità nella carità, dice S.Paolo, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di Lui, che è il Capo, Cristo, dal quale tutto il corpo ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef, 4 15-16).

a) il Secondo Centenario della beatificazione dei Martiri (1771-1971), per il quale promosse le “Giornate di studio della Chiesa locale” (21-24 ottobre 1971) con la presenza di studiosi di Storia della Chiesa e la partecipazione del cardinale Francesco Seper, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

b) La costituzione di una Commissione di studio, allargata a studiosi e presbiteri delle diocesi vicine, costituita il 1° ottobre 1973 con l’intento esplicitamente dichiarato: “è sembrato maturo il tempo di suscitare nuove ricerche e nuovi studi che valgano ad accertare e mettere a fuoco maggiormente la vicenda tragica e gloriosa della caduta di Otranto in mano ai turchi (1480), la quale ci ha dato la pagina splendida di fede del martirio degli Ottocento sul Colle della Minerva”.

E già da allora si poneva la prospettiva della celebrazione del quinto centenario. “E’ mia intenzione quella di accrescere in varie forme la devozione verso i nostri Martiri, che già ci caratterizza, promuovendo tutte quelle iniziative che in seno alle assemblee dei fedeli possano giovare ad accrescere questo compatto legame di ordine soprannaturale che ci fa riconoscere nel sacrificio degli Ottocento”. E fin da allora si augurava che “il quinto centenario del martirio (1980) possa trovare la comunità preparata spiritualmente ad una degna celebrazione dell’avvenimento, nell’unità e nella carità che promanano dallo Spirito di Cristo, Capo del Corpo Mistico”.

c) la “Peregrinatio” dell’Urna dei Martiri nelle Parrocchie dell’Arcidiocesi (settembre 1979 – aprile 1980) quale immediata preparazione spirituale all’evento del quinto centenario.

E fu Lui stesso a presiedere in ogni Parrocchia l’accoglienza festosa delle Reliquie dei Martiri, offrendo a tutti un’esemplare testimonianza di venerazione e di fiducia verso i Martiri.

E fu ancora sua scelta indire, il 14 agosto 1979, ed aprire nella diocesi “L’anno della testimonianza cristiana“, motivando: “Tale anno vuole essere per l’intera comunità diocesana un tempo di grazia, che consentirà di magnificare il Signore per le meraviglie compiute nei nostri gloriosi martiri e di rinnovare, alla luce del loro eroico esempio di testimonianza cristiana, la nostra fede e adesione al Signore”.

d) il Convegno ecclesiale di studio su “I Beati Martiri di Otranto del 1480″ (26-28 giugno 1980), da Lui promosso quale “occasione privilegiata per la nostra Comunità diocesana per approfondire il martirio cristiano degli Ottocento otrantini, dichiarati Beati dal Papa Clemente XIV il 14 dicembre 1771″.

Nel suo breve indirizzo di saluto, in apertura del convegno, Egli espresse la sua ammirazione per i caduti nella difesa della Città durante l’assedio; la sua “religiosa venerazione verso gli Ottocento uccisi sul Colle della Minerva”; ma con squisita sensibilità pastorale, espresse la sua stima verso i Musulmani, facendo sue le parole del Concilio Vaticano II nella “dichiarazione sulle relazioni con le religioni non cristiane” del 28 ottobre 1965, e riservando larga parte del suo intervento alla citazione del testo conciliare, nel quale si esorta “tutti a dimenticare le offese del passato e a esercitare la mutua comprensione, nonché a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”.

e) Tanta ricchezza di iniziative ecclesiali e di fervore spirituale fu la “premessa” comunitaria della richiesta e dell’ottenimento delle celebrazioni del quinto centenario dei Beati Martiri (1480-1980). Evento dapprima sognato, e poi felicemente realizzato.

L’annuncio fu dato da S.Em. il Cardinale GIUSEPPE CAPRIO al termine del solenne pontificale del 14 agosto 1980, concelebrato in Cattedrale con Arcivescovi e Vescovi della Puglia. Queste le parole del Porporato:

“Insieme alla Benedizione Apostolica ho l’alto onore di trasmettervi un’altra notizia che voi tutti attendete e sperate”. E qui il silenzio cade assoluto e si fa un tutt’uno con un trattenuto respiro: “Il Santo Padre, accogliendo l’invito rivoltogli da Sua Ecc.za Mons. Arcivescovo, dal Sindaco di Otranto, accetta di venire ad Otranto nel mese di ottobre”.

L’applauso lungo e fragoroso diventa armonia incontenibile e radiosa letizia, tanto da far dire al Cardinale: “Questo vostro prolungato applauso mi dice con quanto entusiasmo voi aspettate la Visita del Papa. Ve ne ringrazio e ne sono felice prima di tutto per Sua Ecc.za Mons. Riezzo, alla cui insistenza tenace, gentile, umile ma perseverante, noi dobbiamo questo grande dono che il Papa fa alla Città di Otranto e alla Terra d’Otranto”.

La Visita Pastorale ad Otranto domenica 5 ottobre 1980 è l’avvenimento ecclesiale, a livello regionale e nazionale, che corona il ministero episcopale di mons. Riezzo. Egli, al momento della partenza del Santo Padre dell’Arcidiocesi ringrazia Giovanneo Paolo II “perché con le parole e con l’esempio ci avete incoraggiati a crescere nel culto di venerazione, di imitazione e di invocazione dei Beati Martiri, che eroicamente corrisposero alla grazia divina del martirio. Vogliano i nostri Ottocento martiri implorare dal Signore grazie sempre più abbondanti per il Vostro apostolato luminoso e vivificante del mondo intero”.

All’indomani della Visita, Claudio Sorgi nell’articolo di fondo dal titolo “Oltre il Canale” del “L’Osservatore Romano” scriveva: “Se si vuole cercare il significato vero della visita del Santo Padre ad Otranto non si può fare a meno di scoprire appunto i due versanti: uno che si rivolge alla Chiesa locale ed universale e l’altro che va oltre il Canale e guarda al mondo… Forse era naturale aspettarsi da Otranto un evento limitato o addirittura “devozionale”. E invece il Papa ha avuto ben presente di trovarsi in una Chiesa locale dalle tradizioni antichissime e illustri e di essere sul Canale d’Otranto, ponte di contatto (nel bene e nel male) tra Occidente ed Oriente, sia nel significato religioso che in quello storico del termine”.

E dopo aver “raccontato” l’intera “giornata papale” ad Otranto, conclude con un’annotazione che ci riguarda: “Lo spettacolo del Papa, circondato dal mite e ardente Pastore di Otranto mons. Riezzo, dai Pastori della Puglia, da quelli originari di questa terra e dalla folla veramente immensa del popolo di Dio che sta in Otranto e in Puglia è stato indimenticabile esperienza ecclesiale”.

Il nome dell’Arcivescovo Riezzo resta indelebilmente legato alla memoria e alla venerazione dei Martiri di Otranto e irrobustisce la storia quasi bimillenaria dell’Arcidiocesi idruntina.

E la Provvidenza ha mirabilmente disposto che la causa di canonizzazione dei Martiri di Otranto, in fase avanzata presso la Congregazione delle Cause dei Santi, si incroci con il processo canonico felicemente avviato del Servo di Dio mons. Nicola Riezzo, e con l’altro del Servo di Dio Giovanni Paolo II, universalmente invocato ed atteso. Misteri della Provvidenza!

Oggi i Martiri di Otranto, i Servi di Dio Giovanni Paolo II e mons. Nicola Riezzo, uniti nel cielo guardano a noi, che nella venerazione già li vediamo quali amici e modelli di vita e come tali – è il nostro fervido auspicio nella preghiera – li riconosca e proclami la Chiesa.

Squinzano, 1 giugno 2006

Sac. Quintino Gianfreda

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di S.E. Mons. Arcivescovo

 

Al termine della intensa e splendida giornata del pellegrinaggio del Santo Padre nella nostra Terra, S.E. Mons. Arcivescovo ha così ringraziato e salutato il Papa in procinto di far ritorno a Roma.

 

Beatissimo Padre, nel momento della Vostra partenza da questa arcidiocesi di Otranto, sento il dovere, anche in nome di tutte le chiese di Puglia, di ringraziarvi con tutto il cuore della luce vivificante portata

negli incontri di oggi:

- con il popolo di Dio nella piazza dei Martiri di Otranto;

- con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella cattedrale otrantina;

- con i giovani sul lungomare degli Eroi, in Otranto;

- e infine con i numerosi fedeli presenti in questo aeroporto.

In particolare vada il mio ringraziamento a Vostra Santità, perché con la parola e con l’esempio, ci avete incoraggiati a crescere nel culto di venerazione dei nostri Beati 800 Martiri, contemplandoli con gli occhi della fede in paradiso, nel possesso per sempre della beatitudine celeste, nella visione intuitiva di Dio, in premio della eroica testimonianza della fede cristiana.

Esprimo la mia profonda gratitudine a Vostra Santità per averci incoraggiati a crescere nel culto di imitazione dei nostri Beati 800 Martiri, mediante una forte testimonianza della fede cristiana e dell’amore verso il Signore e verso il prossimo. Beati quelli che, come loro, sono forti testimoni di Cristo.

Sono riconoscente a Vostra Santità per averci aiutati a crescere nel culto di invocazione dell’intercessione dei nostri Beati 800 Martiri presso l’unico Redentore e Salvatore del genere umano. Così “la nostra debolezza sarà aiutata dalla loro fraterna sollecitudine” (L.G. n.49).

Ringrazio Vostra Santità per averci aiutati a crescere nella corrispondenza alle grazie del Signore, sull’esempio dei nostri Beati 800 Martiri che eroicamente corrisposero alla grazia divina del martirio.

Grazie, Santo Padre, per tanta bontà e benevolenza!

Vogliano i nostri Beati 800 Martiri implorare dal Signore grazie sempre più abbondanti per il Vostro apostolato luminoso e vivificante del mondo intero. Amen.

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