Il Signore ha visitato il suo popolo

Introduzione

“ Figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amati, vi saluto nella pace. Grandi e ricchi sono i disegni di Dio su di voi. Al di sopra di ogni cosa mi rallegro immensamente per voi. Avete ricevuto la grazia del dono spirituale che si è radicato profondamente in voi. Sono contento per tutto questo nella speranza di essere salvato perché vedo che lo spirito della sorgente abbondante si è riversato su di voi” ( lettera di Barnaba 1,1.2.3 ).
E’ il saluto che rivolgo a tutti voi prendendolo in prestito da uno scritto dei Padri apostolici, la Lettera di Barnaba. Sono parole che autenticate e inverate dalla diretta esperienza che ho acquisito nel passaggio forse breve nel tempo ma intenso nella condivisione degli incontri, dei dialoghi, della preghiera, dell’ascolto reciproco, della più sicura conoscenza durante la visita pastorale.
La Vergine Santa mi h condotto ma anch’io l’ho accompagnata in 28 comunità parrocchiali (la verità storica mi impone una piccola correzione che riguarda le Isole Tremiti…)
Dal prossimo 25 settembre riprenderemo (la Madonna e il sottoscritto) il nostro pellegrinaggio che ci condurrà per l’ultima parte della visita pastorale a San Giovanni Rotondo, Zapponeta, Frazione Montagna, Manfredonia. Concluderemo questo ‘anno di grazia del Signore’ nella Solennità dell’Immacolata Concezione l’8 dicembre alla presenza del Card. Angelo Sodano.

Oggi voglio mettervi a parte di questo singolare momento, spesso l’ho chiamato kairos ,  che è l’anno mariano/missionario con la Visita pastorale, invitandovi a ricordare con me quelle che sono le motivazioni alla base dell’intenso lavoro che stiamo portando avanti insieme; motivazioni che vi ho ricordato e presentato già in diverse occasioni.
Non sarà del tutto peregrina l’idea di offrirvi in altra occasione e con altri mezzi questo quadro d’insieme che parte dall’Assemblea diocesana dello scorso anno, anch’essa il 6 settembre. Mi convinco che dovremo rendere canonica questa data per il nostro annuale ritrovarci all’inizio dell’anno pastorale.

Sono cinque le riflessioni/indicazioni offerte a voi per l’anno mariano/missionario e per la visita pastorale:

1. Con Maria annunciatori e profeti di speranza
(Assemblea diocesana, San Giovanni Rotondo 6 settembre 2005 )
2. Con Maria cum festinatione per annunciare il Risorto sulle strade del Gargano (Omelia per l’inizio dell’anno mariano/missionario, Siponto 29 novembre 2005 )
3. Andate… predicate (Ritiro per il mandato ai missionari, Manfredonia 5 gennaio 2006)
4. Ministri della divina Epifania (Manfredonia, Cattedrale 6 gennaio 2006 )
5. Per annunziare Cristo Signore in questa nostra Santa Chiesa (Assemblea presbiterale, Foresta Umbra 10 luglio 2006 )
6. Dalle nostre strade al Regno (Assemblea Diocesana , San Giovanni Rotondo 6 settembre 2006 ).

Vi offrirò, nei limiti imposti dal tempo e dalle mie personali valutazioni,
• quello che ho visto,
• quello che ho ascoltato,
• quello che ho sperimentato e toccato
perché cresca in voi e in me la comunione e l’amore a questa nostra Chiesa.

1. ANNO MISSIONARIO

Nell’assemblea diocesana del 6 settembre dello scorso anno dicevo che l’anno mariano missionario “dovrà essere un forte annunzio di speranza per le nostre comunità spesso stanche e sonnacchiose, impegnate a dar fondo ai pochi e sterili residui di una fede che ci è stata tramandata ma incapaci nel cogliere le attese e le sfide dell’ora presente che domandano a noi cristiani, come ci ricorda l’Apostolo Pietro, di essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt3,15).
Devo confessare e dirvi tutta la mia gioiosa gratitudine per la risposta dei presbiteri, religiosi, in particolare delle religiose e di voi laici, risposta che vi ha visti e vi vedrà impegnati per portare la parola che rigenera , perchè apportatrice di speranza certa. Ho potuto constatare spesso de visu la gioia degli inviati e la serena e accogliente disponibilità dei destinatari dell’annunzio.
A una sorta di iniziale diffidenza intrisa di interrogativi, dubbi e non piene convinzioni sulla bontà di questo percorso, diffidenza presente in alcuni di voi – ognuno ne faccia memoria – che non mi ha sorpreso né ha scalfito la mia ferma convinzione sulla bontà del percorso. Nella omelia del giorno della solennità dell’Epifania affermavo: “nel nostro andare ci sovrastano molte paure e notevoli diffidenze. Stranamente questa strada, a noi ben familiare e conosciuta, si rivela faticosa e non adatta ai nostri soliti percorsi. Esce dai nostri piccoli progetti e dai soliti percorsi pastorali. La stella che brilla ci invita a uscire dalle nostre case e dalle nostre comunità e ci guida altrove per portare la luce del Risorto nella pienezza del suo splendore a chi cammina nelle tenebre del dubbio, nella nebbia della superficialità, nell’apatia dell’indifferenza, nel rifiuto del Dio che salva”.
Mentre sto riflettendo e scrivendo queste note osservo all’angolo di Via Arcivescovado e Corso Roma due fratelli testimoni di Geova che con le loro buone maniere si fanno incontro ai passanti, parlano, offrono delle stampe, prendono nota dell’incontro e, credo, annotano l’indirizzo dell’interlocutore. Vedo che altri due arrivano da Piazza del Popolo e da Piazza Duomo: non se ne perdono uno. Hanno da annunziare. E noi? L’invio a due a due,
A quando l’uscita dalle nostre case, dalle nostre Chiese, a quando una pastorale che ci fa camminare sulle strade, nelle piazze, incontro ai tanti ‘oziosi ‘? L’attesa è grande, gli sfaccendati li troviamo a tutte le ore, basta andare a cercarli. Il categorico ‘ andate in tutto il mondo….. come lo viviamo? Ci lascia incerti, esitanti, tormenta le nostre coscienze, sta guadagnando qualche posizione in più nei nostri piani e progetti? D’altronde l’esperienza e il vissuto del nostro ministero ci confermano che oggi più che mai il tempo che viviamo è tempo propizio per annunziare la novità dell’evangelo come proposta

di libertà interiore di fronte alle tante forme di dipendenza per la vita dal punto di vista esistenziale;

di fraternità, di comunione, per ostacolare e vincere la grande crisi delle relazioni e delle varie forme di appartenenza che generano solitudine e abbandono;

di accoglienza e di ospitalità di fronte al naufragio di pratiche egoistiche che rendono difficile i gesti di donazione e di servizio. Per fortuna vedo che non mancano tra noi esperienze significative che coprono con larghezza di generosa carità forme di egoismo imperante. E’ chiaro che non devo fare propaganda ma non posso non sottolineare a mo’ d’esempio il grande impegno e l’offerta di autentici servizi di ospitalità fraterna messi in atto dalla piccola comunità parrocchiale di Borgo Mezzanone verso i nostri fratelli immigrati. Forse sarà poco cosa ma è una bella cosa che deve muovere ala moltiplicazione dei segni che vanno nell’ottica del cap. 25 del vangelo di Matteo;

di ricerca della vera bellezza coniugabile con l’ idea del vero e del bene per far fronte alle brutture che la cronaca ci mette davanti. Penso all’ultima tremenda tragedia familiare di Cagnano Varano che ha scosso e disorientato l’intera comunità;

di domanda di autenticità di fronte alla doppiezza e alla ipocrisia che vede anche tanti che si qualificano cristiani asserviti a una mentalità che sa misconoscere il vero e il giusto pur di ottenere favori, maggiore visibilità nella scala sociale, sicurezze economiche ;

di speranza a fronte delle delusioni e al disincanto di idoli e ideologie che hanno ammaliato e catturato tanti.

A fronte di queste attese espresse o da intuire anche della nostra gente, come ci poniamo? Siamo in grado di offrire risposte vere, convincenti? La nostra testimonianza parte da una vita e un servizio o si avviluppa in tentativi di nuove verniciature che non smaltiscono il superato e il non attuale che rimane con il suo peso e con le sue caratteristiche non coperte dallo strato che maldestramente gli abbiamo posto sopra?
Con questa massa di problemi seri e reali che tormentano la vita di tanti, quale il grado e la qualità delle nostre risposte? In fondo, e mi rivolgo in particolare ai presbiteri, ringraziamo il Signore per questo: la gente viene a cercarci, perché grande è la fiducia che continuano a riporre in noi. Siamo consiglieri e padri. E’ evidente la responsabilità e l’impegno che ne deve derivare: va maturata e fatta crescere una capacità di ascolto, di relazioni serene, di tempo da donare, capaci di saperci fermare per accogliere chi viene a cercarci. A volte la fretta o l’affanno e la preoccupazione per le molte cose non ci rendono pronti e generosi all’ascolto. Riferimenti e guide oggi scarseggiano all’interno dei gruppi sociali. Noi per il ministero, per il Sacramento, per lo stare con, siamo di già accreditati come pastori, dunque guide. Ci sentiamo cristiani e discepoli insieme a voi, fratelli e sorelle, ma abbiamo il compito di guidarvi, convinti come siamo che chi ci guida è lo Spirito Santo al quale ci abbandoniamo mediante un ascolto e un’obbedienza fedeli, così da essere all’altezza di condurre il gregge di Dio in mezzo al quale lo Spirito ci ha posti a presiedere ( cf E.Bianchi, Ai presbiteri, p.15 ).
E’ vero che talvolta, ci sentiamo e ci trovate impreparati : diamo risposte vecchie a domande nuove. Non sempre siamo capaci di decodificare le nuove domande e di leggere dietro le ferite umane lo stimolo per una nuova evangelizzazione in termini di missione. Non possiamo nasconderci che c’è una significativa distanza di linguaggio, di categorie di mentalità tra come comunichiamo la fede e le nuove domande di senso.
A nome mio personale e a nome dei fratelli presbiteri vi chiediamo scusa se non sempre siamo “ pronti a rispondere a chiunque ( vi ) ci domanda ragione della speranza che è in ( voi ) noi. “ ( 1 Pt 3, 15). Sentiamo rivolta a noi la parola di Paolo al suo fedele Timoteo: “ Dedicati alla lettura….non trascurare il dono spirituale che è in te….abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso ( 1Tm 4,13-15). Innanzitutto a me e poi a voi, fratelli presbiteri, ricordo alcune affermazioni di un maestro di vita spirituale come E. Bianchi: “Occorre ribadire che un presbitero privo di una vita intellettuale, cioè in primo luogo incapace di assiduità alla lettura, avanza a grandi passi verso la decadenza spirituale; a risentirne saranno innanzitutto la sua adorazione e la sua contemplazione, progressivamente più aride e più povere ma poi anche la sua predicazione e, infine, la sua autorevolezza all’interno della comunità cristiana” (E. Bianchi, op,cit.p.67).

Scusate la franchezza che talvolta in questo mio dire sto usando. In fondo sono cose che constato e sperimento soprattutto in me..
Corriamo il rischio di legare i ritmi della vita pastorale non solo ai nostri personali progetti ma anche ai nostri umori.
Dobbiamo stare molto attenti, tutti, alla eccessiva personalizzazione del nostro ministero pastorale.
Più che mai Siamo chiamati ad attivare le antenne della creatività che muovano alla fantasia della carità, dell’accoglienza e dell’ascolto intelligente e paziente.
Ad essere sincero non posso nascondere che accanto a comunità vive, impegnate, operose sul fronte dell’annuncio, della celebrazione e del servizio della carità, ho constatato stanchezze, demotivazioni, forse anche forme di rassegnazione e delusione.
Nell’incontro con voi laici mi avete manifestato le vostre attese e ciò che ritenete urgente per le vostre comunità. Mi avete parlato, scusate la franchezza che tra noi non deve mancare, mi avete parlato di rapporti faticosi e logori che domandano riflessioni e decisioni urgenti per necessari e non più dilazionabili aggiustamenti che rimotivino l’entusiasmo del servizio al Regno di tutti noi e spingano le comunità su sentieri di speranza abbandonando piagnistei e lamentele che ci appartengono come retaggio culturale ma che di sicuro hanno anche un qualche fondamento.

2. LA VISITA PASTORALE

Sento il bisogno di manifestare a tutti la mia gratitudine per la conversione in itinere e per il pieno e sicuro coinvolgimento con il quale avete reso possibile la ricchezza delle giornate della missione e anche della visita pastorale per accogliere i tanti e sicuri doni, l’ho sperimentato su di me e attorno a me, della grazia del Signore che per mezzo di Maria pellegrina si è fatto presente in modo singolare in ogni comunità.
Ho ammirato le vostre fatiche, il vostro impegno nella preparazione, la vostra disponibilità, il vostro desiderio di arrivare e farmi arrivare a tutti. Non vi siete risparmiati e non mi avete risparmiato, anzi…..
Spesso, dopo una lunga e affollata giornata, quando alla sera tardi mi rimettevo in macchina per raggiungere il dovuto e giusto momento del riposo, mi, dicevo: Grazie, Signore, per le persone che ho incontrato e le cose belle che mi hai donato, ma adesso ancor più ti dico grazie perché finalmente posso pensare che è arrivato il turno del silenzio e del riposo!.
In ogni comunità ho vissuto la gioia coinvolgente dell’accoglienza, la fame della Parola e il desiderio di tanti di poter incontrare il pastore, l’inviato del Signore. Mai ho vissuto una esperienza così ricca di segni, di bisogno di Dio, dell’inviato del Signore.
La prima visita pastorale da me compiuta nella diocesi di Termoli-Larino negli anni 1992-93 mi vedeva ancora in qualche modo in rodaggio o nel servizio di leva. Fu anch’essa comunque una meravigliosa avventura che mi aiutò non solo a conoscere la diocesi e le sue peculiarità, ma accostandoli alla gente conobbi il modo di essere e di pensare delle popolazioni del Basso Molise.
A Foggia ho celebrato soltanto l’apertura solenne di questo atto importante del servizio episcopale, ma la nomina a vostro Amministratore Apostolico la rese in qualche modo simile a un aborto, non ha mai visto la luce.
Qui la maturità degli anni, la conoscenza del territorio e delle persone, la novità della sua impostazione, si stanno rivelando come occasioni opportune perché la missione/visita non si riduca all’adempimento dell’obbligo fatto al vescovo dal can.378 del CJC ma lo aiuti, dopo aver

• valutato l’efficienza delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale,
• rendendosi conto delle circostanze e difficoltà del lavoro di evangelizzazione,
• a poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica
( Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, 221 ).

E’ dalla missione/visita pastorale che deve essere offerta e ripresentata a tutti l’immagine della nostra Chiesa
• con le sue ricchezze e le sue povertà,
• con i suoi entusiasmi e i molteplici freni che ne attardano il cammino,
• con le sue paure e con gli aneliti di speranza che sorreggono e danno fiato al nostro lavoro pastorale,
• con i nostri ritardi nel vivere e proporre la visione ecclesiale scaturita dal Concilio Vaticano II
• con gli svariati tentativi di appropriarci di ruoli e responsabilità che non ci appartengono in esclusiva lasciando ai margini o distribuendo solo i frammenti del pane dovuto alla nazione santa per l’esercizio del suo Sacerdozio regale, dunque
• con la scelta non più dilazionabile dell’esercizio della corresponsabilità ecclesiale non di facciata (Consigli Pastorali nominati ma spesso chiamati alla liturgia dell’ascolto e non a quella della condivisione, Consigli per gli AA.EE. chiamati a ratificare ma non a decidere e a scegliere…..)
• con il forte impegno per una radicale conversione pastorale che domanda soprattutto a noi presbiteri disponibilità, ascolto, cambi di rotta.

Sono piccole sottolineature che narrano realtà che ci appartengono, modi di essere descrittivi di tanti nostri atteggiamenti e di situazioni che vedendo tutti noi, anche se con compiti e responsabilità diversi a servizio delle comunità, fanno ricadere su di noi colpe di cui non sempre avvertiamo il peso e dunque la richiesta di perdono con il relativo proposito di conversione/cambiamento.
Quanto ho vissuto con tutti voi, con le varie comunità, mi ha indubbiamente aiutato nel far crescere la conoscenza, l’attenzione e l’amore verso questo grande dono che il Signore ha posto nelle mie e nelle vostre mani: questa sua e anche nostra Chiesa nelle sue pieghe, nelle sue ricchezze, nelle sue attese.
A conclusione della VP la Chiesa indica al vescovo alcuni atti che diano conseguenze operative e lungimiranti a quanto si è vissuto e nel Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi scrive: “Conclusa la VP alle parrocchie, è opportuno che il Vescovo rediga un documento che testimoni la avvenuta visita per ciascuna parrocchia, dove ricordi la visita svolta, apprezzi gli impegni pastorali e stabilisca quei punti per un cammino più impegnato della comunità, senza tralasciare di far presente lo stato dell’edilizia di culto, delle opere pastorali e di altri eventuali istituzioni pastorali “ ( n.225 ).

Riflettendo con il gruppo di lavoro dell’anno missionario e della visita pastorale su queste indicazioni, siamo arrivati alla conclusione che ai cosiddetti ‘decreti di Santa Visita’ precisi, documentati e, a volte, tassativi, sarà mia cura, con l’aiuto di quanto i convisitatori mi hanno offerto, di quello che ho potuto constatare durante i giorni della mia presenza nelle comunità in incontri, dialoghi e personali osservazioni con il supporto di incontri e di dialoghi, inviare al parroco e alla comunità una lettera che proprio col suo tono narrativo e confidenziale vi presenterà
• la realtà della parrocchia nelle sue varie articolazioni,
• sottolineando la ricchezza degli impegni e del lavoro che si svolge,
• indicando quelle che a suo giudizio sono le priorità pastorali ed
• evidenziando le eventuali lacune e ritardi che, colmate e superati, devono facilitare un cammino ricco di speranza e di attenzione alla novità del Vangelo da annunciare e testimoniare.

Mi rendo conto della brevità della mia presenza nelle parrocchie, soprattutto nei centri più grandi della diocesi. Ma ho ritenuto importante non allungare troppo i tempi della VP per evitare una qualche forma di stallo che inevitabilmente col vescovo in visita pastorale penalizzerebbe il lavoro pastorale .
Ma poiché, experientia docet, vado maturando l’idea di organizzare in modo diverso una qualche forma di presenza prolungata nelle singole comunità, due-tre giorni, che potrei calendizzare nell’arco di due anni e che ciclicamente garantirebbe un contatto ravvicinato con la vita delle stesse.

CONCLUSIONE

Il lavoro che ci aspetta è ancora lungo e impegnativo. Spero di poter inviare , con l’aiuto dei con visitatori, , prima della fine della visita pastorale, la lettera alle comunità già visitate per aiutarle, attraverso il discernimento e il contatto diretto del vescovo e dei suoi collaboratori a rivedere la realtà parrocchiale, le sue ricchezze, le sue incertezze e le proposte per guardare avanti con fiducia e iniziare a programmare uno stile di presenza e di animazione missionaria che , penso sia chiaro a tutti noi, sarà la scelta di fondo della nostra Chiesa per i prossimi anni.

Accanto alla pastorale che con un termine improprio chiamerei di conservazione di quanto ci è stato trasmesso e dell’esistente, togliendo dal suo significato ogni accezione negativa, si impone una pastorale dell’annuncio missionario. La visita pastorale mi convince sempre più di quanto ho detto al ritiro dei missionari lo scorso 5 gennaio: “Dovremmo essere capaci di rivisitare la storia delle nostre comunità che sono diverse da quelle che erano 40 o 50 anni fa. Probabilmente c’è una lentezza ingiustificata nel nostro camminare insieme al mutare della situazioni. A volte siamo rimasti al palo e quello che facciamo non è nella direzione giusta. Quando vediamo questa incapacità a comprendere i nuovi fenomeni, i cambiamenti sociali, ci poniamo sempre in atteggiamento difensivo, giochiamo sempre di rimessa. Oggi ci viene chiesto, di essere fedeli alla Parola che va altre la storia e che è sempre profezia, di guardare con spazi ampi, con orizzonti illimitati; oggi ci viene chiesto, se siamo fedeli alla Parola che va oltre la storia , di avere occhi che non accettano confini ristretti…

Non possiamo accontentarci di occhi in letargo, abbiamo bisogno di occhi di lince, degli occhi del profeta.

E’ indubbio che il volto della nostra Chiesa mi si rivela sempre più nella sua bellezza che ha origine da Colui che per essa ha dato la sua vita per renderla santa e immacolata. Siamo chiamati tutti a conservare questa sua immagine sapendo che la vita cristiana per la ricchezza del dono di Dio e per l’abbondanza della sua grazia e presenza dovrebbe essere una continua ricerca, contemplazione e amicizia della bellezza, cioè filocalia.

A conclusione di questo anno missionario , della visita pastorale, non possiamo pensare che tutto resti come prima. C’è un progetto pastorale che sceglierà la dimensione missionaria come sua priorità e urgenza. Saremo chiamati a fare delle scelte che forse ci costeranno in termini impegni, di obbedienza, di disponibilità ,a rimettersi in cammino sulle strade del Gargano che hanno bisogno di essere rinnovate e adeguate alla perenne novità della Parola. Tutti dovremo essere pronti a rimetterci in cammino non solo fisico, per guadagnare altre attese, altre urgenze, altre realtà ecclesiali.

Domando ai presbiteri, ai laici, un rinnovato e aumentato atto di amore e di fedeltà a questa Chiesa che attende gli operai per la messe che dovrà essere seminata nella novità di braccia, di cuori che si aprono a nuovi orizzonti e a nuove attese.
Proprio il Vangelo di questo giorno ci dice: “Bisogna che io annunzi il Regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato” ( Lc 4,43 ).
Dovremo rimetterci in cammino: l’amore a Cristo Signore e alla Chiesa che ci è madre, ci renderà pronti e sereni per una rinnovata adesione di fedeltà e obbedienza.

08/09/2006 Assemblea diocesana – San Giovanni Rotondo 6 settembre 2006

Documenti allegati: Assemblea diocesana settembre 2006.pdf
Pubblicazione TESTI E DISCORSI DI MONS. DOMENICO D’AMBROSIO