“Vieni e Vedi“
Omelia XIX Anniversario Ordinazione Episcopale
 


 

1. “ Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene , perché possiate compiere la sua volontà,  operando in voi ciò che a lui è gradito  per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen. ( Eb13, 20-21 )

 

Con le parole che concludono la Lettera agli Ebrei vi saluto e vi accolgo, carissimi tutti, in questa celebrazione che, come sempre,  è benedizione, lode e  rendimento di grazie al Signore perché ci ama, perché non si stanca di essere il nostro benefattore, colui che abbatte ogni muro di divisione e riesce a ricomporre e a ricondurre all’unità divisioni, frammentazioni, egoismi che allontanano, durezza che isolano.

 

Ma il nostro rendimento di grazie oggi si arricchisce per alcune particolari motivazioni che giustificano la presenza di tanti, anzi la presenza rappresentativa dell’intera nostra Chiesa, qui a Peschici.

 

Colui che, come abbiamo pregato nella colletta che ci ha introdotti all’ascolto della Parola, il Padre nella successione apostolica,  ha posto a presiedere la Chiesa che è in Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, ricorda nella preghiera che rende grazie, implora misericordia, domanda rinnovata pienezza del dono dello Spirito, il giorno in cui 6 gennaio 1990, nella Basilica di San Pietro, il servo di Dio Giovanni Paolo II, attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione, lo costituiva e lo mandava ai fratelli secondo le sue parole come

 

ministro della divina epifania

 

Da circa sei anni l’obbedienza mi ha mandato a vivere questo particolare ministero per voi e con voi dopo aver servito e amato la Chiesa che è in Termoli – Larino per nove anni e la Chiesa che è in Foggia-Bovino per tre anni e mezzo.

 

E’ ben giusto che con voi che siete la mia grande e Sacramentale famiglia, oggi innalzi al Padre la mia preghiera rinnovando a tutti voi la mia dedicazione, il mio amore e l’impegno a ‘esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo Sacerdozio’ e a pregare senza mai stancarmi per voi popolo santo.

 

2. C’ è un secondo particolare motivo per cui dobbiamo un altro particolare  grazie al Signore.

 

Due nostri giovani studenti di teologia, nell’itinerario di formazione che li condurrà al dono grande della partecipazione all’unico Sacerdozio di Cristo, riceveranno dalla Chiesa per le mie mani un dono che arricchisce il loro avvicinarsi alla pienezza del dono che sarà la loro ordinazione Sacerdotale.

 

Oggi vengono istituiti accoliti. Come dirò fra poco nella preghiera di benedizione, essi, assidui nel servizio dell’altare, potranno distribuire ai fedeli l’Eucaristia. Saranno soprattutto gli infermi, è questo l’impegno particolare che eserciteranno e che affido ad

 

Antonio De Padova della Parrocchia Sacra Famiglia in Manfredonia

 

e ad

 

Emanuele Spagnolo della Parrocchia Santa Maria del Carmine in Manfredonia .

 

Alla loro gioia, a quella delle loro famiglie e delle loro comunità, dei loro amici, si unisce la nostra , grati al Signore per il dono della chiamata con la quale guarda, sceglie e invita alla sequela tanti giovani delle nostre comunità che sentono per loro le parole che, come abbiamo ascoltato dal vangelo, Filippo rivolge all’amico Natanaele: Vieni e vedi.

 

L’incontro con Cristo è sempre per un rapporto di intimità e di amicizia con lui che vuole metterci a parte dei suoi segreti non per un uso egoistico e privato ma perché crescendo nella conoscenza di lui possiamo, ciascuno nelle sensibilità e particolarità della personale vocazione, siamo pronti per andare e portare quello che abbiamo visto, quello che abbiamo udito, quello che abbiamo toccato con le nostre mani.

 

Carissimi Antonio ed Emanuele, cari nostri seminaristi teologi, la complicità entusiasta di Filippo porta anche lo smaliziato Natanaele, “ un israelita in cui non c’è falsità”, (Gv1,47) così lo definisce Gesù,  a raccogliere le grandi novità che l’incontro con lui genera in chi lo sa accogliere: “vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo” (Gv1,51).

 

Raccontare e narrare il bello di questo incontro che ha catturato la vostra vita, è un compito da cui non potete sottrarvi.  In tanti, soprattutto i vostri coetanei, lo avete sperimentato nella recente esperienza della  ‘missione giovani’, sono, con  curiosa serietà, interessati ad ascoltare un tale racconto. Non vi tormentate con l’idea che sono altri gli interessi a cui prestano attenzione. Avete visto  con quanta gioiosa serietà siamo stati insieme per due giorni nel recente pellegrinaggio paolino a Roma. Raccontate non con la freddezza di chi recita la parte di un altro ma con la convinzione di chi vive l’incontro che narra.

 

3. Il 18 dicembre 1989 a Roma nella casa di un caro amico di molti tra noi, ora uno centoquarantaquattromila segnati col sigillo, “in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello“ (Ap7,9), pressato dai Sacerdoti della diocesi di Termoli –Larino – ero stato nominato da pochi giorni loro vescovo – che mi chiedevano lo stemma e il motto che avevo scelto, ci fermammo sulla cosiddetta Lettera agli Ebrei che “non è una lettera : è un’omelia,  una magnifica omelia sul Sacerdozio di Cristo” [1][1], al cap. 2 e ci fermammo al v.17 laddove l’autore parla di Gesù, “sommo Sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio” . La nuova traduzione ha reso l’aggettivo  fedele con degno di fede. Due aggettivi che evidenziano “due qualità Sacerdotali, due qualità indispensabili per esercitare la mediazione Sacerdotale. Indispensabili anche per esercitare il ministero pastorale …. ‘Degno di fede’riguarda la capacità di mettere il popolo in relazione con Dio, lo dice esplicitamente l’autore  ( della lettera) : ‘degno di fede per i rapporti con Dio’. ‘Misericordioso’ esprime la capacità di comprensione, di aiuto fraterno per gli uomini. Caratteristiche che devono necessariamente essere presenti insieme per fare un Sacerdote ”.[2][2]

 

Noi Sacerdoti possiamo incorrere in due rischi, frutto di una scissione di queste due caratteristiche essenziali al nostro ministero. Non potremo essere accreditati presso Dio per esercitare la nostra funzione Sacerdotale che è di mediazione se la com-passione per i fratelli non è accompagnata dalla fedeltà a Dio. Ci ritroveremmo con una compassione sterile, infeconda, una bella filantropia. Sono indispensabili e fondamentali per il nostro Sacerdozio, il Sacerdozio della nuova alleanza, la misericordia e la fedeltà.

 

·     Cristo, sommo Sacerdote ‘misericordioso’:

 

“Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazie per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno” (Eb4,16). Cristo è il Sacerdote sommo, misericordioso, è pieno di compassione per noi peccatori, sa comprenderci e compatirci. E’ da lui che dobbiamo apprendere, soprattutto noi presbiteri  lo stile del nostro Sacerdozio ministeriale. Non possiamo pensare a un sentimento di compassione superficiale. La misericordia e la com-passione passano necessariamente attraverso l’esperienza personale della sofferenza. “Cristo sa compatire perché è stato provato in tutto come noi … La misericordia di Dio si era già manifestata nell’AT in molti modi anche commoventi, però le mancava una dimensione: quella di essere espressa da un cuore umano … Cristo ha dato alla misericordia di Dio questa nuova dimensione tanto commovente e tanto confortante per noi”.[3][3]

 

Dobbiamo saper accogliere l’infinita misericordia di Cristo Signore. Noi Sacerdoti siamo chiamati a far entrare in questa misericordia tutte le persone a noi affidate. Di questa misericordia siamo beneficiari. Di questa misericordia siamo chiamati ad essere i dispensatori che accolgono e non giudicano, che compatiscono e non condannano.

 

·     Cristo sommo Sacerdote degno di fede nelle cose che riguardano Dio

 

E’ la seconda caratteristica fondamentale del Sacerdozio di Cristo: essere degno di fede, autorevole, affidabile per i rapporti con Dio. “Noi che partecipiamo del Sacerdozio di Cristo, dobbiamo anzitutto essere degni di fede per i rapporti con Dio. La condizione è la fede in Cristo. Chi è pieno di fede in Cristo partecipa dell’autorevolezza di Cristo stesso”.


 

 

 

[4][1] Card. Albert Vanhoye, Accogliamo Cristo nostro sommo Sacerdote,Città del Vaticano 2008,p.5

 

[5][2] Ivi,p.42

 

[6][3] Ivi,p.57

 


09/01/2009 Peschici 5 gennaio 2009 – Parrocchia S. Elia profeta

Pubblicazione TESTI E DISCORSI DI MONS. DOMENICO D’AMBROSIO