Pietre vive Per la Costruzione di un edificio spirituale

Pietre vive Per la Costruzione di un edificio spirituale

Data: 06/11/2009

Omelia per la dedicazione della Chiesa Cattedrale

1 . “Signore,Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno,
tu ci hai dato la gioia di costruirti
fra le nostre case una dimora,
dove continui a colmare di favori
la tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri
il segno e lo strumento della nostra unione con te”.

Con queste parole innalzeremo la nostra preghiera di lode e benedizione nel canto del prefazio di questa solenne liturgia nell’anniversario della dedicazione della nostra Chiesa Cattedrale, ecclesia maior et mater di tutte le nostre Chiese.

Siamo convocati e radunati in questo nostro maggior tempio, convenuti dalle varie realtà che sono la ricchezza della nostra Chiesa per lasciare ancora una volta che l’unzione dello Spirito come ha segnato e unto un giorno la pietra di questo altare, così unga e confermi tutti noi in quell’appartenenza a Cristo, pietra viva, scelta e preziosa davanti a Dio che ha bisogno di impiegare anche noi quali pietre vive per la costruzione del suo edificio spirituale.

Sorelle e fratelli cari, non posso non dirvi una parola di gratitudine per il dono della vostra presenza. Siamo qui per celebrare il giorno santo che ha strappato dall’uso profano queste pietre giustapposte e, ungendole, le ha rese pietre vive, pietre scelte, pietre ben ordinate, pietre che ribaltate, si aprono alla potenza del Signore Risorto.

Oggi alla burocrazia dei nostri appuntamenti si sostituisce la Sacramentalità dei nostri incontri che con la carica e la potenza della grazia trasforma le nostre congenite paure non in presuntuose acquisizioni di forza ma in serena consapevolezza che la presenza del Signore Risorto accanto ai suoi discepoli che camminano spesso tristi sulle strade del mondo, è la forza nuova che riscalda, dà sostegno e apre a nuovi percorsi di testimonianza.

Noi oggi siamo qui per ricordare le pietre di questo tempio e la loro solidità, ma siamo qui soprattutto per riaffermare la qualità della vita a cui tutti veniamo iscritti e l’impegno da non disattendere: continuare a curare la costruzione dell’edificio spirituale perché a nessuno venga preclusa la possibilità di accogliere in modo degno Cristo Gesù che ha intenzione di fermarsi a casa nostra.

A questo proposito Sant’Agostino ci ricorda: “La dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli…. Questi legni e queste pietre se non aderissero tra loro con un certo ordine, se non si connettessero armonicamente, se collegandosi a vicenda in un certo modo non si amassero, nessuno entrerebbe in questa casa”.

Allora è la forza dell’amore, della carità vicendevole che rende facile l’accesso a questo tempio, garantisce la solidità armonica della sua struttura e nella preziosità levigata e curata di ogni pietra viva, innalza con la vita e la testimonianza un unico, nuovo canto.

2 . Nel giorno in cui celebriamo e viviamo la santità preziosa e bella di questa nostra Chiesa Cattedrale, non possiamo dimenticare che quanto di arte tra queste mura abbonda, è espressione di una fede che veniva incisa e diventava storia da leggere e tramandare. Lo spazio del vissuto dell’uomo non poteva fare a meno dei segni che narrano l’amore del Signore Dio che culmina nel Figlio per noi incarnato e per noi oblato sulla Croce. E’ storia di questi giorni: è in atto il tentativo di mettere nell’angolo buio e tra i vaghi ricordi di leggende con qualche incerto appiglio storico, l’evento di salvezza certa che ha dato senso, valore, novità spessore esistenziale alla quotidiana battaglia dell’uomo che nel Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, ha avvertito la forza della sua dignità e la certezza di fare del proprio quotidiano impegno contro il male e le sue varie espressioni non una fatica di Sisifo ma una speranza certa di vittoria. Si vuole cancellare e codificare con leggi la cacciata dalla vita e dai luoghi in cui essa si esprime il Crocifisso, il segno dell’amore più vero e più eloquente e il bisogno di una presenza che sostiene, dà forza e motivazioni forti alla quotidiana battaglia contro il male e le tante potenze avverse.

3 . Con il dono dello Spirito che invochiamo per l’intercessione dei Santi Patroni delle nostre comunità, in particolare in questo anno Sacerdotale fidandoci del particolare patrocinio del Santo Curato d’Ars e dell’esempio mirabile della sua vita santa, oggi diamo inizio Sacramentale a questo anno di grazia del Signore consegnando a tutti voi le scelte pastorali che accompagneranno il nostro servizio e la nostra presenza di qualificata speranza.

L’anno Sacerdotale che Benedetto XVI ha voluto per ricordare i 150 anni dalla morte di San Giovanni Maria Vianney, vuole e deve essere per tutta la nostra comunità ma in particolare per noi Sacerdoti, occasione da non perdere e sfida da raccogliere per ripresentare la bellezza antica e sempre nuova del ministero Sacerdotale e del suo servizio insostituibile, con una riveduta santità di vita, tra il popolo santo.

Nella lettera per l’indizione dell’anno Sacerdotale, il Santo Padre affida noi Sacerdoti alla Vergine Santa perché susciti “nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo e alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars”, invitandoci a lasciarci conquistare da Cristo per essere “nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace”.

Cari fratelli presbiteri, non possiamo lasciar passare questa ulteriore opportunità senza interrogarci e definire in una rinnovata riappropriazione della santità del ministero che ci è stato donato, compiti e responsabilità che riponendoci con decisione in un itinerario di perfezione, fa della nostra vita un richiamo costante per i fratelli ai quali diamo le cose sante con una vita possibilmente santa. Dobbiamo finalmente uscire allo scoperto. Teologicamente siamo certi, a dispetto delle nostre miserie, dei nostri peccati, delle nostre ostinate recidive che la santità dei misteri santi passa e non s’inquina nel fango melmoso in cui potrebbe trovarsi il dispensatore dei misteri santi. Ma questa santità deve arrivare a cambiare, trasformare, trasfigurare la nostra vita e quella del popolo di Dio a noi affidato.

4. In questo impegno non possiamo non apprendere dalla vita del Santo Curato. Scrive il Card. Ballestrero: “ Era un prete, ha faticato mezza vita per diventarlo, con una tenacia, una fedeltà e una crocifiggente esperienza della sua pochezza, della sua insufficienza, della sua miseria e della sua poca dovizia di mezzi umani. Era un prete, era stato folgorato da Cristo, si era abbandonato a lui, aveva capito che lui lo voleva ministro a servizio e ci si era buttato dentro. Fatto prete, per il Curato d’Ars vivere era esercitare il ministero. La sua stessa povertà umana lo spingeva a questo: non aveva altro da fare che essere prete” . E il ministero è diventato il cammino sicuro, costante , deciso della sua santità. Era soltanto prete, sempre. Il ministero assorbiva tutta la sua giornata: notte e giorno. Il cibo, il sonno, il mangiare per lui erano optional, non esigenze. Di lui si è detto che il modo con cui viveva il suo ministero lasciandosi divorare dallo stesso, aveva un qualcosa non solo di straordinario per l’eroismo delle virtù esercitate, ma addirittura qualcosa di intemperante.

Dunque, miei cari fratelli presbiteri, l’itinerario della nostra santità è il ministero. Non abbiamo da andare ad attingere altrove. Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis, riferendosi al decreto del Vaticano II Presbyterorum Ordinis scrive: “il testo conciliare parla anche di una vocazione <specifica> alla santità, più precisamente di una vocazione che si fonda sul Sacramento dell’Ordine, quale Sacramento proprio e specifico del Sacerdote, in forza dunque di una nuova conSacrazione a Dio mediante l’ordinazione”. A volte per me vescovo diventa difficile comprendere il perché avendo insita nel nostro ministero la via per la santità e la perfezione, ci mettiamo alla ricerca di altre vie, altre proposte non perché non ci basti il ministero ma perché forse non lo viviamo come realtà totalizzante la nostra vita e la nostra esperienza. Non abbiamo ancora esperita la via della santità Sacerdotale. Non ci aiutiamo, non ci sosteniamo a vicenda, viviamo a volte il nostro ministero come officium e non come servitium. Io voglio cercare e perseguire con voi la via della santità forte del dono di grazia e del dono dello Spirito che il Sacramento mi ha donato, e che ogni giorno reviviscit. Perché cerchiamo altrove? E’ una domanda che mi pongo e vi pongo, cari presbiteri. Forse, ma potremmo togliere questo avverbio, in casa non troviamo modelli e spazi che ci contagino per la santità.

Mi piace citarvi una icastica espressione di un Sacerdote poeta, Clemente Rebora: “Il Sacerdote è come vela al vento che sostenuta dall’albero è potente; a sé è un cencio; con Gesù, un portento”. Facciamo nostre queste parole e lasciamo che il portento emerga e diventi uno dei segni che parlano al cuore e alla vita non solo dei nostri fratelli ma di molti che da lontano ci osservano, ci giudicano ma ci cercano per le tante risposte che non sanno e non possono trovare!

E’ il sogno, l’invocazione, la preghiera insistente e forse seccante che innalzo all’unico Sacerdote: che in questo anno la sete , il desiderio, la nostalgia della santità aumenti da un lato la nostra tristezza perché lontani dal portento, e dall’altra motivi il maggior impegno vostro e mio per ridurre nei nostri discorsi la parola santità e dare spazio all’impresa della santità.

5. L’anno della riconciliazione che ci vede insieme per riscoprire e vivere il primo grande dono del Risorto alla Sua Chiesa: “ A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a colro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv20,23) Ricorda a tutti, in particolare a noi ministri del perdono, l’impegno affidatoci per questo anno Sacerdotale: “Tutti noi Sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli ( il Santo Curato)metteva in bocca a Cristo: Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita. Da questo Santo noi Sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel Sacramento della penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del ‘dialogo di salvezza’ che in esso si deve svolgere.

Accanto al programma per l’anno pastorale, incentrato sulla Riconciliazione che vi verrà consegnato alla fine della celebrazione, con le sue tappe, le sue riflessioni, i vari approfondimenti e le iniziative che si salderanno in un unicum coll’anno del Battesimo che ha visto impegnata la nostra Chiesa nello scorso anno pastorale, tutta la nostra Chiesa ma saprattutto noi presbiteri vorremo accentuare ed evidenziare il ministero del perdono che il Signore ha affidato alla sua Chiesa. Con l’Apostolo Paolo vogliamo ricordarvi: “Vi supplichiamo in nome di Cristo:lLasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor5,20) . Un Sacramento, quello della riconciliazione che conosce, ne parlano tutti, una forte crisi, ma un Sacramento che, riscoperto da tanti, oggi diventa una forza inedita e insperata per risanare, ricomporre, ricondurre all’unità di vita e di progetti la frammentazione scomposta e talvolta irrecuperabile causata dal peccato e dalla perdita del senso di Dio. Nel nostro ministero tocchiamo con mano la forza risanatrice del ministero del perdono che è dono di Dio. Con questo Sacramento noi presbiteri entriamo nella lotta faticosa con cui l’uomo tenta di aggrapparsi alla misericordia del Signore.

6. Di quanta conversione abbiamo bisogno noi Sacerdoti per comprendere e vivere questo ministero fondamentale per la nostra vita. bisogno di conversione. Chi viene a noi per implorare la divina misericordia, deve trovare anche se imperfetto, qualche tratto dell’amore del Signore di cui siamo ministri. Dobbiamo aiutare i penitenti, come il Curato d’Ars ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” Aio molti afflitti dal pensiero della loro debolezza e incostanza e dal timore di future ricadute, il Santo, rivelava il segreto di Dio con una espressione di toccante bellezza: “ Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Com’è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire pur di perdonarci” .

Come confessori non possiamo rimanere freddi ed estranei. C’è una sofferenza interiore, c’è una condivisione di sofferenza che ci deve vedere partecipi nella lotta di tanti di fronte al peccato e al suo perdono.

Ma poiché soprattutto in questo Sacramento non possiamo ridurci a burocrati della distribuzione del perdono del Padre, ci viene chiesta una conversione che dovrà scaturire dalla consapevolezza del nostro peccato e dell’impegno nel chiedere alla Chiesa anche per noi la vita nuova.

7. Dalla conversione una disponibilità che renda meno faticosa e incerta la ricerca di Sacerdoti confessori. C’è crisi della confessione? Certo ! Perché in crisi il senso del peccato? Di sicuro. Ma forse non è da pensare che c’è anche una crisi di confessori? Facciamo fatica a volte noi Sacerdoti, cari fratelli e sorelle, a restarcene per qualche ora ad ascoltare la confessione dei vostri peccati. Come vi dicevo nell’omelia in occasione dell’anniversario della mia ordinazione presbiterale, i confessionali sono vuoti da tutte e due i lati; la diserzione dei fedeli è preceduta dalla diserzione di noi presbiteri.

In questo anno della riconciliazione ad iniziare dal prossimo Avvento, nella Chiesa Cattedrale dalle ore 8 fino alle 12 un Sacerdote confessore sarà a diposizione di quanti vorranno vivere l’esperienza del perdono, tutti giorni feriali della settimana. Anche la domenica, (evitando il tempo della celebrazione dell’Eucaristia ), non mancherà la presenza di un confessore. Nei turni per le confessioni il vescovo assicurerà la sua presenza in un giorno della settimana. Nelle prossime settimane, in pieno accordo con i Sacerdoti che non saranno avari nell’offrire questo piccolo servizio, prepareremo un calendario con gli orari e la disponibilità dei confessori. Il programma/orario sarà affisso in tutte le parrocchie. Anche per i giovani, d’accordo con i responsabili della pastorale giovanile, ci saranno giorni e luoghi deputati per questo servizio.

E concludo con alcune parole di San Giovanni Maria Vianney: “Non si può comprendere la bontà che Dio ha avuto verso di noi istituendo il grande Sacramento della Penitenza. Se avessimo avuto una grazia da chiedere al Signore, non avremmo mai pensato a chiederGli quella grazia; ma Egli ha previsto la nostra fragilità e incostanza nel bene, e il Suo amore l’ha portato a fare quello che no non avremmo mai osato domandarGli”.

Fratelli e sorelle l’intercessione del Santo Curato ci aiuti nel rendimento di grazie alla Santa Trinità per i due grandi doni che in lui rifulgono e sono la ricchezza e la quotidiana fatica di fedeltà, dei chiamati a questo servizio e dei tanti che in questo servizio agganciano la presenza del divino che diventa salvezza e vita, nonostante il nostro peccato.

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio