Pascete il gregge di Dio che vi e’ affidato

Pascete il gregge di Dio che vi e’ affidato
Omelia per la Solennità di San Lorenzo Maiorano 2009


 

1. Nella festosa ricorrenza della solennità del nostro Santo Patrono, il vescovo Lorenzo Maiorano, ci ritroviamo per antica tradizione e/o per un bisogno del cuore, in questa Chiesa Cattedrale. Un giorno questo che lega l’impegno della comunità civile a quello della testimonianza e del servizio religioso: San Lorenzo Maiorano ha esercitato con coraggio, fermezza e carità il suo compito di pastore e guida del popolo a lui affidato, ma anche quello di defensor civitatis nei confronti del re barbaro che quale mercenario, tentava di entrare nel recinto delle pecore non dalla porta ma con la violenza subdola e arrogante del ladro e del brigante, secondo l’immagine che il vangelo  ci ha ricordato, violenza tesa a privare della sua libertà il popolo sipontino che invocava e confidava nel sostengo dell’aiuto certo del suo Santo Pastore.

Anche noi oggi uomini della società civile impegnati a servirla, e uomini di Chiesa deputati a donare forza di speranza e testimonianza di amore sereno, ci ritroviamo nel gesto dell’ascolto attento e rispettoso in taluni, nella fedeltà e nell’obbedienza a quanto ci viene proclamato, in molti.

Ci accomuna una sicura convinzione per un amore fortemente impegnato e donato a questa comunità che guidiamo e accompagniamo con la  nostra simpatia e il nostro quotidiano sforzo di animazione, di presenza, di servizio.

 

2. Non ci sfuggono perciò le ansie, le incertezze, le paure che preoccupano e fanno aumentare il livello di insicurezza all’interno delle nostre comunità. Sembra che il tratto in discesa che da alcuni anni siamo costretti a percorrere, ultimamente si stia configurando come una rovinosa discesa, senza alcun possibilità di freno o di arresto.

Penso alla difficile situazione economica che, al di là di visioni ottimistiche che talvolta possono sconfinare in soluzioni demagogiche, in questi mesi fa sentire il peso in molte nostre famiglie. Spie di questa reale fatica e difficoltà  sono la crisi occupazionale a tutti i livelli, segnatamente in     quello giovanile, la cassa integrazione, la chiusura di alcune realtà del nostro comparto industriale, l’aumento vertiginoso del costo della vita con la conseguente a volte rarefazione e indisponibilità di mezzi economici per far fronte anche alle normali esigenze della vita familiare ( fitto, bollette, vestiario…).

Problemi che ci interpellano e che fanno aumentare il numero dei molti che bussano alle nostre porte. Stendono con dignità sofferta la loro mano.

Tutto questo non può lasciare indifferenti voi, popolo santo, voi servitori dello Stato e della comunità, noi uomini di Chiesa.

Siamo oltremodo convinti che a noi non spetta né abbiamo i mezzi per la soluzione di problemi oggi così drammatici. Ma questo non può tollerare da parte nostra una sorta di spiritualismo disincarnato, né possiamo con Saccente,  scostante e offensivo atteggiamento pilatesco lavarcene le mani o dire  ‘videant consules’.

 

3. Accanto alla proposta di un fondo di garanzia che la CEI ha fatto nel Consiglio permanente di fine gennaio, vogliamo aggiungerne una  a livello diocesano da me pensata e dunque ancora alla studio, che vedrà anche la nostra Chiesa all’opera per la costituzione e/o il finanziamento di qualche iniziativa di sostegno a reali e documentate povertà che domandano un qualche intervento di supporto, possibilmente in  collaborazione con le istituzioni locali.

Si colloca in questa ottica di solidarietà e di aiuto alle emergenze di povertà che travagliano il nostro territorio la costruenda ‘Casa della Carità’ che oggi inizia il suo cammino con la benedizione e posa della prima pietra. Una sensibile intuizione del mio predecessore, il compianto arcivescovo Mons. Vincenzo d’Addario, ora cittadino della Gerusalemme celeste: per lui il ricordo, la gratitudine e la  preghiera.

Ho portato avanti questa intuizione con convinzione e ostinazione, supportato e sostenuto dai miei collaboratori, superando, con la convinta e costante adesione della civica amministrazione di Manfredonia, le tante, numerose difficoltà che, nell’itinerario di definizione e di approvazione del progetto, insorgevano come funghi.

Questa ‘casa’ dovrà essere il segno concreto e stabile della carità e dell’attenzione della nostra Chiesa ai poveri, quelli ‘ ultimi’, quelli che sono condannati ad occupare e a rimanere in pianta stabile nelle retrovie.

Vorrà essere la casa che accoglie e offre un amore di gratuità, di generosità, di amicizia, di dono a coloro che le fragilità di una vita e le precarietà di un progetto per la propria storia, hanno relegato a forme di solitudine, di emarginazione,  di incertezza e di esistenze incomprese, non accolte, non ammesse nei regolari standard con cui  programmiamo il nostro itinerario di vita.

 

4. In questa scelta di amore e di attenzione ci guida e ci sorregge e ci è di esempio e di stimolo il Pastore buono, Cristo Gesù che dona la propria vita per le pecore. A sua imitazione in tanti, nel corso dei secoli ma anche oggi,  chiamati nella Chiesa a vivere il servizio ai fratelli nella logica del dono unico e dell’amore, rimarcano l’attualità di una vita che si modella sulla logica di Cristo. Oggi la nostra Chiesa, nella ininterrotta tradizione di quindici secoli celebra, venera e onora nel suo Patrono San Lorenzo Maiorano una viva immagine di Cristo.

Quanti tra noi vivono questo officium gregis sappiamo che non siamo pastori per nostro conto né pensiamo di dover rimpiazzare un Pastore dimissionario, magari latitante o pieno di difetti. Dentro la Chiesa siamo ‘Sacramenti’ del Buon Pastore, lo rendiamo presente come Pastore e nello stesso tempo siamo servitori di quell’azione incessante con la quale egli opera il bene e per il bene di tutti.

Il compito delle guide del gregge è quello di rendere visibilmente manifesti e operanti l’amore gratuito  del Buon Pastore, il suo dono di vita per il gregge. Nel servizio ai fratelli ci deve accompagnare una grande responsabilità ma anche una grande consapevolezza: non siamo Gesù Cristo o una sua sbiadita e maldestra controfigura. Non siamo i suoi sostituti. Siamo i suoi ‘Sacramenti’, coloro che agiscono in persona Christi. In quanti tra noi sono chiamati a rendere operante e viva l’azione del Buon Pastore, tutto deve rimandare a lui: parole, opere, testimonianza di vita.

 

5. Nella seconda lettura di questa liturgia, l’Apostolo Pietro ha tratteggiato i lineamenti di un pastore. Giova riascoltare le sue parole: “pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo  non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modello del gregge.” ( 1Pt5,2-3).

Essere pastore è prima di tutto considerarsi come modelli del gregge. Il pastore fa parte delle Chiesa. Il suo particolare ufficio all’interno del gregge non lo pone sopra o fuori, non lo dispensa dalla vita che fa l’unità del gregge. Anzi questa lo inserisce in una tale vita, con l’impegno ad essere più fedele, più sottomesso più somigliante al Pastore dei pastori.

L’essere guida del gregge ci chiama al servizio delle persone a cui siamo mandati. Il  Cristo Pastore è anche il Cristo servitore che dà la sua vita perché siamo uno. Le sue parole ce lo ricordano: io offro la mia vita perché siano una cosa sola. Noi Sacerdoti siamo chiamati per presiedere ma la nostra presidenza non è lo scranno più alto da cui possiamo vedere ed essere visti ed esercitare una qualche forma di potere. Siamo al posto di Cristo, servitore dell’unità nella carità. Il nostro presiedere è il nostro servire che non si identifica con debolezza, impotenza, pusillanimità o asservimento. Siamo  chiamati a fuggire da ogni forma di autoritarismo arbitrario ma anche dalla perdita del senso dell’autorità spirituale di cui siamo investiti.

Siamo pastori per la potenza del dono dello Spirito Santo. E lui che ci ha conferito autorità per agire nel nome di Cristo, per proclamare la <parola< st1:personname=””>di Dio, per celebrare i Sacramenti, presiedere l’Eucaristia, per fare l’unità del popolo di Dio a noi affidato.</parola<>

Ci viene chiesto ogni giorno di spogliare questa nostra ‘autorità spirituale’ da ogni arroganza, arbitrarietà, interesse e calcolo umano, volontà di potere, desiderio di usarla per il nostro tornaconto. Deve in realtà mostrarsi nel gesto della gratuità, del disinteresse, della donazione totale, dell’ascolto intelligente e paziente, della solidarietà più attenta, della condivisione di ogni povertà, di ogni attesa, del carico di ogni sofferenza e di ogni invocazione di aiuto.

E’ tutta questa somma di attenzioni e di riscoperta del proprium del nostro servizio che ci aiuterà ad essere per voi e tra voi, sull’esempio di San Lorenzo Maiorano, immagine di Cristo Buon Pastore.

 

6. Fratelli e sorelle, vi ho presentato l’immagine dei pastori che si sforzano di modellare la loro vita su quella di Cristo Gesù, “pastore e custode delle nostre anime” (1Pt2,25). Questo vogliamo e desideriamo essere per voi, perché nella nostra vita esemplare e di imitazione del Cristo, possiate avvertire la sua presenza, il suo amore, il suo essere, ogni giorno, tramite i suoi pastori, con noi, per guidarci ai pascoli della vita eterna.

Per voi, nella festa del Santo Patrono ci impegniamo ad essere testimoni credibili dell’unico amore che raduna e servi della Parola che salva.

La vostra preghiera accompagni il nostro servizio e lo renda, ad imitazione del pastore San Lorenzo Maiorano, donato e offerto, libero e povero, gratuito e trasparente, generoso e gioioso.

 


11/02/2009 S.E.R. Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio