“Dio, senza madre; uomo senza padre”

“Dio, senza madre; uomo senza padre”

Data: 23/12/2010

Messaggio di Mons. Arcivescovo Domenico D’Ambrosio per il Natale 2010
1. “Dio assunse ciò che non era e rimase ciò che era; venne a noi, uomo, e non si allontanò dal padre; continuò ad essere ciò che era, ed apparve a noi ciò che siamo noi; l’onnipotenza entrò in un corpo infantile e non fu sottratta al governo dell’universo. Di lui che rimase presso il Padre, ha bisogno l’universo; di lui che volle venire a noi, ha bisogno il parto della Vergine…
Il Verbo, nato quaggiù dalla madre, consegnò ai secoli questo giorno, lui che, generato dal Padre creò tutti i secoli. Né quella eterna generazione poté avere madre, né quella temporale ebbe padre. Cristo dunque à nato dal Padre e dalla madre, ed è senza padre e senza madre. Dio, senza madre; uomo, senza padre. Chi dunque narrerà la sua generazione, tanto quella senza tempo, quanto questa senza concorso d’uomo…Questa che ha inizio allora? (Agostino, Serm. 184,1 sul Natale).
Ho voluto offrire a tutti voi questa stupenda pagina di Sant’Agostino, come prologo al saluto e all’ augurio per il mio secondo Natale, tra voi, con voi, per voi; ma soprattutto invito a fermarci tutti in contemplazione e adorazione del mistero che ci apprestiamo a celebrare nella storia di un fatto e nella contemporaneità dell’evento. Il Natale di Gesù è un singolare intreccio tra il non tempo, l’eternità, e il tempo, tra il divino e l’umano, tra il definitivo e il mutevole, tra il già e il non ancora, tra la vita e la morte. S. Gregorio Nazianzeno scrive: “Dio si è manifestato nascendo, il Verbo prende spessore, l’Invisibile si lascia vedere, l’Intangibile diviene palpabile, l’Intemporale entra nel tempo, il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo”.

2. Il brano di Sant’Agostino si chiude con un interrogativo: Chi narrerà la sua generazione….questa che ha inizio allora?
La memoria per noi cristiani si fa presenza. Il Natale di Betlem, è il nostro Natale, l’annuncio degli Angeli ai pastori di Betlem, è annuncio per noi, uomini che Dio ama. Ancora una volta, non possiamo che imitare i pastori: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc2,15). E come i pastori anche noi siamo chiamati a non tenere per noi, quasi in un una contemplazione personale e sterile, il mistero che abbiamo contemplato: “E dopo averlo visto, riferirono del bambino ciò che era stato detto loro” (Lc2,17).
Bisogna narrare, bisogna riferire, bisogna raccontare “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del verbo della vita” (1Gv1,1).
Se c’è una colpa e se c’è una ovvietà del Natale che ha smarrito l’originalità e verità del suo messaggio, se il mistero del Dio fatto uomo, non fa storia, non fa notizia, se la dimensione pagana, festaiola, godereccia, consumistica e commerciale del Natale ha coperto e nascosto il mistero, noi credenti non possiamo puntare il dito e accusare….Ci siamo dentro anche noi. Abbiamo smarrito il senso dello stupore e della non ovvietà del mistero che celebriamo. Non sappiamo trasmettere la novità che parte da Betlem. Non siamo come i pastori che creavano sconcerto e stupore in coloro che li ascoltavano: “tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori “ (Lc2,18).
In fondo che cosa contempliamo, che cosa può suscitare stupore e meraviglia nell’evento del Natale? Non possiamo dimenticare che il segno che racchiude il mistero del Natale è l’Emmanuele, il Dio con noi che ha scelto di essere il Dio come noi, che ha preso su di sé tutta la nostra fragilità, la nostra debolezza, si è rifatto il suo volto e lo ha rivestito delle sembianze umane rivestendole di gioia , rendendo sempre più bella la semplicità dell’uomo. Il Natale nella povertà e semplicità narra la bellezza di Dio. Benedetto XVI osserva e annota: “ Il segno di Dio è che egli si fa piccolo per noi. E’ questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come un bambino, inerme e bisognoso del nostro aiuto. Non vuole sopraffarci con la forza. Ci toglie la paura della sua grandezza. Egli chiede il nostro amore: perciò si fa bambino…..Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderlo, accoglierlo, amarlo”.
Tutto questo fa parte di quella narrazione che la nostra vita e le nostre opere devono dire di Cristo, Verbo Incarnato, venuto ad abitare tra noi, perché ha posto la sua tenda fra noi, in tutto simile a noi fino ad immergersi nelle tenebre del peccato, quasi sporcandosi le mani con la carne dell’uomo. Nel Te Deum cantiamo: Non horruisti Virginis uterum, non hai avuto paure del seno di una Vergine. Scrive K.Barth: “La Parola divina abbandona la sua eternità per mettersi sullo stesso piano delle sue creature, dei suoi testimoni, dei suoi chiamati, dei suoi eletti”.

Carissimi tutti, questo è veramente inaudito, continua a sorprendere e a stupire noi destinatari primi dell’annunzio degli Angeli. “Non temete, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc2,10-11).
Per tutti voi, la grande famiglia che il Signore mi ha consegnato, il mio augurio: che sappiamo essere gli annunziatori e i testimoni della novità di Dio che si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza riscattando, nella narrazione della speranza e della condivisione della gioia, il vero volto del Natale.
Il Signore ci benedica, la Vergine sorpresa e stupita che medita tutte queste cose nel suo cuore, ci accolga e ci presenti il e al Figlio

Lecce 12 dicembre 2010,

III Domenica di Avvento

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio