Ai presbiteri: uomini della preghiera

Ai presbiteri: uomini della preghiera

Data: 02/05/2009

Il nuovo Arcivescovo ci scrive ai presbiteri

Inizia con questo mio primo contributo, in forma di lettera, la presenza e la collabo-
razione del ‘nuovo’ Arcivescovo al nostro glorioso settimanale. Desidero entrare in
dialogo, ancor prima del mio ingresso in diocesi, con le articolate e variegate
espressioni del popolo santo di Dio.

Ho scelto per questo primo contatto i presbiteri, definiti dal Concilio Vaticano II
nel decreto Presbyterorum Ordinis: “necessari collaboratori e consiglieri, fratelli e
amici” del vescovo.

Queste affermazioni giustificano e chiariscono il perché di questa scelta da
‘primogenitura’.

Il primato della preghiera nella nostra vita, cari miei fratelli Sacerdoti, è
giustificato dal servizio della Parola, primario nel nostro ministero. La Parola che
esce dalla bocca di Dio di cui siamo servi e annunciatori, vive tutta intera la sua
forza e la sua efficacia, se entra nella nostra vita giungendo al cuore attraverso
la preghiera.

Saremo fino in fondo servi e uomini della Parola, se nel contempo saremo uomini della
preghiera che contempla, ascolta, invoca, intercede.

Il rischio reale e che talvolta miete vittime nei nostri presbiteri, sono i frammenti
di tempo che riserviamo, a causa del moltiplicarsi a dismisura degli impegni pastorali
o pseudopastorali, a questa nostra opus maximum.

Spesso il presbitero è tentato di ‘usare’ la preghiera in modo funzionale, di
trasformarla in qualcosa che possa servire all’azione pastorale; “Medita in vista
dell’omelia o di una conferenza… prega pensando ai progetti pastorali senza però
mettere questi stessi progetti davanti a Dio per farne discernimento in obbedienza
a lui” (E. Bianchi).

A volte non solo preghiamo poco ma preghiamo anche male.

Prima di parlare a Dio, prima di ‘pensare’ Dio, dobbiamo impegnarci nell’ascoltare Dio.

Potremo annunziare e testimoniare se sapremo ascoltare. Dobbiamo far nostra la preghiera
che Salomone rivolge al Signore: “Concedi al tuo servo, un cuore docile” (1 Re 3,9),
un cuore che ascolta e, come sentinelle del popolo di Dio, dobbiamo sempre essere in
ascolto della Parola, come ricorda il Signore al profeta Ezechiele: “Figlio dell’uomo ti
ho posto come sentinella per la casa d’Israele.

Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (Ez, 3,17).

Dunque il primo gesto della nostra preghiera, il suo primo esercizio è quello
dell’ascolto.

A questo ascolto di Dio dobbiamo aggiungere l’ascolto degli uomini, nostri fratelli.

Ascolto che deve dare spazio e ispirazione alla nostra preghiera perché porti a Dio,
ricorda Paolo a Timoteo, “suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini”
(1 Tm 2,1).

Stando con gli uomini, ascoltandoli, non possiamo non farci loro intercessori presso Dio.

Siamo chiamati a fare da ponte tra Dio e gli uomini, dobbiamo aiutarli a mettersi in
comunicazione con lui.

Questo particolare servizio del nostro ministero, ci trasforma in ‘ministri della
compassione’ (E. Bianchi).

L’intercessione del presbitero, del vescovo per coloro che a loro sono consegnati,
affidati, diventa un segno di comunione, un essere a loro costantemente presenti,
un farsi carico delle loro attese, dei loro bisogni: diventa il luogo del ricordo dei
tanti che attraversano ed entrano nella nostra vita di pastori e vi restano.

In questo ministero siamo chiamati ad immagine di Cristo “sempre vivo per intercedere
a loro (nostro) favore” (Eb 7,25), a invocare e chiedere a Dio misericordia.

Se nell’annunzio della Parola ci poniamo dalla parte di Dio per annunciare e far conoscere
la sua volontà spesso esigente e dura di fronte a ‘un popolo dalla dura cervice’,
nell’intercessione siamo chiamati a metterci dalla parte degli uomini per ricordare più
volte a Dio, come Mosè, la sua compassione mai finita e la sua misericordia mai
accorciata.

Dobbiamo essere capaci di braccia alzate che cercano e trovano Dio, ma anche di mani
callose e rugose per essersi inserite nella quotidiana fatica dell’uomo per
comprenderla, condividerla e, conoscendola, portarla a Colui che ci aiuta ad accostarci
al trono della grazia per trovare aiuto e sostegno al momento opportuno.

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio